Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17641 del 17/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.17/07/2017),  n. 17641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22406/2011 proposto da:

PIERBURG PUMP TECHNOLOGY ITALY S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 24, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE CICHELLA, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIUSEPPE CASTELLI, GIULIO DEL PONTE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO SEDE (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELA

FABBI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORELLA

FRASCONA’, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 305/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 30/03/2011 R.G.N. 413/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FABBI RAFFAELA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza n. 305/2011 ha respinto l’appello proposta da PIERBURG PUMP TECHNOLOGY ITALY avverso la sentenza del Tribunale di Chieti che aveva dichiarato inammissibile la domanda della società intesa ad ottenere la restituzione della somma di Euro 124.782,94 pagata in esecuzione di sentenza che aveva respinto la sua opposizione a cartella esattoriale.

A fondamento della sentenza la corte d’appello ribadiva che poichè il pagamento in oggetto era intervenuto a seguito di sentenza passata in giudicato che aveva deciso sull’opposizione a cartella esattoriale, la domanda di restituzione della stessa somma, avanzata sul presupposto di aver già provveduto al suo pagamento, fosse inammissibile giàcchè infrangeva la cosa giudicata; e ciò ancorchè l’appellante sostenesse che in realtà l’oggetto del giudizio fosse soltanto un riesame delle partite di dare-avere, poichè anche tale pretesa finiva per incidere sul giudicato.

Contro la sentenza ricorrere per cassazione la PIERBURG PUMP TECHNOLOGY ITALY S.p.A. con tre motivi di ricorso. Resiste l’INAIL con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., nn. 3 e 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 (error in procedendo); per non avere la Corte territoriale aquilana trascritto o comunque dato atto delle conclusioni delle parti e per non aver offerto alcun elemento onde poter comprendere il destinatario, la ratio decidendi in relazione ai motivi di appello proposti ed al loro decretato rigetto.

1.1. Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha esposto in modo conciso cosa avesse chiesto e censurato l’appellante (il thema decidendum), ha richiamato quale fosse la tesi dell’INAIL ed ha spiegato chiaramente i motivi della pronuncia, affermando che la pretesa dell’appellante (che la s’intendesse come pretesa restitutoria o come riesame di partite dare-avere) fosse inaccoglibile, perchè esigeva di riprendere in esame una vicenda oramai coperta da sentenza passata in giudicato.

1.2 La sentenza è perciò scevra da vizi processuali che la possano rendere invalida sotto alcuno dei dedotti profili; non costituendo requisito di validità della sentenza la trascrizione delle conclusioni delle parti, la cui mancanza o incompleta trascrizione costituisce, di norma, una semplice imperfezione formale, occorrendo, perchè siffatta omissione od incompletezza possa tradursi in vizio tale da determinare un effetto invalidante della sentenza stessa, che l’omissione abbia in concreto inciso sull’attività del giudice, nel senso di averne comportato o una mancata pronuncia sulle domande o sulle eccezioni delle parti oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi prospettati (conf. a Cass. Sentenza n. 12864/2015; 12991/2006).

2. Col secondo motivo il ricorso deduce la violazione degli artt. 2909 e 2967 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dei principi in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata e di riparto dell’onere probatorio sull’eccezione di giudicato. Difetto di motivazione in ordine alla eventuale identità del contenuto della sentenza presupposta in relazione all’esposizione dei fatti, alla causa petendi ed al petitum di cui al ricorso introduttivo del 28/11/2008.

La ricorrente sostiene in particolare con una prima censura che la sentenza passata in giudicato avesse rigettato un ricorso proposto avverso la cartella di pagamento soltanto per motivi procedurali (perchè non era necessaria la preventiva notifica del titolo avanti a quella della cartella) e non perchè fosse dovuta la somma portata con la cartella; mentre la Corte d’Appello non aveva comparato l’oggetto del primo e del secondo giudizio violando la legge in merito al decretato ne bis in idem e non spiegando bene il contenuto delle domande, limitandosi a constatare il passaggio in giudicato della causa di opposizione alla cartella.

3.- Col terzo motivo il ricorso si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’ammissibilità dell’azione di ripetizione per indebito oggettivo. Errore rilevante sia perchè la condictio indebiti non è stata mai proposta dalla società nel giudizio presupposto, sia perchè è mancata ogni delibazione sul punto da parte del Tribunale di Chieti con riferimento alla sentenza n. 718/2008. Si sostiene in particolare che fosse provato in atti che il pagamento della somma non fosse dovuto in quanto già effettuato nel 2004 e nel 2005.

4. Il secondo ed il terzo motivo, nei quali risultano mescolati profili di fatto e profili di diritto, sono inammissibili e comunque infondati.

I due motivi violano infatti il principio di autosufficienza e di specificità del ricorso per cassazione non essendo trascritti nel ricorso, nè indicati specificamente e prodotti in allegato gli atti e i documenti su cui si fondano le diverse censure (la sentenza 718/2008, il ricorso del 28.11.2008 di cui si lamenta ripetutamente la mancata comparazione; gli atti in base ai quali si afferma come provata la tesi circa l’avvenuto doppio pagamento della somma in questione), sicchè non è dato a questa Corte di Cassazione di giudicare ex actis della fondatezza delle doglianze.

5.- In secondo luogo le censure così come articolate si rivelano prive di fondamento. E’ pacifico in fatto che a seguito del passaggio in giudicato della sentenza n. 718/2008 del Tribunale di Chieti, che aveva deciso della opposizione alla cartella esattoriale, la ricorrente abbia pagato la somma di Euro 124.782,94 portata nella medesima cartella sostenendo poi in un successivo giudizio, da cui origina il presente procedimento, di aver già pagato la stessa somma nel 2004 e 20005. In particolare la ricorrente si duole del fatto che il primo giudizio, col quale era stata rigettata l’opposizione alla cartella, non avesse ad oggetto l’accertamento della debenza della somma pretesa dall’INAIL ma soltanto “la declaratoria di non necessità della preventiva notifica del titolo rispetto alla cartella”; talchè la relativa sentenza, con la quale era stata accertato che la cartella “era del tutto conforme a legge”, fosse di nessun effetto preclusivo rispetto a qualsivoglia altro giudizio e non potesse essere ostativa alla proponibilità del successivo ricorso del 21.11.2008 col quale il ricorrente si sarebbe limitato a “sollecitare un accertamento negativo della dovutezza del credito”.

7.- Tali doglianze sono destituite di fondamento in quanto a prescindere dall’esistenza di un giudicato sul merito della pretesa – il quale non si estende ai fatti che comportino un mutamento del “petitum” ovvero della “causa petendi” della originaria domanda – esse omettono di considerare che comunque lo stesso pagamento sia avvenuto sulla base di una cartella – atto amministrativo rappresentativo di un titolo esecutivo e di un precetto (Sez. Un. 2339/2016) – la cui mancata contestazione nel merito rende lo stesso credito irretrattabile (Sez. Un. cit.), ossia tale da non poter essere più contestato se non per ragioni intervenute successivamente alla notifica; e che pertanto in nessun modo era ammissibile “un accertamento negativo della dovutezza del credito” in un altro giudizio sulla scorta di ragioni risalenti ad anni precedenti addirittura al precedente giudizio ed allo stesso pagamento.

8.- Per le ragioni esposte il ricorso va quindi respinto, anche ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

9.- Le spese processuali seguono la soccombenza come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5200, di cui Euro 5000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2017

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