Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1761 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 1761 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: CURCIO LAURA

ORDINANZA

sul ricorso 13635-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI riuktLLO,
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3183

TUMINI LINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GUIDO ALFANI 29, presso lo studio dell’avvocato
GIANMARCO PANETTA, rappresentata e difesa
dall’avvocato MASSIMO FAUGNO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/01/2018

avverso la

sentenza n.

1269/2012 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/05/2012 R.G.N.

2506/2007.

RG.N.13635/2013

che con sentenza in data 20.2.2012 la Corte di appello di Roma ha
confermato la sentenza del Tribunale di Roma che aveva dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto intercorso tra Poste
Italiane s.p.a. e Lina Tumini per il periodo 2.5.2002/29.6.2002 la cui
causale stabiliva “per esigenze tecniche organizzative e produttive
anche di carattere straordinario conseguenti a processi di
riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da
innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o
sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché
all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17,18 e 23 ottobre,
11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002,” con
condanna al ripristino del rapporto.
Che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
società Poste, affidato a tre motivi, cui ha resistito la Tumini con
controricorso.

CONSIDERATO
Che con il ricorso la società ricorrente lamenta:1) la violazione e falsa
applicazione dell’art.4 c.2 del Dlgs n.368/2001, dell’art.2697 c.c. degli
artt. 115 e 116, 244,253,421 c.p.c., in relazione iri=retaztom all’art.
360 primo comma n. 3 c. p. c., per avere la corte ritenuto che
spettasse alla datrice di lavoro l’onere di provare le ragioni oggettive
legittimanti il termine, mentre tale onere sarebbe imposto dal DLgs
n.368/2001 solo in caso di proroga del contratto, come previsto
dall’art.4 comma 2 del citato decreto. Sarebbe quindi onere del
lavoratore, in base all’art.2967 c.c., provare la pretestuosità
dell’assunzione.2) L’ insufficiente motivazione circa,. un fatto
controverso e decisivo oggetto di discussione tra le ai sensi
dell’art.360c.1 n.5 c.p.c. , oltre che la violazione e falsa applicazione ,
in relazione all’art.360 c.1.n.3 c.p.c., degli artt. 244, 253 , 421 c.2
c.p.c. per non aver ammesso il capitolo di prova n.11 articolato nella
memoria di costituzione e relativo alla circostanza della esistenza
ancora di numerosi squilibri nella fase di mobilità per temporanea
carenza di organico taiRM che hanno investito anche l’ufficio dove
era stata addetta la lavoratrice”; che la corte territoriale neanche
aveva utilizzato i poteri officiosi di cui all’art.421 c.p.c. per integrare
tale prova.3) la violazione dell’art.32 comma 5 della legge
n.183%2010 in relazione all’art.360 c.1.n.3 ed anche l’omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio , in
relazione all’art.360 c.1.n.5 ? la Corte avrebbe omesso di applicare la
norma richiamata in rubrica che invece andava applicata ,assorbendo
ogni tipologia di risarcimento , essendo una norma speciale .
Che possono esaminarsi congiuntamente i primi due motivi , in quanto
connessi. Che giustamente ha ritenuto la corte territoriale, riformando

RILEVATO

Che spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, ove
adeguatamente motivata e priva di vizi giuridici, resta esente dal
sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando
ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar
riscontro alle ragioni specificamente indicate nel contratto di
Z.52 assunzione a termine, inclusi gli accordi collettivi intervenuti fra le
parti sociali e richiamati nella causale del contratto.
Che nel caso in esame, diversamente da quanto sostenuto dalla
società ricorrente, la corte territoriale ha correttamente applicato il
suddetto principio allorquando ha affermato che se anche poteva nella
fattispecie ritenersi soddisfatto l’obbligo di specificazione delle ragioni
di cui all’art. 1 del d.lgs n. 368 del 2001, pur limitandosi la causale del
contratto stipulato con il lavoratore al richiamo di accordi collettivi,
non era stato assolto l’onere di prova posto a carico della datrice di
lavoro, in ordine al nesso causale delle ragioni ampie espresse in tale
causale con le mansioni per il cui espletamento la lavoratrice era
stata assunta. In particolare gli accordi sindacali richiamati non erano
di per sé idonei a giustificare il rapporto con la singola assunzione ,
cosi difettando la prova sul punto di una specifica causale negoziale
(cfr. tra le tante, Cass.27/4/2010 n. 10033, Cass. 19/03/2016 n.
5451). Anche il capitolo di prova di cui la società ha lamentato la
mancata ammissione risulta estremamente generico e non si sottrae
al giudizio di inidoneità a fornire la prova della relazione 4W causale di
cui al contratto e l’effettiva prestazione lavorativa della Tumisi.
Che i primi due motivi sono pertanto infondati, mentre inammissibile
risulta essere il terzo motivo, per difetto di autosufficienza. Ed infatti
nella parte in fatto della sentenza impugnata la corte romana precisa
che la sentenza di primo grado aveva ordinato il ripristino del rapporto,
nulla aggiungendo circa eventuali statuizioni risarcitorie. Poiché
null’altro si evince dalla sentenza , era onere della società ricorrente
precisare quale fosse il contenuto del provvedimento di primo grado
relativa alla eventuale condanna risarcitoria, trascrivendo in ricorso la

2

la motivazione del giudice di prime cure, che andasse applicata la
normativa di cui al Dlgs n.368/2001 anche se la causale faceva
riferimento ad una causa giustificatrice mutuata dalla fattispecie di cui
alliart.25 del CCNL 2001 , non più in vigore ratione temporis.
Che pertanto l’apposizione di un termine ai contratti di lavoro,
consentita dall’art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo – le
quali devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito
atto scritto e, che ben possono risultare anche per relationem
impone al datore di lavoro non solo l’onere di indicare in modo
circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la
veridicità di tali ragioni, nonché la non modificabilità delle stesse nel
corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una
particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di
lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la
prestazione a tempo determinato, ma impongono al datore di lavoro di
fornire la prova della specifica correlazione tra la durata solo
temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative
che la stessa sia chiamata a realizzare, con utilizzazione del lavoratore
esclusivamente nell’ambito della ragione indicata e ad essa collegata.

sentenza del Tribunale, così da consentire una verifica sull’esatta
statuizione del giudice di prime cure. Deve quindi rilevarsi una
violazione dell’art.266 comma 1 n.6 c.p.c. con conseguente
inammissibilità del motivo.
Che il ricorso va quindi respinto, con condanna della ricorrente,
soccombente , alla rifusione delle spese del presente giudizio .

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro
200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre
spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater DPR n.115/2002 , dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso , a norma del comma 1- bis dello stesso art.13 .
Così deciso nell’Adunanza camerale del 12 luglio 2017

P.Q.M.

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