Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17596 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/07/2017, (ud. 16/05/2017, dep.14/07/2017),  n. 17596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5505-2013 proposto da:

F.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO

MARTUCCELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LUIGI CARDONE;

– ricorrente –

contro

S.M., + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 09/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza 9.1.2012 ha respinto il gravame proposto da F.S. contro la sentenza del locale Tribunale (85/2002) che aveva a sua volta – e per quanto ancora interessa – rigettato la domanda da lui proposta contro il vicino So.Ma. per ottenere la demolizione di un fabbricato costruito a distanza illegale.

Per giungere a tale soluzione la Corte territoriale ha rilevato -sempre per quanto ancora interessa in questa sede – che nel caso di specie, mancando un valido PRG, trovava applicazione la normativa del codice civile sulle distanze e non quella di cui alla L. n. 765 del 1967.

Contro tale decisione il F. ricorre per cassazione con un unico motivo a cui resistono con controricorso gli eredi del S. in epigrafe indicati.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dai controricorrenti per essere stato l’atto notificato al difensore della parte defunta dopo la pubblicazione della sentenza e non agli eredi: l’eccezione è priva di fondamento perchè l’atto ha comunque raggiunto lo scopo con la regolare costituzione degli eredi e quindi trova applicazione il principio generale dell’art. 156 c.p.c., comma 3.

2 Passando all’esame del ricorso, con l’unico motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 765 del 1967, art. 17, e D.M. n. 1444 del 1968, art. 9: si sostiene che secondo un principio giurisprudenziale affermato anche dalle sezioni unite, qualora il regolamento edilizio sia privo di disposizioni sulle distanze legali, devono applicarsi quelle previste dall’art. 17 Legge cit., non già la disciplina dell’art. 873 c.c.. Di conseguenza, avrebbe errato la Corte d’Appello a ritenere applicabili, in mancanza di un Piano Regolatore Generale (annullato dal giudice amministrativo), le disposizioni del codice civile.

Il motivo è infondato.

Secondo la più recente e consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di distanze delle costruzioni dal confine, le norme di un regolamento edilizio e dell’annesso programma di fabbricazione sono efficaci e possono applicarsi nei rapporti tra privati solo dopo che siano state adottate dal consiglio comunale, approvate della giunta regionale e portate a conoscenza dei destinatari mediante pubblicazione da eseguirsi con affissione all’albo pretorio, essendo tale pubblicazione condizione necessaria per l’efficacia e l’obbligatorietà dello strumento urbanistico, senza possibilità di efficacia retroattiva dalla data di approvazione da parte dell’organo regionale, rimanendo, nel frattempo, applicabile la disciplina in materia di distanze dettata dal codice civile (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 14915 del 16/07/2015 Rv. 636021). Si è altresì precisato che le prescrizioni del piano regolatore, atto complesso risultante dal concorso della volontà del Comune e della Regione, acquistano efficacia di norme giuridiche integrative del codice civile solo con l’approvazione del piano medesimo da parte dell’autorità regionale. Qualora uno dei due atti che costituiscono l’atto complesso sia annullato a seguito di ricorso giurisdizionale, il piano regolatore decade con effetto retroattivo e non ha alcuna idoneità a regolare i rapporti in materia di distanze legali, fino a quando non intervenga una sua nuova approvazione e salva l’applicazione delle misure di salvaguardia (Sez. 2, Sentenza n. 14915/2015 cit.; Cass. n. 2149 del 2009).

Ne consegue che, nel frattempo, la disciplina in materia di distanze fra costruzioni è quella del codice civile, non rilevando le disposizioni in materia delle L. n. 765 del 1967, ex art. 17, le quali sono dirette ai comuni ai fini delle revisione degli strumenti urbanistici e non ai privati (Sez. 2, Sentenza n. 14915/2015 cit; Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 28/01/2009 Rv. 606457).

La tesi del ricorrente, fondata su principi ormai superati, non può pertanto condividersi, mentre al contrario si rivela giuridicamente corretta la conclusione della Corte calabrese che, accertata l’assenza di un piano regolatore vincolante tra i privati (per effetto della mancanza di approvazione), ha fatto conseguentemente applicazione della disciplina codicistica ritenendo irrilevante nei rapporti tra i privati le disposizioni della L. n. 765 del 1967.

Il ricorso – che peraltro si rivela privo di specificità con riferimento alla dedotta violazione del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 (norma richiamata unicamente nella rubrica del motivo) – va dunque respinto con addebito di ulteriori spese al ricorrente.

Considerato infine che, trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 4.700.00 di cui Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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