Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17633 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 25/08/2020), n.17633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23711-2018 proposto da:

EDILIZIA E RESTAURI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO 14, presso

lo studio dell’avvocato ANNARITA D’ERCOLE, che la rappresenta e

difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Q8 QUASER s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIULIO CESARE 14, presso lo

studio dell’avvocato MARIO PANEBIANCO, che la rappresenta e difende,

con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO della E.E.R. s.r.l., in persona del curatore

p.t.;

T.S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4593/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza del 2016 il Tribunale di Roma dichiarò il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. su istanza della Q8 Quaser s.r.l. (e di T.S.A., il quale però aveva poi desistito), osservando che: era mancata la dimostrazione del possesso congiunto dei requisiti di non fallibilità ex art. 1 L. Fall.; era stato dimostrato lo stato d’insolvenza della debitrice, desumibile dall’irreperibilità presso la sede legale e dal mancato deposito dei bilanci successivi al 2012; l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati era superiore a Euro 30.000,00.

Con sentenza emessa il 5.7.18 la Corte d’appello di Roma respinse il reclamo proposto dalla società fallita, osservando che: non era fondata la doglianza relativa alla nullità della notifica, in quanto, a seguito del tentativo a mezzo P.E.C. effettuato dalla cancelleria, non andato a buon fine per fatto ascrivibile alla reclamante, si era proceduto a norma dell’art. 15 L. Fall., comma 3; la notifica del T. (poi desistente) era avvenuta in luogo diverso da quello della sede legale, mentre quella della Q8 Quaser s.r.l. era stata eseguita correttamente presso la sede legale della società poi fallita ove l’ufficiale giudiziario aveva trovato la sede chiusa, per poi effettuare il deposito dell’atto presso la casa comunale, nel rispetto dei termini di cui all’art. 15 L. Fall.; l’insolvenza era dimostrata dal fatto che l’adempimento delle proprie obbligazioni verso la società ricorrente non era avvenuto pur a fronte di un titolo esecutivo cui erano seguite infruttuose procedure esecutive; pertanto non aveva rilievo l’accredito alla società reclamante di due bonifici per una somma complessiva superiore a Euro 50.000,00 (che sarebbe stato sufficiente a pagare i crediti vantati verso la reclamante).

La (OMISSIS) s.r.l. ricorre in cassazione con due motivi. Resiste con controricorso la Q8 Quaser s.r.l.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 145 e 148, c.p.c., e artt. 24 e 111 Cost., nonchè art. 15 L. Fall., per non aver la Corte d’appello accertato la nullità delle notificazioni effettuate dai creditori istanti, lamentando in particolare, riguardo alla notifica della Q8 Quaser s.r.l., che la sede legale era risultata chiusa e non irreperibile, sicchè non sarebbe stato applicabile l’art. 15 L. Fall., nè la relata della notifica indicava le attività di ricerca del destinatario, come richiesto dall’art. 143 c.p.c.

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 5 L. Fall., avendo la Corte d’appello ritenuto lo stato d’insolvenza della società ricorrente, da un lato valorizzando erroneamente il mancato deposito di alcuni bilanci e, dall’altro, senza tener conto delle somme liquide nella disponibilità della società poi fallita, acquisite attraverso i bonifici ricevuti e di cui ha dato atto la stessa corte di merito.

Il primo motivo è infondato. Al riguardo, va osservato che l’art. 15 L. Fall., comma 3, (nel testo novellato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 17, conv., con modif. in L. n. 221 del 2012), nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite P.E.C. all’indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalità sia andata a buon fine, mediante deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro, introduce una disciplina speciale semplificata che, coniugando la tutela del diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerità e speditezza intrinseche al procedimento concorsuale, esclude l’applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 c.p.c., per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica (Cass., n. 19688/17; n. 5311/20).

Nel caso concreto, la Corte distrettuale ha ritenuto irreperibile il destinatario, applicando la procedura semplificata di cui all’art. 15 L. Fall., che non contempla quale ulteriore requisito del procedimento l’indicazione del nome del legale rappresentante della società, come invece erroneamente sostiene la ricorrente. Il secondo motivo è parimenti infondato. La Corte d’appello ha riscontrato lo stato d’insolvenza fondato sull’inadempimento del debito di Euro 32.589,19 e su una pluralità di elementi, quali: il decreto ingiuntivo, l’esito negativo della procedura esecutiva e il mancato deposito dei bilanci successivi al 2012, in conformità dell’orientamento di questa Corte (Cass., n. 9297/19: “in tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza prescinde dal numero dei creditori, essendo ben possibile che anche un solo inadempimento assurga ad indice di tale situazione oggettiva”; Cass., n. 30209/17: “lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale, consistendo nell’impossibilità per quest’ultimo di soddisfare regolarmente le sue obbligazioni, non suppone, necessariamente, l’esistenza di inadempimenti, nè è da essi direttamente deducibile, essendo gli stessi, se effettivamente riscontrati, equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso, e con possibilità di escludersene la rilevanza ove si tratti di inadempimento irrisorio”.

Appare dunque non conducente a diverse conclusioni il riferimento ai due bonifici incassati dalla ricorrente e alla mancata procedura esecutiva mobiliare, anche perchè la Corte d’appello, premessi i sintomi inequivoci dell’insolvenza, ha altresì argomentato attraverso la prova logica del mancato impiego, da parte della reclamante, di tale liquidità per adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, come sarebbe dovuto avvenire.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 5100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

 

 

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