Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17652 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.U., elettivamente domiciliato in ROMA, C/O FALLA

TRELLA M. TERESA PIAZZA TARQUINIA 5/D, presso lo studio dell’avvocato

RIOMMI MAURIZIO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

MOPLEFAN S.P.A., I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE

CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 458/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 12/10/2006 r.g.n. 339/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 22.6 – 12.10.2006 la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza resa dal Tribunale di Terni il 14.4.2004, impugnata da B.U., che rigettava la domanda dallo stesso proposta ai fini del riconoscimento del beneficio previdenziale di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

Osservava la corte territoriale che, in assenza di puntuali e specifiche critiche agli esiti delle indagini tecniche disposte nel corso del giudizio, era rimasta indimostrata l’adibizione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno a causa della presenza nei luoghi di lavoro di una concentrazione di fibre di amianto tale da superare la soglia prevista dal D.L. n. 277 del 1991.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso B.U. con due motivi. Resiste con controricorso l’INPS. Non hanno svolto attivita’ difensiva l’INAIL e la Mopletan spa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 il ricorrente prospetta vizio di motivazione e “falsa applicazione di legge”, rilevando che, sebbene nell’atto di appello avesse lamentato, formulando specifiche controdeduzioni alla relazione di consulenza di primo grado, che il consulente d’ufficio non avesse tenuto conto della circostanza che il lavoratore aveva utilizzato, nell’espletamento delle sue mansioni, indumenti (guanti e grembiuli) in amianto, tale censura non era stata tenuta in alcun conto dalla corte umbra, che aveva immotivatamente aderito alle conclusioni cui era pervenuto l’ausiliare tecnico, in difformita’, peraltro, a quanto accertato in analoghe perizie.

Con il secondo motivo prospetta nullita’ della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 osservando come dallo stesso errore, ove qualificato come error in procedendo, non poteva che discendere la nullita’ della sentenza, per l’omessa valutazione di una specifica allegazione, decisiva per l’accoglimento del gravame.

Il primo motivo e’ infondato.

E’ da osservare, infatti, che, sebbene il ricorrente lamenti che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto degli specifici rilievi svolti avverso la relazione di consulenza d’ufficio, posta a base della statuizione medesima, e’ proprio l’esame di tali rilievi (a firma del consulente di parte C.E.), per come trascritti in seno al presente ricorso, che da riscontro a quanto prospettato dalla corte di merito. E precisamente che gli stessi non offrono alcun apprezzamento critico delle risultanze della consulenza disposta nella precedente fase del giudizio, motivando con puntualita’ e analiticita’ le ragioni del dissenso rispetto alle valutazioni operate in quella sede dall’ausiliare tecnico, ma forniscono, piuttosto, un quadro riepilogativo delle apparecchiature presenti nel reparto ove era addetto il ricorrente, delle lavorazioni ivi eseguite, degli indumenti utilizzati, senza operare alcun confronto (e, quindi, alcuna motivata valutazione comparativa) fra tale indagine e i divergenti, ed in ipotesi erronei, esiti degli accertamenti tecnici d’ufficio.

Sicche’ corretta appare l’affermazione della corte umbra, che, in assenza di critiche specifiche, restava alla stessa preclusa la possibilita’ “di valutare punto per punto il generale dissenso dell’appellante”.

Cosi’ individuate le ragioni essenziali della decisione, deve rammentarsi, quindi, come costituisca giurisprudenza acquisita di questa Suprema Corte, in tema di criteri di valutazione degli accertamenti tecnici disposti dal giudice, che non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca le conclusioni della relazione di consulenza tecnica di cui dichiari di condividere il merito, con la conseguenza che, per contrastare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione, e’ necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica gia’ innanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione. Risolvendosi, in caso contrario, le critiche formulate agli esiti degli accertamenti tecnici, condivisi dal giudice del processo, in un sindacato di merito, come tale inammissibile in sede di legittimita’.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente assorbimento di ogni altra questione.

Nulla sulle spese, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo (anteriore alla novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

 

 

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