Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17605 del 29/08/2011

Cassazione civile sez. II, 29/08/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 29/08/2011), n.17605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13018/2009 proposto da:

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato

D’ALFONSO SERGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SULLA

Pantaleone, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NOMENTANA 911, presso lo studio dell’avvocato MURATORI

Leopoldo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BIANCHI NICOLA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.P.;

– intimato –

avverso il provvedimento n. RGVG 60/09 del TRIBUNALE di CROTONE del

18/03/09, depositata il 25/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il prof. F.A. svolgeva attività di custode giudiziario in una causa civile pendente innanzi al tribunale di Crotone, promossa da L.M. e M.P. contro M.B..

Definito il giudizio di primo grado, presentava al tribunale di Crotone istanza per la liquidazione del compenso.

Otteneva la liquidazione di compenso per Euro 48mila, posto a carico di tutte le parti.

Il provvedimento, reso il 15 gennaio 2009, veniva impugnato dai signori L.M. e M.P. in data 30 gennaio 2009.

Il giudice monocratico del tribunale con provvedimento 18 marzo 2009 rilevava d’ufficio la nullità del provvedimento di liquidazione impugnato.

Il provvedimento veniva comunicato il 26 e il 30 marzo 2009.

F. ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., notificato il 25 maggio 2009, con un motivo articolato in tre rilievi, intesi come motivi autonomi.

L. e M.P. hanno resistito con controricorso.

Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs n. 40 del 2006, è inammissibile, come rilevato dal procuratore generale.

Il primo motivo, che denuncia molteplici violazioni di legge, si conclude con il seguente quesito: Se nella previsione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, tenuto conto della L. n. 794 del 1942, artt. 29 e 30, nonchè dell’art. 645 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., comma 2 e art. 111 Cost., comma 2, vi sia stata violazione delle norme processuali in ordine alla vocativo in ius ed in ordine alla lesione del diritto di difesa delle parti interessate dal decreto di liquidazione delle spese di custodia.

Trattasi di quesito formulato a mò di interpello alla Corte e quindi palesemente inammissibile, atteso che: “A norma dell’art. 366 “bis” cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 – il cui disposto si applica anche ai ricorsi contro le decisioni dei giudici speciali per motivi attinenti alla giurisdizione – deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, poichè la citata disposizione è finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris” (SU 2658/08).

Il secondo quesito chiede alla Corte di Cassazione: “Se nella previsione delle norme richiamate (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, art. 65 c.p.c., comma 2, artt. 52 e 53, disp att. e art. 156 c.p.c.) l’istanza di liquidazione presentata dal custode giudiziario al giudice che lo ha nominato sia conforme ai dettami procedurali e se inoltre, risulti legittima la pronuncia di nullità rilevata d’ufficio del provvedimento di liquidazione attesa l’assenza di alcuna specifica norma che la commini nel caso in esame”.

Anche questo motivo si conclude con quesito inammissibile. Giova ricordare che il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08). Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi1 da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (SU 26020/08).

Nella specie il quesito: a) difetta di concretezza, perchè non riassume i termini della vicenda su cui verte il ricorso; b) è formulato a guisa di interpello, perchè chiede alla Corte se risulti legittima una pronuncia in assenza di una norma specifica, senza perciò sintetizzare e affrontare la ratio del provvedimento impugnato.

Il terzo “rilievo” è proposto con il seguente quesito: “Nelle conseguenze degli argomenti e delle norme richiamate in tale ultimo capitolo (artt. 156, 175 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4, art. 24 e 111 Cost.) dica la Suprema Corte se vi è stata lesione delle norme procedurali con consequenziale violazione del diritto difesa”.

Con ogni evidenza valgono, anche in questo caso, le considerazioni relative all’inammissibilità dei quesiti che si risolvono in una mera richiesta di dire se vi è stata o meno violazione di legge, senza porre riassuntivamente una questione di diritto.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 1.700,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2011

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