Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17626 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. II, 29/08/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 29/08/2011), n.17626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.E. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. GOBBI Vittorio in virtù di procura speciale a margine del

ricorso e domiciliato “ex lege” in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTO di ASTI, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale

dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Torino n. 4437 del

2009, depositata il 9 giugno 2009 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24

giugno 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SGROI Carmelo che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 4437 del 2009 (depositata il 9 giugno 2009), il Tribunale di Torino, decidendo sull’appello proposto, nei confronti del Prefetto di Asti, da S.E. avverso l’ordinanza di convalida dell’ordinanza-ingiunzione opposta emessa dal giudice di pace di Torino all’udienza dell’8 febbraio 2007, rigettava il gravame e condannava l’appellante alla rifusione delle spese del grado in favore dell’appellato.

Avverso la suddetta sentenza di appello S.E. ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 26 luglio 2010 e depositato il 16 settembre successivo) basato su quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l’intimato Prefetto di Asti. Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, nonchè l’insufficiente e/o illogica motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Con il secondo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 200 C.d.S., dell’art. 385 reg. att. C.d.S., della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè l’illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato da una delle parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Con il terzo motivo il S. ha censurato la sentenza impugnata sotto il profilo dell’omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia prospettato da una delle parti, con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4).

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione del D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, nonchè il vizio di insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Ritiene il collegio che sussistano, nel caso in questione, i presupposti – così come, peraltro, eccepito anche dal controricorrente Prefetto – per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento ai quattro motivi proposti, per inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 9 giugno 2009: v. Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010).

Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria -ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si sarebbe risolta nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), deve escludersi che il ricorrente si sia attenuto alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè:

– con riferimento al primo motivo, implicante la contestuale deduzione della falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, e del vizio di insufficiente e illogica motivazione, manca sia l’enucleazione, in modo specifico ed adeguato, del quesito di diritto relativo alla prospettata violazione di legge, che l’indicazione della necessaria sintesi del ritenuto vizio motivazionale congiuntamente all’evidenziazione del fatto controverso decisivo per il giudizio;

– con riguardo al secondo motivo, anch’esso denunciante simultaneamente una violazione e falsa applicazione di norme di legge e il vizio di illogica motivazione, difetta, ugualmente, sia l’indicazione, in modo appropriato ed autonomo, di un quesito di diritto riferibile alle supposte violazioni di legge che la sintesi del vizio motivazionale prospettato, mancando del tutto la chiara indicazione, in apposito quadro riepilogativo, del fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione fosse illogica, così come anche la prospettazione delle ragioni, in termini adeguatamente specifici, per le quali la supposta insufficienza motivazionale dovesse considerarsi inidonea a supportare la decisione;

– in ordine al terzo motivo, relativo alla deduzione di un vizio di omessa pronuncia, manca il riferimento ad uno specifico quesito di diritto, la cui formulazione avrebbe dovuto essere idonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata ih relazione alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n. 7197/2009);

– con riferimento al quarto ed ultimo motivo, anch’esso relativo alla contestuale prospettazione di un vizio di violazione di legge e di un vizio di motivazione, manca sia il richiamo specifico al quesito di diritto rapportabile alla supposta violazione di norme di diritto sia l’enucleazione, con modalità autonome ed adeguate, del momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la eventuale fondatezza della specifica censura attinente alla dedotta insufficienza motivazionale.

In definitiva, per le esposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio, liquidati in complessivi Euro 400,00 per onorari, oltre eventuali altre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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