Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1765 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. I, 27/01/2020, (ud. 29/10/2019, dep. 27/01/2020), n.1765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32405/2018 proposto da:

A.T., rappresentato e difeso dall’avv. Daniela Vigliotti,

con elezione di domicilio presso il suo studio, in Gallarate, via

Trombini, n. 3;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2870/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2019 da Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A.T. cittadino originario del (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, con tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, pubblicata l’11.6.2018, la quale, preso atto dell’intervenuta formazione del giudicato interno sul rigetto da parte del primo giudice del riconoscimento dello status di rifugiato, ha confermato il rigetto pure delle domande aventi ad oggetto le altre forme di protezione.

La Corte territoriale, in particolare, ha rilevato, quanto alla protezione sussidiaria, che la vicenda personale del richiedente non integrava la previsione di cui all’art. 14, lett. a) e b) e quanto alla lett. c) ha ritenuto, sulla base del rapporto EASO che in (OMISSIS) non fosse ravvisabile una situazione di violenza tale che la semplice permanenza nel predetto paese integrasse minaccia grave alla vita o alla persona. La Corte territoriale inoltre, avuto riguardo alla protezione umanitaria, ha confermato la valutazione del tribunale, secondo cui nel caso di specie non era possibile effettuare una valutazione comparativa della specifica situazione del richiedente, non essendo all’uopo sufficiente la sola occupazione lavorativa nel nostro paese.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per non avere la Corte territoriale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave in relazione alla generale situazione socio-politica del (OMISSIS), deducendo la genericità dell’accertamento della sentenza impugnata.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 3 e art. 3, comma 3, per non avere la Corte territoriale assolto all’onere di cooperazione istruttoria, gravante, in suddetta materia, sull’autorità giudiziaria, avuto riguardo all’attuale situazione del (OMISSIS).

I motivi, che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati sono inammissibili, in quanto si risolvono nella richiesta di una nuova valutazione dell’accertamento sulla situazione del paese di origine del richiedente effettuato dalla corte territoriale.

Nel caso di specie, il giudice di appello ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili citate in motivazione (Rapporti EASO), secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (Cass. 11312/2019), che la zona di provenienza dell’immigrato non risultava interessata da una situazione di violenza diffusa, riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), non potendo rilevare gli episodi di matrice terroristica, talora verificatisi nella zona di provenienza, atteso che tali atti – mirati ad obiettivi determinati istituzionali o di matrice religiosa e concentrati nelle grandi città – non valgono ad integrare, per la loro episodicità, quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)).

Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 5 e 19 in relazione alla mancata concessione al richiedente della protezione umanitaria.

Il motivo è inammissibile per genericità, in quanto si limita a richiamare la generale situazione del (OMISSIS) e la situazione lavorativa del richiedente ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, senza specificare la sussistenza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente medesimo.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Quanto all’istanza di liquidazione compensi per il patrocinio svolto in relazione al presente giudizio, depositata, in prossimità dell’odierna adunanza, dal difensore del ricorrente, va dichiarato non luogo a provvedere, osservandosi che in tema di patrocinio a spese dello Stato, nella disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, la competenza sulla liquidazione dei compensi al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 del suddetto decreto, come modificato dalla L. n. 25 del 2005, art. 3 al giudice di rinvio, oppure a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione (Cass.13806/2018).

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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