Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17625 del 25/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/08/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 25/08/2020), n.17625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 431-2019 proposto da:

G.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO

MENGUCCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1353/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Catanzaro, G.O., cittadino della Nigeria, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con ordinanza depositata il 26 aprile 2016, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Con sentenza n. 1353/2018, depositata il 3 luglio 2018, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava il gravame dello straniero. La Corte escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando inattendibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso G.O. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a due motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i due motivi di ricorso, G.O. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 14, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia inteso riconoscere al medesimo la protezione sussidiaria, nè quella umanitaria, sebbene ricorressero i relativi presupposti di legge.

1.2. Le censure sono inammissibili.

1.2.1. La proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio (ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8) se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c) (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016). La nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale – di cui è menzione nella norma succitata – deve, infatti, essere rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064).

1.2.2. Nel caso concreto, la Corte d’appello ha rilevato che il ricorrente “ha dichiarato di avere lasciato il Paese, non sotto la spinta di pericoli determinati da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, ma “in occasione di un arresto effettuato dalla polizia in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione illegale”. Il medesimo ha, invero, affermato di essere entrato in un’organizzazione dedita al commercio illegale del petrolio e di avere infranto la regola, imposta dal sodalizio, di non sposarsi. E tuttavia, il giudice di appello ha rilevato che nessun nesso sussiste sul piano logico – in termini di attendibilità di tali dichiarazioni – tra l’infrazione alla regola del gruppo ed il timore che altri membri, arrestati dalla polizia, avrebbero nutrito di essere traditi dall’odierno ricorrente.

La Corte territoriale ne ha tratto, pertanto, il ragionevole e motivato convincimento – per il che non sussiste il vizio di radicale assenza di motivazione denunciato dal ricorrente – che tale allegazione dei fatti che avrebbero indotto lo straniero ad abbandonare la Nigeria non abbia attinenza alcuna con il pericolo di un danno grave derivante da una situazione di violenza generalizzata, a causa di un conflitto interno o internazionale, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Ad ogni buon conto, il giudice di appello ha altresì accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata e generalizzata nella regione della Nigeria dalla quale proviene il ricorrente, laddove il mezzo, oltre che generico, ripropone questioni di merito già esaminate nelle precedenti fasi del giudizio.

1.2.3. Per quanto concerne la protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019) – va osservato che, ai fini del riconoscimento di tale forma di protezione, è evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Nel caso di specie, la narrazione dei fatti che avevano indotto lo straniero ad abbandonare il proprio Paese si è rivelata – e la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass., 05/02/2019, n. 3340) – del tutto inidonea a fondare una domanda di protezione internazionale, anche nella forma del permesso umanitario di soggiorno, avendo la Corte d’appello accertato, non soltanto la mancanza di palesi e generalizzate violazioni dei diritti umani nella zona di provenienza del ricorrente, ma altresì che l’istante non ha allegato alcuna specifica situazione di vulnerabilità, o ragioni che possano far ritenere un’effettiva disparità tra la vita condotta in Italia e quella condotta nel suo Paese di origine, anche sotto il profilo lavorativo.

Nè il ricorrente ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di merito, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità, essendo il motivo di ricorso del tutto generico sul punto.

2. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 01 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2020

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