Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17629 del 05/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/09/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 05/09/2016), n.17629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24954/2013 proposto da:

G.F.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato

CARLO MILIARDI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO

SGUANCI, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE

13, presso lo studio dell’avvocato CAROLINA VALENSISE, rappresentata

e difesa dall’avvocato CARLO DI NANNI, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

SALIT SRL, G.F., G.A., G.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15342/2012 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 13/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito l’Avvocato Alfredo Sguanci difensore del ricorrente che si

riporta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

In ordine al procedimento recante il numero di R.G. 24954 del 2013 è stata depositata la seguente relazione “la Corte di Cassazione con la sentenza 15342 del 2012 ha respinto il ricorso proposto da G.F.S. nei confronti della s.r.l. SALIT 32 avente ad oggetto l’impugnazione della Delib. Assembleare 30 settembre 2004, con la quale veniva approvato il nuovo testo dello Statuto con gli adeguamenti ex D.Lgs. n. 5 del 2003. Con i primi due motivi era stata censurata la ritenuta mancanza nel testo del verbale della riunione della manifestazione di dissenso del ricorrente al momento dell’approvazione dello Statuto. Al riguardo veniva sostenuta la sufficienza dell’espressione del dissenso nella parte relativa al risultato della votazione riguardante le modifiche in esame mentre non doveva ritenersi necessaria la ripetizione in sede di approvazione dello Statuto. Inoltre, veniva rilevato che pur essendo stato dato atto dell’allegazione a verbale di una relazione di dissenso, la Corte era pervenuta alla esclusione di una valida manifestazione di volontà al riguardo. Le censure erano respinte perchè fondate su una interpretazione del contenuto del verbale della riunione assembleare difforme da quella motivatamente espressa dalla Corre d’Appello. Così posta la questione aveva ad oggetto la ricostruzione del fatto controverso e non la violazione di norme di diritto. Tale ricognizione era tuttavia rimessa in via esclusiva al giudice del merito, potendo in sede di giudizio di legittimità essere ammissibili soltanto specifiche censure in ordine alla motivazione. Peraltro la corte territoriale aveva fatto riferimento alla allegazione a verbale della relazione del ricorrente per desumerne l’insussistenza del difetto d’informazione del socio ma tale rilievo non contrastava con la successiva considerazione secondo la quale la manifestazione di volontà contraria alle specifiche modifiche sottoposte a votazione era stata superata dalla successiva condotta del ricorrente che si era astenuto dal manifestare il proprio dissenso alla approvazione da parte dell’assemblea del testo dello statuto modificato articolo per articolo e nel suo insieme. Avverso tale pronuncia G.F.S. ha proposto ricorso per revocazione affidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso la società. La sentenza è affetta da errore di fatto,risultante dagli atti o documenti di causa e non costituente punto controverso sul quale la sentenza ha pronunciato consistente nel non aver considerato che era stato prospettato espressamente un motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, fondato proprio sul rilievo da dare alla manifestazione di dissenso formulata a verbale sia con dichiarazione che con l’allegazione di relazione ad hoc. La censura è inammissibile dal momento che riproduce quella già formulata nel giudizio di legittimità ed avente ad oggetto la valutazione della dichiarazione di dissenso e dell’allegazione di relazione a verbale come idonea a manifestare voto dissenziente. Tali condotte sono state diversamente valutate dalla Corte d’Appello dopo averne dato specificamente atto ed hanno formato oggetto, nei limiti del sindacato di legittimità, di specifica attenzione nella sentenza revocanda, nella parte in cui si ritiene che, con giudizio insindacabile del giudice di merito, la duplice manifestazione di dissenso è stata ritenuta superata dalla condotta successiva di astensione dalla manifestazione del dissenso al momento del voto. Non può configurarsi pertanto l’errore di fatto astrattamente denunciato non risultando alcuna omissione nel rilievo, esame e valutazione del fatto indicato avendo tale profilo formato specifico oggetto d’indagine sia nella sentenza d’appello sia in quella di legittimità dietro sollecitazione della censura ex art. 360 c.p.c., n. 5. In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile”. Il Collegio letta la memoria di parte ricorrente rileva: In primo luogo, il dedotto errore di fatto (rilievo dell’allegazione della relazione a verbale rispetto alla successiva mancanza di manifestazione espressa di dissenso) ha costituito specifico fatto controverso, come già sottolineato nella relazione, in contrasto con l’art. 395 c.p.c., n. 4. In secondo luogo, l’interpretazione della condotta assembleare tenuta dal G., sulla base della quale si è fondata la decisione revocanda non può formare oggetto di vizio revocatorio, in quanto non relativa ad una svista od errore percettivo. La complessiva condotta assembleare del ricorrente non è stata ritenuta espressiva di un dissenso al voto anche in sede di giudizio di legittimità. Il ricorrente dà invece di questa condotta un’altra valutazione. Tale censura è del tutto estranea all’ambito dei vizi revocatori. Infine l’allegazione della relazione dalla quale sarebbe dovuto emergere il voto dissenziente è espressamente presa in considerazione sia dal giudice del merito sia da questa Corte, nei limiti del sindacato di legittimità. In conclusione il Collegio condivide la proposta d’inammissibilità del ricorso con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio da liquidarsi in Euro 5000 per compensi; Euro 200 per spese oltre accessori di legge.

Si dà atto che sussistono le condizione per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2016

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