Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17650 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 25/08/2020), n.17650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33844-2018 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCO D’ELIA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 863/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 863 pubblicata il 23.5.18 la Corte d’appello di Catanzaro in accoglimento dell’appello dell’INPS e in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di F.E. di accertamento negativo dell’obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale aveva ritenuto indebitamente percepito per il periodo dall’1.1.2002 al 31.3.2008 a titolo di maggiorazione sociale;

2. la Corte territoriale ha escluso che fosse maturata la prescrizione decennale del diritto alla restituzione vantato dall’Istituto (decorrente dall’1.1.2002), ritenendo quest’ultima interrotta come da documentazione prodotta dall’INPS e comprensiva di copia della comunicazione di indebito del 20.11.2008 (relativa alla pratica n. 1011810) indirizzata alla F. unitamente al bollettino postale già compilato e copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata recante sul fronte la dicitura “(OMISSIS)” e sottoscritto sul retro per ricevuta il 26.11.2008 dalla figlia della destinataria;

3. secondo i giudici di appello, la documentazione in atti era idonea a fondare una presunzione di corrispondenza di contenuto tra la copia prodotta e la missiva ricevuta da controparte, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità citata (Cass. n. 10630/15; n. 23920/13), e la parte appellata non aveva dimostrato di aver ricevuto una missiva di contenuto diverso o che il plico recapitato fosse privo di contenuto;

4. avverso tale sentenza F.E. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui ha resistito l’INPS con controricorso;

5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

Considerato che:

6. col primo motivo di ricorso F.E. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2943,2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere il giudice d’appello invertito l’onere probatorio, in particolare per avere ritenuto assolto l’onere di prova dell’Istituto nonostante la mancata prova sia della spedizione della lettera raccomandata (non essendo mai stata prodotta la ricevuta di spedizione) e sia della ricezione della stessa in quanto l’avviso di ricevimento prodotto non è in alcun modo riferibile alla lettera di messa in mora del 20.11.08 per la mancata annotazione del numero di raccomandata;

7. col secondo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 156 c.p.c., comma 2, per avere il giudice d’appello omesso di motivare sulla sicura riconducibilità della ricevuta di ritorno, priva del numero di raccomandata, alla lettera del 20.11.2008, ritenendo sufficiente l’indicazione del numero della pratica di indebito ((OMISSIS));

8. il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento;

9. occorre anzitutto precisare il contenuto dell’eccezione di prescrizione mossa dalla ricorrente in primo grado e reiterata in appello, contenuto non trascritto dalla attuale ricorrente ma desumibile dalla decisione del Tribunale e dalla memoria di costituzione in appello, entrambe riportate nella sentenza impugnata;

10. il giudice di primo grado aveva dichiarato in parte prescritto il credito dell’INPS per mancanza di prova della richiesta di restituzione con lettera del 20.11.08, ciò sul rilievo che l’avviso di ricevimento della raccomandata prodotta non contenesse “alcun riferimento nè al numero della raccomandata nè altra annotazione che consent(isse) la sicura associazione tra i due documenti”;

11. nella memoria di costituzione in appello, la F. aveva ribadito il difetto di prova, di cui era onerato l’INPS, sia della spedizione della missiva del 20.11.2008 e sia del ricevimento della stessa da parte sua per la mancanza del “numero unico della raccomandata” che costituisce “l’unico elemento che consente la sicura ed univoca riferibilità di un avviso di ricevimento ad un determinato plico raccomandato e di quest’ultimo alla lettera in esso contenuta”; aveva inoltre affermato l’irrilevanza del “numero di pratica” presente sull’avviso di ricevimento in quanto lo stesso “non identifica la singola missiva con il suo specifico contenuto, ma appunto una determinata pratica alla quale possono riferirsi diverse missive”;

12. nel ricorso per cassazione è ribadito come la F. avesse espressamente contestato di aver mai ricevuto (quella) missiva ed eccepito che “l’INPS non ha mai in alcun modo dimostrato di averla spedita (in quanto non ha prodotto la ricevuta di spedizione)… e che la ricevuta di ritorno prodotta non è in alcun modo riferibile alla comunicazione del 20.11.2008 per mancanza del numero di raccomandata”;

13. da quanto premesso discende come la contestazione mossa dalla attuale ricorrente non avesse ad oggetto la ricezione della raccomandata a cui si riferisce l’avviso di ricevimento recante la data del 26.11.2008 sottoscritto dalla figlia della destinataria, bensì la riferibilità della raccomandata ricevuta alla lettera di messa in mora del 20.11.08;

14. benchè la contestazione fosse espressa anche nel senso della mancata prova, di cui era onerato l’INPS, della ricezione da parte della destinataria della lettera datata 20.11.2008, il dato pacifico del ricevimento di una lettera raccomandata il 26.11.2008 sposta necessariamente la questione sulla coincidenza tra la lettera raccomandata ricevuta dalla F. e la lettera del 20.11.2008 che l’INPS assume di aver spedito; e la soluzione di tale questione assorbe la prova dell’avvenuta spedizione della lettera di messa in mora, atteso che se risultasse dimostrata la coincidenza della lettera pacificamente giunta a destinazione con quella di messa in mora, sarebbe logicamente provata la spedizione della stessa;

15. da ciò consegue che correttamente la sentenza d’appello ha applicato i principi di diritto enunciati da questa Suprema Corte secondo cui, ai fini dell’interruzione della prescrizione, la produzione in giudizio di copia della lettera di costituzione in mora unitamente all’avviso di ricevimento “ex adverso” della “relativa raccomandata” implica una presunzione di corrispondenza di contenuto tra la copia prodotta e la missiva ricevuta dalla controparte, salva la prova, a carico del destinatario, di avere ricevuto una missiva di contenuto diverso o un plico privo di contenuto (cfr. Cass. n. 23920 del 2013; n. 10630 del 2015; sez. 6, n. 24149 del 2018);

16. è vero che nel caso di specie l’inerenza dell’avviso di ricevimento della raccomandata alla lettera del 20.11.2008 (“relativa raccomandata”) non poteva desumersi (come invece nei precedenti citati) dalla identità del numero di raccomandata sulla ricevuta di spedizione (non prodotta) e sull’avviso di ricevimento (privo di numero), ma tale inerenza è stata accertata dalla Corte di merito in via presuntiva, in ragione della identità del numero di pratica ((OMISSIS)) apposto sulla lettera del 20.11.2008 e sul plico raccomandato pacificamente ricevuto dalla F. nonchè per la mancata allegazione ad opera di quest’ultima di un contenuto della raccomandata diverso dalla missiva del 20.11.2008;

17. ciò posto, la censura mossa col motivo di ricorso in esame, finisce per investire non la distribuzione dell’onere di prova, bensì la concreta valutazione degli elementi di giudizio ad opera della Corte di merito; quest’ultima non ha invertito gli oneri di prova ma ha ritenuto prova sufficiente la produzione documentale dell’INPS quanto alla lettera di messa in mora e all’avviso di ricevimento recanti lo stesso numero di pratica, valutata unitariamente alla mancata eccezione (e prova) da parte della F. di un diverso contenuto della raccomandata pacificamente ricevuta;

18. la censura, poichè sollecita la valutazione degli elementi probatori al di fuori dei ristretti limiti in cui ciò è consentito dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014) è inammissibile;

19. parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso;

20. le Sezioni Unite di questa Corte sopra citate hanno precisato che, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, secondo quello che è stato definito il “minimo costituzionale” della motivazione; nel caso di specie non si è in presenza di un vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”, dal momento che la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma le argomentazioni sono svolte in modo assolutamente logico e coerente, sì da consentire di individuare con chiarezza la “giustificazione del decisum”;

21. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

22. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;

23. ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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