Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17650 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in calce al

riscorso;

– ricorrente –

contro

B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/03/2007 r.g.n. 957//04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza, pronunciata il 18 giugno 2004, il giudice unico del Tribunale di Bologna, decidendo sulla domanda, proposta con ricorso depositato in data 20 giugno 2001 da B.E. (oltre che da altri tre lavoratori) nei confronti dell’Inps e dell’Inail, ha dichiarato l’improcedibilita’ della domanda medesima nei confronti di quest’ultimo Istituto, ed ha accettato il diritto del solo B. alla maggiorazione contributiva, prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 e successive modifiche, per i lavoratori esposti per oltre un decennio all’amianto, rigettando il ricorso degli tre lavoratori.

Il Tribunale osservava che l’Inail non era passivamente legittimato rispetto alla domanda di attribuzione del beneficio controverso; e che il ricorrente, come accertato con le prove orali e dal perito d’ufficio, era stato esposto all’amianto per oltre un decennio, il che gli dava diritto ad ottenere il richiesto beneficio.

2. Avverso la sentenza, l’Inps ha proposto appello, affidato a due mezzi, per resistere ai quali si sono costituiti l’Inail e il lavoratore.

Espletata una consulenza tecnica d’ufficio medico legale, la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 9 gennaio – 15 marzo 2007, rigettava l’appello, proposto dall’Inps che condannava al rimborso delle spese del grado.

3. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS. Resiste con controricorso il lavoratore.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in due motivi, l’INPS deduce che il tenore della perizia non coonestava il dedotto superamento della soglia di esposizione, quanto meno dopo il 1 giugno 1992, e che la Corte d’appello ha ritenuto sussiste un giudicato (esposizione ultradecennale) in realta’ insussistente; comunque doveva escludere il biennio 1990-1992 (nel piu’ ampio periodo 1980-1992).

2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente – va accolto nei termini che seguono.

2.1. Da una parte il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ la Corte d’appello ha si’ fatto riferimento ad un “giudicato” – in realta’, una preclusione processuale – per non aver l’INPS contestato l’esposizione ultradecennale all’amianto; ma cio’ non riguarda affatto il superamento della soglia minima che era – ed e’ tuttora – contestata tra le parti, ma solo l’esposizione all’amianto tout court.

La Corte d’appello del resto ha argomentato, richiamando la c.t.u., per ritenere provato il superamento della soglia, in ordine al quale non c’e’ ne’ giudicato ne’ preclusione alcuna.

2.2. La prima censura dell’Istituto e’ invece fondata.

In particolare la Corte d’appello ha osservato che il c.t.u. (in grado d’appello) aveva riferito di una esposizione “qualificata” del lavoratore presso lo stabilimento della s.p.a Officine Casaralta di (OMISSIS), avendo rilevato che lo stesso e aveva lavorato alla costruzione di vetture ferroviarie “coibentate”, e quindi ha concluso che il lavoratore era stato esposto ad un rischio elevato di inalare fibre di amianto dall’assunzione per oltre un decennio. In tale periodo, l’esposizione alle fibre di amianto era stata – secondo la Corte territoriale – superiore ai valori limite previsti al D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 anche per inalazione di polveri di amianto disperse nell’ambiente di lavoro.

La difesa dell’INPS pero’ obietta che il c.t.u. ha si’ confermato l’esposizione qualificata all’amianto del B. ma solo nel periodo dal 17 ottobre 1980 al 31 dicembre 1990 ed ha anche precisato, tra l’altro, che dal 1988 in poi la fonte di esposizione all’amianto per i lavoratori delle Officine Casaralta era stata soltanto indiretta.

Di cio’ non ha tenuto conto l’impugnata sentenza la cui motivazione risulta, in questa parte, carente e contraddittoria non avendo espresso le ragioni che l’hanno indotta a ritenere che l’esposizione all’amianto oltre la soglia minima si fosse estesa fino al 1 giugno 1992 e quindi anche in un periodo (a partire dal gennaio 1991) in cui invece – secondo lo stesso c.t.u. – il rischio morbigeno qualificato era cessato.

3. In tali limiti il ricorso va quindi accolto.

L’impugnata sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso: cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

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