Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17612 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 28/07/2010), n.17612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI

SCIPIONI 94 INT 8, presso lo studio dell’avvocato FIORE GIOVANNA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GALLIGANI ITALO,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 36/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 10/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G. richiedeva all’Agenzia delle Entrate, a seguito della sfavorevole definizione di un vecchio contenzioso, il rimborso delle maggiori imposte provvisoriamente iscritte a ruolo, oltre interessi. L’Agenzia subordinava l’erogazione degli interessi all’esibizione delle quietanze esattoriali “estintive” dell’obbligazione, per ricavarne l’esatta decorrenza. Contro tale diniego il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale competente che, resistendo l’ufficio, accoglieva il ricorso. Contro la relativa sentenza proponeva appello l’Agenzia eccependo la necessità dell’esibizione delle ricevute di versamento delle imposte successivamente sgravate; il contribuente resisteva.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello con la sentenza di cui in epigrafe.

Avverso tale ultima sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolato in un motivo unico.

Gli intimati hanno controdedotto.

Motivazione:

Con motivo unico il contribuente denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44 (art. 360 c.p.c., n. 3) ritenendo che la prova degli avvenuti pagamenti è ininfluente ai fini della decisione, trattandosi di “atti interni” che l’amministrazione poteva e doveva conoscere. La censura è palesemente infondata.

E’ pacifico che nell’ipotesi in esame trovi applicazione il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, che recita “il contribuente che abbia effettuato versamenti diretti o sia stato iscritto a ruolo per un ammontare d’imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del tre per cento, per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento o della scadenza dell’ultima rata del ruolo in cui è stata iscritta la maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso dall’intendente di finanza o dell’elenco di rimborso”.

E’ altresì pacifico che l’amministrazione finanziaria abbia provveduto ad emettere un provvedimento di sgravio per le imposte già richieste in via provvisoria, stante la pendenza di un contenzioso tributario e risultate poi, all’esito di tale procedimento, non dovute.(In tali ipotesi gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate decorrono, non dalla data della domanda, ma dal secondo semestre successivo alla data del versamento).

Deve però rilevarsi che il controricorrente ha sottolineato, già in sede di appello, che lo sgravio attiene ad una fase antecedente a quella del rimborso, ed ha eccepito che “il contribuente non aveva ancora riscosso il capitale” relativamente al quale era stato disposto lo sgravio, e che pertanto non poteva avanzare alcuna richiesta per gli interessi maturati senza fornire la prova dell’avvenuto pagamento della somma rispetto alla quale, solo se effettivamente versata, sarebbero maturati gli interessi.

In virtù di quanto sopra, in particolare della contestazione sull’effettività del versamento della somma poi sgravata, la censura come proposta difetta del requisito della specificità del motivo, non essendo indicate le ragioni per le quali parte ricorrente ritiene illegittima la decisione della C.T.R. nella parte in cui ha ritenuto che gravasse sul contribuente l’onere di provare il fatto (cioè i versamenti) dal quale per legge scaturisce il diritto dello stesso agli interessi. Invero, quando – come nella specie – è denunziata violazione e falsa applicazione della legge e non risultano indicate anche le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le medesime o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, il motivo è, a prescindere dai motivi di inammissibilità, infondato in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione. Non è invero sufficiente un’affermazione apodittica (nella specie l’assiomatica irrilevanza dei versamenti e/o l’errata affermazione che trattatasi di atti interni) non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente – viceversa – porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (Cass. n. 10295/07; 12984/06).

Deve ancora rilevarsi che il concessionario, che avrebbe dovuto rilasciare le quietanze dell’avvenuto pagamento, è soggetto distinto ed autonomo rispetto alla pubblica amministrazione alla quale non è legato da rapporto organico, così che non può trovare alcuna applicazione la L. n. 212 del 2000, art. 6, che recita “Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 18, commi 2 e 3, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa”.

Il ricorso va pertanto rigettato con condanna del ricorrente alle spese di questo grado di giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese di questo grado di giudizio che liquida in Euro 600,00 delle quali Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e competenze come per legge.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

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