Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17641 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22419-2007 proposto da:

M.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MONTI ANDREA giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e ROMEO LUCIANA,

giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del

18/09/07, rep. 74281;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 65/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/03/2007 R.G.N. 705/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato ROMEO LUCIANA per L’INAIL;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza n. 65/2007 del 25 gennaio – 5 marzo 2007 la Corte di appello di Bologna, in accoglimento del gravame incidentale spiegato dall’INPS, ha rigettato la domanda di M.G., attuale ricorrente, oltre che di altri lavoratori, volta al riconoscimento del diritto all’applicazione del coefficiente moltiplicatore per prolungata esposizione all’amianto L. 27 marzo 1992, n. 257, ex art. 13, comma 8.

In particolare la Corte d’appello ha ritenuto che non fosse sufficiente il generico rischio di esposizione all’amianto, ma che fosse necessario il superamento di una soglia minima di esposizione.

2. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il M. con due motivi.

Resiste non controricorso l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo profilo di censura il ricorrente assume che, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’appello di Bologna, il beneficio pensionistico dedotto in causa può essere attribuito a prescindere dal fatto che l’esposizione all’asbesto sia stata superiore ai valori quantitativi minimi previsti dal D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, art. 24 (valore poi confermato dal D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, art. 2).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la insufficiente motivazione della sentenza in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Premette controparte che il perito nominato in grado di appello aveva asseverato la sussistenza dell’esposizione superiore ai limiti di legge esclusivamente in relazione al lasso di tempo, solo infradecennale, nel corso del quale il M. aveva atteso alle mansioni di “operatore di impianto”; per contro detta esposizione qualificata non si era verificata in corrispondenza dello svolgimento delle diverse mansioni di “primo operatore di impianto¯ e di ®capo turno di impianto”. Tuttavia, ad avviso del ricorrente, la sopra riferita distinzione non sarebbe giustificata in relazione alla particolare struttura dell’impianto industriale ove egli era occupato.

2. Il primo motivo del ricorso è infondato.

L’orientamento espresso da codesta Corte – ed ormai consolidato – è costante nel ritenere che “per l’attribuzione del beneficio in questione occorrono valori di rischio per esposizione a polveri di amianto superiori a quelli consentiti dal D.Lgs. n. 277 del 1991, artt. 24 e 31 (v. Cass. n. 4913 del 2001 e successive pronunce, tra le quali Cass. n. 2580 del 2007 e Cass. n. 1422 del 2007, che si richiamano al valore di 0,1 fibre di amianto per centimetro cubo, con riferimento anche al D.Lgs. del 25 luglio 2006, n. 257, art. 59 decies)”. Più recentemente, cfr. ex plurimis Cass., sez. lav., 10 settembre 2007, n. 18945, che ha affermato che il diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto compete al lavoratore il quale dimostri che l’ambiente in cui ha svolto la propria attività per oltre dieci anni (periodo in cui vanno comprese anche le pause “fisiologiche”, quali riposi, ferie e festività) presentava una concreta esposizione al rischio da polveri di amianto, con superamento della soglia di esposizione minima indicata dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24 e 31.

Nel senso che la rivalutazione dei contributi previdenziali per i periodi lavorativi trascorsi con esposizione ad amianto presuppone l’adibizione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno, tale da costituire un pericolo concreto per la salute a causa della presenza, nei luoghi di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite (0,1 fibre per centimetro cubo in media annua per otto ore al giorno) indicati dalla normativa prevenzionistica di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24 e 31 e confermati dalla successiva legislazione, v. anche Cass. 27 aprile 2007, n. 10037; e, nel senso che gli stessi presupposti debbano sussistere, ai fini della rivalutazione, nel caso in cui l’esposizione risalga ad epoca precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 277 del 1991, v.

altresì Cass. 18 giugno 2007, n. 14079. Cfr. anche Cass. 13 luglio 2007 n. 15751; nonchè, in senso sempre conforme, Cass. nn. 4913/2001; 8859/2001; 997/2003; 21606/2004; 22422/2006; 1180/2007.

3. Il secondo motivo è inammissibile perchè investe questioni di fatto non deducibili in sede di legittimità.

Nè le doglianze del ricorrente evidenziano illogicità ovvero lacune argomentative che possano aver inficiato la formazione del convincimento della Corte d’appello, ma si risolvono nel mero dissenso rispetto alle conclusioni tratte dal perito e condivise con motivazione logica e sufficiente dalla Corte territoriale invocando in sostanza un nuovo e più favorevole apprezzamento dei fatti di causa.

In diritto poi va ribadito che la soglia di esposizione all’amianto va riferita all’anno per un periodo decennale e non già al decennio secondo una media calcolata su tale periodo. Questa Corte (Cass., sez. lav., 26 febbraio 2009. n. 4650) ha infatti affermato che in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, ai fini del riconoscimento della maggiorazione del periodo contributivo ai sensi della L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, occorre verificare se vi sia stato il superamento della concentrazione media della soglia di esposizione all’amianto di 0,1 fibre per centimetro cubo, quale valore medio giornaliero su otto ore al giorno, avuto riguardo ad ogni anno utile compreso nel periodo contributivo ultradecennale in accertamento e non, invece, in relazione a tutto il periodo globale di rivalutazione, dovendosi ritenere il parametro annuale (esplicitamente considerato dalle disposizioni successive che hanno ridisciplinato la materia) quale ragionevole riferimento tecnico per determinare il valore medio e tenuto conto, in ogni caso, che il beneficio è riconosciuto per periodi di lavoro correlati all’anno.

4. Il ricorso va quindi rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese di lite ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nuovamente vigente a seguito di C. cost. n. 134 del 1994, non trovando applicazione ratione temporis il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

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