Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17600 del 05/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/09/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 05/09/2016), n.17600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. LOMBNARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.A., rappresentato e difeso, per procura a margine del

ricorso, dagli Avvocati Domenico Polimeni e Attilio Cotroneo, presso

lo studio dei quali in Roma, via Ludovisi n. 36, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per

legge;

– resistente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro n. 859/2014,

depositato il 23 maggio 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

maggio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Domenico Polimeni.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con ricorso depositato il 27 luglio 2010 presso la Corte d’appello di Catanzaro, P.A. chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dei danni non patrimoniali derivati dalla irragionevole durata di un giudizio civile iniziato con ricorso del 31 marzo 1993 dinnanzi al Pretore di Reggio Calabria, giudice del lavoro, che con sentenza del 2002 dichiarava il difetto di giurisdizione a favore del Giudice Amministrativo; che, precisava il ricorrente, il giudizio era proseguito con ricorso del 14 gennaio 2003, dinnanzi al TAR Calabria – sezione distaccata di Reggio Calabria, che dichiarava a sua volta il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con sentenza n. 277 del 2008; che essendosi verificato un conflitto reale negativo di giurisdizione era quindi stata adita la Corte di Cassazione che, con sentenza a Sezioni Unite n. 24670 del 2009, aveva dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, dinnanzi al quale il giudizio era stato ripreso con ricorso dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, in data 11 ottobre 2010; giudizio ancora pendente alla data della domanda; che l’adita Corte d’appello accoglieva parzialmente la domanda ritenendo che il processo presupposto avesse avuto una durata irragionevole di anni sette e mesi undici e liquidava un indennizzo di Euro 5.950,00 sulla base di Euro 750,00 per ciascuno dei sette anni di durata irragionevole, compensando per metà le spese di lite; che avverso questo decreto il ricorrente proponeva ricorso per cassazione e questa Corte, con sentenza n. 15697 del 2013, accoglieva i primi due motivi di ricorso, cassando il decreto impugnato con rinvio; che, riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Catanzaro accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo che nel giudizio presupposto si fosse verificato un ritardo di tredici anni, dovendosi detrarre dalla durata complessiva di ventuno anni il periodo ragionevole determinato in otto anni, dei quali cinque per il giudizio di primo grado, uno per quello di legittimità e due per il grado di appello, ove il processo era pendente alla data della decisione; che in relazione al ritardo accertato la Corte d’appello liquidava un indennizzo di Euro 9.750,00, applicando il criterio di 750,00 Euro per anno di ritardo, e compensava per metà le spese del giudizio, che liquidava in Euro 600,00 per compensi ed Euro 20,00 per esborsi quanto al primo procedimento; in Euro 1.600,00 per compensi e 20,00 per esborsi quanto al giudizio di cassazione; in Euro 1.600,00 per compensi oltre Euro 20,00 per spese, quanto al giudizio di rinvio; che avverso questo decreto P.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi; che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione; che il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza. Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza; che deve preliminarmente rilevarsi che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la circostanza che del Collegio facciano parte, quale presidente e relatore, il relatore e un componente del collegio che ha emesso la sentenza che ha disposto la cassazione con rinvio della precedente sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, trovando applicazione il principio per cui “qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto di un nuovo ricorso per cassazione, il collegio può essere composto anche con magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice” (Cass., S.U., n. 24148 del 2013); che con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e segg. e artt. 6 e 35 della CEDU, sostenendo la erroneità della pronuncia impugnata, nella parte in cui ha liquidato un indennizzo in misura inferiore a quella normalmente riconosciuta dalla Corte europea e da questa Corte di legittimità; che il motivo è infondato; che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi), permane, tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto in motivazione (Cass. n. 18617 del 2001; Cass. n. 17922 del 2010); che la Corte d’appello si è attenuta a tale criterio, sicchè la concreta individuazione dell’indennizzo si sottrae alla denunciata violazione di legge; che, invero, la Corte d’appello non si è affatto discostata in maniera irragionevole dai parametri normalmente adottati dalla Corte Europea in casi analoghi e ha dunque validamente esercitato la sua discrezionalità nella determinazione dell’indennizzo nel sostanziale rispetto di quei parametri, mentre la liquidazione del danno, proprio perchè effettuata nell’ambito dei limiti, anche di natura quantitativa, riservati a una valutazione di merito, si sottrae a qualsiasi censura in sede di legittimità (Cass. n. 3943 del 2013); che con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. n. 127 del 2004, artt. 4 e 5 sostenendo che la liquidazione effettuata per il primo giudizio sarebbe inferiore ai minimi previsti dalla tariffa approvata con il citato decreto ministeriale; che il motivo è fondato, atteso che, in applicazione del citato decreto ministeriale, alla parte sarebbero spettati Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per onorari e Euro 490,00 per diritti, oltre accessori di legge e spese generali; che con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1, 2, 4, 5, 11, 28 e 29 in relazione agli artt. 24, 36 e 111 Cost., nonchè della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e segg. e artt. 6 e 35 della CEDU, rilevando che applicando la tariffa e i valori minimi e applicando una riduzione del 50%, i compensi avrebbero dovuto essere liquidati in Euro 2.766,00, sicchè l’importo liquidato di Euro 600,00 sarebbe del tutto inadeguato; che il motivo è parzialmente fondato, dovendosi determinare il compenso dovuto in Euro 1.701,75, applicando per il compenso relativo alla fase istruttoria la prevista riduzione del 70% e per i compensi previsti per lo scaglione di valore, pari a Euro 3.403,50, la consentita riduzione del 50% in considerazione della natura della controversia; che con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e art. 92 c.p.c., comma 2, dolendosi della disposta compensazione per metà, non avendo la Corte d’appello evidenziato le gravi ed eccezionali ragioni che avrebbero potuto giustificare la disposta compensazione; che con il quinto motivo il P. deduce violazione degli artt. 3 e 24 Cost., della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della CEDU, sempre censurando la disposta compensazione parziale delle spese; che il quarto e il quinto motivo sono infondati, in quanto la Corte d’appello ha giustificato la compensazione parziale con riferimento alla parziale soccombenza del ricorrente e alla novità della questione di diritto concernente la valutazione di un giudizio nel quale si sia verificato un conflitto reale negativo di giurisdizione, risolto solo grazie all’intervento di questa Corte; che trattasi di ragioni che legittimano la disposta compensazione parziale e che non hanno formato oggetto di una specifica censura; che, in conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso, accolti il secondo e il terzo, rigettati il quarto e il quinto, il decreto impugnato deve essere cassato in relazione alle censure accolte; che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, provvedendosi alla liquidazione delle spese del primo giudizio in Euro 1.140,00, secondo la già indicata ripartizione, e di quelle del giudizio di rinvio in Euro 1.701,75 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie, ferma la disposta compensazione per metà; che le spese del presente giudizio di cassazione possono essere compensate per la metà, in considerazione del solo parziale accoglimento del ricorso; che le spese come liquidate vanno poi distratte in favore dei difensori, dichiaratisi antistatari.

PQM

La Corte rigetta il primo, il quarto e il quinto motivo di ricorso; accoglie il secondo e il terzo; cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento della metà delle spese del primo giudizio di merito, che liquida per l’intero in Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per onorari e Euro 490,00 per diritti, oltre accessori di legge e spese generali, e della metà delle spese del giudizio di rinvio, che liquida per l’intero in Euro 1.701,75, per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie, ferma la già disposta compensazione per metà; condanna inoltre il Ministero al pagamento della metà delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie; dispone la distrazione delle spese in favore di procuratori antistatari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2016

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