Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17641 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 25/08/2020), n.17641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17804-2018 proposto da:

A.G., GLOBO SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo

studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati DOMENICO MORABITO, GIANPAOLO ALICE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI 80184430587, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

contro

ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO, ISPETTORATO TERRITORIALE DEI,

LAVORO DI BIELLA – VERCELLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 897/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 897 pubblicata il 13.12.2017 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello di A.G. e della società Il Globo s.r.l., confermando la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa dalla D.T.L. di Vercelli relativa a sanzione amministrativa irrogata per l’occupazione irregolare di due lavoratori dipendenti e per lo svolgimento da parte di sette lavoratori di un orario di lavoro superiore a quello registrato nel Libro unico del lavoro;

2. la Corte territoriale ha escluso qualsiasi violazione dell’art. 2697 c.c., nella deisione di primo grado; ha rilevato come il Tribunale avesse proceduto “per ciascuna posizione contestata, ad un’ampia e attenta analisi delle risultanze istruttorie e della documentazione in atti” e come gli appellanti non avessero avanzato contestazioni e rilievi atti ad incrinare la ricostruzione effettuata; ha aggiunto come l’istruttoria svolta in primo grado avesse integralmente confermato l’esistenza delle violazioni contestate sulla base del verbale ispettivo e delle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori agli ispettori medesimi; ha dato atto di come il Tribunale avesse esaminato e confutato tutti gli argomenti difensivi dei ricorrenti in opposizione; ha escluso la violazione del principio di retroattività della norma più favorevole, non applicabile agli illeciti amministrativi ed anche la dedotta violazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p., rilevando come l’attività ispettiva avesse avuto ad oggetto illeciti amministrativi e non penali;

3. avverso tale sentenza A.G. e la società D Globo s.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria; il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non ha svolto difese;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con il primo motivo di ricorso A.G. e la società Il Globo s.r.l. hanno dedotto nullità della sentenza per motivazione apparente, con violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

6. col secondo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 11, dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione alla ripartizione dell’onere di provare gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito amministrativo e alla mancata allegazione e contestazione da parte opponente di quanto necessario a privare di credibilità le difese dell’amministrazione pur onerata della prova;

7. i primi due motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente per ragioni di connessione, non possono trovare accoglimento;

8. le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze nn. 8053, 8054 del 2014) hanno precisato che, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, secondo quello che è stato definito il “minimo costituzionale” della motivazione; nel caso di specie non si è in presenza di un vizio così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, , la nullità della sentenza per mancanza di motivazione in quanto la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma contiene argomenti svolti in modo assolutamente coerente, sì da consentire di individuare con chiarezza la “giustificazione del decisum”;

9. la Corte di merito, pronunciando sul motivo di appello concernente la pretesa inversione dell’onere probatorio, ha ritenuto che le prove raccolte dal Tribunale e valutate in modo integrato avessero confermato in toto gli elementi risultanti dal verbale ispettivo e dalla documentazione allo stesso allegata, ed ha considerato il riferimento, contenuto nella sentenza di primo grado, alla mancanza di contestazioni specifiche da parte degli opponenti, come argomento di ordine logico, in quanto tale inidoneo a determinare la violazione dell’art. 2697 c.c.;

10. nè è sufficiente ad integrare la violazione delle disposizioni di cui al primo motivo di ricorso, la motivazione in appello che faccia proprie le argomentazioni e valutazioni esposte dal primo giudice, purchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze emerga, come nel caso di specie, un percorso argomentativo esaustivo e coerente (cfr. Cass. n. 20883/19; n. 28139/18; n. 10937/16);

11. col terzo motivo i ricorrenti hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., specialmente quanto alla generalizzazione a tutti i soggetti e a tutti i periodi considerati dall’amministrazione degli elementi indiziari raccolti e della ritenuta sussistenza dei caratteri della gravità, precisione e concordanza;

12. il motivo è inammissibile;

13. premesso che, come recita l’art. 2727 c.c., le presunzioni sono le conseguenze che la legge (presunzioni legali) o il giudice (presunzioni semplici o giudiziali) trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto, nella giurisprudenza di legittimità si è più volte sottolineato come, nel dedurre dal fatto noto quello ignoto, il giudice di merito incontri il solo limite del principio di probabilità (Cass., n. 13546/2006). Non occorre cioè che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile, secondo un criterio di necessità assoluta ed esclusiva (cfr. Cass. n. 6387/2018 e precedenti ivi citati), ma è sufficiente che l’inferenza del fatto noto da quello ignoto sia effettuata in base ad un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza basate sull’id quod plerumque accidit (cfr. Cass., n. 14762/2019; n. 6387/2018; n. 6081/2005; n. 6220/2005; n. 13169/2004; n. 9961/1996);

14. il giudizio valutativo sugli indizi costituisce un giudizio di fatto, come tale rimesso al giudice di merito che, nel suo libero apprezzamento, può valutarli, ove anche provenienti dalla parte, come idonei alla dimostrazione di un fatto determinato e porli, in concorso o meno con altri elementi significativi, a base del proprio convincimento (cfr. Cass., n. 15383/2010; n. 5645/2006; n. 8126/2004; n. 17371/2003; n. 7935/2002; n. 2124/2002; n. 13213/2001);

15. la valutazione degli indizi è incensurabile in sede di legittimità, spettando a questa Corte soltanto la verifica sul rispetto dei principi che regolano la prova per presunzioni (cfr. Cass., n. 5332/2007; n. 1216/2006; n. 3974/2002) e quindi sulla correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute (senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento o nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti); appartiene al giudizio di legittimità, inoltre, il sindacato sulle massime di esperienza utilizzate nella valutazione delle risultanze probatorie. Tale controllo non può peraltro spingersi fino a sindacarne la scelta, dovendo questa S.C. limitarsi a verificare che il giudizio probatorio non sia fondato su congetture, ovvero su ipotesi non rispondenti all’id quod plerum accidit o su regole generali prive di una sia pur minima plausibilità invece che su vere e proprie massime di esperienza (in tal senso Cass., n. 6387/2018);

16. i rilievi mossi dai ricorrenti col motivo di ricorso in esame non investono la correttezza del ragionamento presuntivo nè le specifiche caratteristiche di gravità, precisione e concordanza ma si limitano a contestare la valutazione sui singoli indizi come operata dalla Corte di merito, e come tali non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità;

17. col quarto motivo di ricorso è dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza dei fatti noti posti a premessa delle presunzioni che fondano l’assetto probatorio della sentenza (c.d. fonti del convincimento);

18. il motivo è inammissibile in ragione della disciplina di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, sulla c.d. doppia conforme, trattandosi di giudizio di appello introdotto nel 2016; non vi è diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo e secondo grado (Cass. n. 26774/2016; n. 5528/2014), risultando al contrario la motivazione della sentenza d’appello non apparente e in toto confermativa della pronuncia del Tribunale;

19. per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

20. nulla va disposto per le spese del presente giudizio atteso che il Ministero non ha svolto difese;

21. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

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