Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17629 del 17/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/07/2017, (ud. 01/03/2017, dep.17/07/2017),  n. 17629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13429/2012 proposto da:

V.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CAIO MARIO 14-A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA

ANTONIO ALMA, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8215/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2012 r.g.n. 10711/2005.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 10 febbraio 2012 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accertato che il rapporto di lavoro intercorso tra C.L. e V.P. si era protratto dal mese di giugno 1993 e fino al febbraio 1998 con un orario settimanale di 35 ore ed un inquadramento nel IV livello degli studi professionali. Per l’effetto, accertato che erano dovuti per differenze retributive maturate e non erogate Euro 33.219,78 oltre accessori, ha condannato la Viola al pagamento della somma di Euro 15.835,26 ancora dovuta in esito ai pagamenti effettuati in corso di causa.

che avverso tale sentenza V.P. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, al quale C.L. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

Che i primi due motivi di ricorso con i quali è denunciata l’insufficiente, incongrua e illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’accertata natura subordinata del rapporto da ricondursi, invece, al praticantato svolto per il conseguimento dell’abilitazione professionale, e la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2697 c.c., L. n. 183 del 1992, art. 1 comma 4 e dell’art. 4 del Regolamento del Consiglio Nazionale dei Ragionieri del 5 giugno 1922 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che l’insufficiente, incongrua e illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi infondati. In disparte i profili di inammissibilità delle censure, laddove sollecitano un nuovo esame delle emergenze istruttorie non consentito alla Corte di legittimità, in ogni caso la Corte territoriale non è incorsa nelle violazioni denunciate poichè, in esito ad un compiuto esame delle emergenze istruttorie e con valutazione di merito a lei riservata, ha verificato che le modalità della prestazione dall’inizio e per l’intero periodo si erano atteggiate in maniera tale da essere riconducibili ad un rapporto di lavoro subordinato piuttosto che ad un mero praticantato valorizzando la circostanza che l’iscrizione alla pratica era di molto successiva all’inizio del rapporto che si era protratto con le medesime modalità fino alla sua conclusione. Nel far ciò la Corte ha valorizzato elementi sintomatici di un inserimento organico nell’attività dello studio professionale che andavano ben oltre il rapporto che si instaura con il praticante che collabora per apprendere (orario costante e tipico dell’ufficio, caratteristiche delle attività svolte, erogazione di compensi mensili fissi e di entità tale da non essere riconducibili a meri rimborsi spese) ed ha motivatamente ritenuto non decisive le attestazioni contenute nel libretto di pratica che dunque ha preso in esame. Si tratta, all’evidenza, di una plausibile ricostruzione delle emergenze istruttorie, coerente con il materiale probatorio acquisito, congruamente e logicamente motivata che non si espone pertanto alle censure formulate neppure sotto il profilo della violazione delle disposizioni denunciate. Nè la parziale contestualità dello svolgimento della pratica professionale per il conseguimento dell’abilitazione costituisce circostanza decisiva ai fini della valutazione della natura del rapporto instaurato tra le parti. Premesso che la “causa” del rapporto di praticantato è quella di assicurare al giovane praticante, da parte di un professionista, le nozioni indispensabili per mettere in atto, nella prospettiva e nell’ambito di una futura determinata professione intellettuale, la formazione teorica ricevuta nella sede scolastica (cfr. Cass. 19/07/1997 n. 6645) la Corte territoriale, nell’escludere l’esistenza di un mero praticantato, si è correttamente attenuta al principio secondo il quale, nella qualificazione del rapporto di lavoro, deve essere attribuito valore prevalente al comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto stesso (Cfr. tra le tante Cass. 25/09/2014 n. 20231, 18/04/2007n. 9264).

Che del pari è infondato il terzo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c. e dell’art. 150 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere, la Corte di merito, nel condannare la Viola al pagamento delle somme accertate dal consulente contabile in appello, omesso di chiarire quale fosse la decorrenza degli accessori. A norma dell’art. 429 c.p.c., comma 3, che ha introdotto un meccanismo di adeguamento che riguarda sia il capitale che l’accessorio e prescinde dalla mora del debitore e dagli atteggiamenti soggettivi del medesimo, gli interessi legali sui crediti di lavoro hanno natura corrispettiva e debbono computarsi, dalla data di scadenza dei singoli crediti (come la rivalutazione di questi), prima sul capitale originario e successivamente sulle frazioni di capitale via via rivalutate, in base agli indici di svalutazione, fino alla pubblicazione della sentenza e non possono invece essere separatamente accordati sull’ammontare originario del credito, come interessi compensativi, e sulla somma aggiuntiva liquidata a titolo di rivalutazione, come interessi moratori, oppure una sola volta sulla somma globale comprensiva della rivalutazione. (Cfr. Cass. 16/10/2013 n. 23523, 12/03/2004 n. 5140, s.u. 29/01/2001n. 38).

Che il quarto motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte territoriale, pur sostanzialmente accogliendo la censura con la quale era contestato l’orario di 40 ore riconosciuto dal giudice di primo grado, riducendolo a 35 ore, poi integralmente respinto l’appello così incorrendo in un insanabile contrasto che rende nulla la sentenza è inammissibile poichè non sussiste un interesse ad impugnare la statuizione laddove, come è pacifico, la Corte di merito nel decidere sul ricorso incidentale della lavoratrice lo ha accolto riconoscendo proprio i compensi spettanti in relazione ad un orario di 35 ore e così facendo, sebbene formalmente incorsa nella denunciata violazione, tuttavia non è arrecato alcun pregiudizio alla ricorrente che ha visto comunque accolte le deduzioni da lei formulate.

Che l’ultimo motivo di ricorso – con il quale si denuncia l’insufficiente, incongrua e illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di merito trascurato di valutare adeguatamente le dichiarazioni rese dalla teste Ce., riportate nel corpo del ricorso per cassazione, in relazione alla durata del rapporto – va dichiarato inammissibile poichè, ancora una volta pretende una diversa valutazione delle risultanze istruttorie non consentita.

che pertanto il ricorso deve essere conclusivamente rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, poste a carico della soccombente e distratte in favore dell’avv. Pasquale Nappi che se ne è dichiarato antistatario.

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell’Avv. Pasquale Nappi che se ne è dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2017

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