Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17635 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 25/08/2020), n.17635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25051-2018 proposto da:

L.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

10/B, presso lo studio dell’avvocato FRANCO CAROLEO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCO BRUMANA, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato IGNAZIO CASTELLUCCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ILIO MOCCHETTI, con procura

speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1677/2018 della CORTE D’APPELLO DI MILANO,

depositata il 03/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza emessa nel 2016 il Tribunale di Busto Arsizio dispose la revoca del socio accomandatario, L.V., dalla carica di amministratore della s.a.s. Officine Saturno, ascrivendogli i seguenti addebiti: omesso tentativo di recupero del credito per i canoni di locazione nei confronti della Date Catering; omessa presentazione della pratica diretta al risarcimento dei danni per un sinistro; omessa cura di una pratica edilizia relativa alla suddivisione interna degli spazi dello stabile gestito dalla stessa società, con conseguente danno a quest’ultima.

L’appello proposto dall’amministratore revocato è stato rigettato con sentenza della Corte d’appello di Milano del 3.4.18, che ha confermato la sussistenza degli addebiti accertati dal giudice di primo grado.

L.V. ricorre in cassazione con unico motivo.

Resiste L.A., socio accomandante della La Officine Saturno s.a.s. con controricorso.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con l’unico motivo di ricorso si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c.: lamenta il ricorrente che la Corte d’appello abbia basato la conferma della revoca su un addebito non esaminato dalla sentenza di primo grado, consistente nella mancata tenuta regolare delle scritture contabili, in relazione alla mancanza del libro giornale e del libro degli inventari.

La doglianza si palesa priva di fondamento.

La Corte territoriale ha fondato la pronuncia su fatti che ha definito pacifici e pregiudizievoli per la società (omesso tentativo di recupero del credito vantato dalla società nei confronti di una azienda locataria, omessa presentazione della pratica assicurativa per un danno da sinistro subito dai macchinari, omessa cura di una pratica per regolarizzazione urbanistica), a fronte dei quali ha affermato gravare sull’amministratore l’onere -rimasto inadempiuto- di provare il proprio adempimento ai doveri inerenti alla funzione esercitata, senza ricevere, su tali punti decisivi, specifiche censure. Ha in tal senso precisato che la carenza e l’incompletezza della documentazione contabile, evidenziate dal consulente tecnico d’ufficio quali impedimenti ad un compiuto accertamento, non consentivano per l’appunto di svolgere una puntuale verifica sui fatti contestati all’accomandatario e sulle giustificazioni dal medesimo dedotte.

La mancata tenuta regolare delle scritture contabili e l’incompletezza della documentazione contabile sono dunque richiamate essenzialmente dalla Corte di merito, piuttosto che quale unico addebito, quale fatto che, impedendo un compiuto accertamento da parte del c.t.u., ridonda non già a favore bensì in pregiudizio dell’appellante, il cui onere probatorio è in tal modo rimasto inadempiuto.

Il rigetto del ricorso ne deriva di necessità, con la conseguente condanna del soccombente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 5100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.

Così deciso IN Roma, nella camera di consiglio, il 1 Luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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