Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17654 del 06/08/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17654 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente •

Contro

CARLINI Fabio
-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Reg. di Firenze 11.11.2008;

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estensore

in. ferro

Data pubblicazione: 06/08/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 14 maggio 2014
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato Roberto Palasciano per Agenzia delle Entrate;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Giovanni Giacalone,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Firenze 11.11.2008, che, in conferma della sentenza C.T.P. di Grosseto
n. 90/03/2006, ebbe a rigettare l’appello dell’Ufficio, così ribadendo la illegittimità
dell’avviso di accertamento determinativo, per il 1999, di una plusvalenza relativa a
cessione di terreno edificabile, indicata in Lit 25.207.029 rispetto al minor valore
dichiarato, negando efficacia probatoria ad una scrittura privata (“comunione di
intenti”), disconosciuta dal contribuente e complessivamente agli elementi
ricostruttivi della pretesa infedele dichiarazione.
Ritenne in particolare la C.T.R. che l’appello dell’Ufficio aveva trascurato i
risultati di una verifica condotta in concreto sull’atto alienativo del contribuente, che,
ben oltre il mero disconoscimento formale (peraltro considerato dalla C.T.P. quale
argomento assorbente per raccoglimento del ricorso iniziale), era consistito
nell’unico negozio traslativo realmente divenuto oggetto di rogito notatile, pur a
fronte di una più ampia e generica programmazione di intenti in precedenza
intervenuta tra le parti.
Il ricorso è affidato a tre motivi.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce il vizio di insufficiente motivazione, in relazione
all’art.360 n.5 cod.proc.civ., avendo omesso la C.T.R. di evidenziare l’iter logico
seguito dai giudici in ordine alla denunciata invalidità del riconoscimento della
scrittura e quindi alla sua utilizzabilità come documento.
Con il secondo motivo, si deduce il vizio di contraddittoria motivazione, in relazione
all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. da un lato per ipotesi configurato
l’utilizzabilità del documento, ma dall’altro lato negato che nel giudizio si fosse
formata un’adeguata prova documentale delle plusvalenze determinate
nell’accertamento.
Con il terzo motivo, si deduce il vizio di violazione di legge quanto all’art. 2697
cod.civ., in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., contestandosi la ritenuta
allocazione dell’onere della prova a carico dell’Ufficio in punto di dimostrazione di
ulteriori e diversi negozi traslativi rispetto a quello di rogito, avendo proprio l’Ufficio
documentato la discrasia tra la scrittura privata, formalizzante intenti più ampi e
l’atto finale, circostanza mascherante una plusvalenza da cessione di terreno
edificabile non dichiarata.
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estensore co m.ferro

IL PROCESSO

2. Il secondo motivo è inammissibile. Benchè la ricorrente richiami il condivisibile principio
per cui “in tema di prova documentale, l’onere, stabilito dall’ari’. 2719 cod. civ., di disconoscere
espressamente” la copia fotografica (o fotostatica) di una scrittura, con riguardo sia alla conformità
della copia al suo originale, che alla sottoscrizione o al contenuto della scrittura stessa, implica che il
disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che contenga una non
equivoca negazione della genuinità della copia.” (Cass. 16232/2004, 11576/2006), non risulta
evidente la pertinenza della pretesa violazione di tale regola con la fattispecie di causa,
trattandosi di una censura che comunque ha riguardo a come il giudice di merito ha
ricostruito la descritta contestazione e perciò essa implica un diverso, ed invece non
introdotto, motivo di censura, all’altezza della motivazione ai sensi dell’art.360 co.1
n.5 cod.pro.civ.

3. Il terzo motivo è parimenti inammissibile, difettando in modo grave di una redazione
specifica della censura, tale da porre il giudicante nella condizione di comprendere il
preteso tenore prevalente che la scrittura tra le parti, non trascritta né riepilogata per
minimi tratti identificativi, avrebbe assunto rispetto al successivo, per prezzo inferiore,
atto traslativo del bene immobile (così Cass. 16081/2013 sul medesimo punto). Né
parte ricorrente ha ben individuato la rado decidendi della sentenza impugnata, la quale
evidenzia come l’Ufficio abbia altresì mancato di apprezzare che comunque non vi è
stata trasfusione integrale, nel negozio giuridico traslativo finale, dei patti di cui alla
precedente scrittura tra le parti. Al di là dunque dell’erroneità del mezzo prescelto,
riproduttivo anche di un vizio di motivazione (con confusa allegazione del fatto
decisivo, non esprimendosi il ricorrente su come il vizio avrebbe inciso sulla
ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della
disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e così da
comprendere la stessa idoneità del vizio denunciato a determinarne una diversa
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estensore con m.fe o

1. Il primo motivo è inammissibile. La duplice ratio della sentenza della C.T.R. è
esplicitamente imperniata sia sull’efficacia del disconoscimento della scrittura privata
tra le parti (“accordo di intenti”) sia, in ogni caso, sulla discrasia tra le operazioni
negoziali oggetto del predetto programma e quelle effettivamente realizzate,
costituendo tale seconda circostanza, all’apparenza, un evidente fattore critico
aggiuntivo rispetto al dato documentale e formale sul quale solo si imperniava
l’accertamento, avendo il p.v.c. della Guardia di Finanza ipotizzato che il contribuente
avesse conseguito una plusvalenza maggiore rispetto a quella dichiarata. La censura
dunque non coglie nel segno ove sottopone a riesame solo la prima circostanza, di cui
comunque la C.T.R. dà pienamente conto. Ritiene così il Collegio di fare applicazione
del principio per cui ” allorquando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due
diverse rationes decidendi, idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la
circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina
una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni
di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto
fondata sulla ratio decidendi non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e
desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza del giudicato, piuttosto che
per carenza di interesse.” (Cass. 14740/2005).

ricostruzione, per cui, una volta riconosciuto esistente, il vizio sia tale che, se non
fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella
accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa, Cass.
3668/2013), più che di una violazione di legge, quest’ultima non è stata presentata, nel
quesito finale del motivo, in modo da permettere il riconoscimento della regola
giuridica applicata dalla corte di merito con le ragioni per cui la fattispecie affrontata
doveva essere intermediata dall’applicazione di un diverso precetto. Il motivo è
dunque incoerente con il principio per cui “in tema di ricorso per cassinione, ai fini del
rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc.
civ., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella
loro complete2a con riferimento alle parti oggetto di dogliana, è necessario che, in ossequio al
principio di autosufficiena, si provveda anche alla loro individuazione con rifèrimento alla sequenza
dello svolgimento del processo inerente alla documentnione, come pervenuta presso la Corte di
cassazione, al fine di renderne possibile l’esame. (Nel caso di specie, è stato dichiarato inammissibile il
ricorso che, richiamando atti e documenti del giudkio di merito, dei quali veniva lamentata la
mancata o erronea valukkione, si limitava soltanto ad indicarli, senta riprodurli, neppure
individuando in quale sede processuale fossero stati prodotti).” (Cass. 8569/2013).
3. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, ai sensi di cui in motivazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 maggio 2014.

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