Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17595 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 23/08/2011), n.17595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.M. (OMISSIS), M.O.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARCELLO

PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato RAMADORI GIUSEPPE,

rappresentati e difesi dall’avvocato D’ARRIGO DOMENICO giusta procura

speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 133/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA del 6/05/2008,

depositata il 17/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Il 17 giugno 2008, la sezione staccata di Brescia della CTR lombarda ha accolto l’appello proposto da M.O. e M. nei confronti dell’agenzia delle entrate, annullando gli avvisi di accertamento per IRPEF 2000 notificati ai contribuenti per plusvalenze derivanti dalla cessione del suolo (destinato in parte a uso agricolo e in parte a uso commerciale) di cui al rogito del 19 giugno 2000 registrato a Brescia il 7 luglio 2000 (n. 3620). Ha motivato la decisione ritenendo che:

a) la vecchia formulazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 81 e 82, includeva tra gli elementi rilevanti ai fini della determinazione della plusvalenza da cessione immobiliare “il prezzo di acquisto aumentato di ogni costo inerente”; b) contrariamente all’assunto dei primi giudici, la normativa imponeva al fisco di tenere conto di ogni costo inerente e non soltanto delle spese incrementative; c) le fatture addotte dai contribuenti erano anteriori alla vendita e riguardavano la realizzazione di strade, asfaltatura, pozzi, impianti biologici ed elettrici. Propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’agenzia delle entrate; i contribuenti resistono con controricorso e ricorso incidentale, affidato a un solo motivo.

Con il primo motivo (e idoneo quesito), l’avvocatura erariale denuncia la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68, per aver i giudici d’appello erroneamente affermato che la normativa non impone al fisco di tenere conto solo delle spese incrementative, ma di ogni costo inerente. La censura va condivisa.

Gli odierni D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68, sono stati preceduti dai similari D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 81 e 82.

Il art. 81, comma 1, nel testo vigente all’epoca dell’atto, stabilisce: “Sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nè in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni o degli edifici; b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonchè, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (…)”.

L’art. 82, comma 1, nel testo vigente all’epoca dell’atto, stabilisce: “Le plusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lett. a) e b) sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta, al netto dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”. Il comma 2, inoltre, richiama, anche per la diversa ipotesi di terreni acquistati per effetto di successione o donazione, il valore dichiarato o liquidato, “aumentato di ogni altro costo successivo inerente …”. In dottrina, premesso che il prezzo di acquisto od il costo di costruzione deve essere incrementato dei soli “costi inerenti al bene”, si precisa che sono a tal fine rilevanti “le spese incrementative”.

Per spese incrementative, in giurisprudenza, s’intendono “quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo”. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all’immobile, perchè attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene.

I giudici d’appello non hanno fatto applicazione di tali principi nell’interpretare e applicare alla fattispecie il D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 81 e 82. La decisione sul punto è pertanto affetta dalla violazione della legge sostanziale denunciata e va dunque cassata;

alla pronuncia consegue necessariamente il rinvio della vertenza ad altra sezione della competente commissione tributaria regionale, affinchè la lite sia decisa, con nuovo esame del materiale probatorio offerto dai contribuenti sulla base dei principi innanzi affermati (Sez. 5, Sentenza n. 7326 del 13/05/2003).

Ciò assorbe anche la censura di tipo motivazionale (art. 360 c.p.c., n. 5) addotta sul punto dall’agenzia nel secondo motivo.

Quanto al ricorso incidentale, i contribuenti si dolgono, con unico motivo e relativo quesito, del fatto che la sentenza omette completamente di pronunziare sull’eccezione preliminare di nullità degli accertamenti per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42.

Il rilievo, pur formalmente fondato, non giova ai controricorrenti.

Dalla sentenza d’appello si apprende che già nei gradi di merito i contribuenti hanno introdotto il dato che gli avvisi di accertamento contengono esclusivamente l’indicazione dell’aliquota media, senza specificare i criteri di sua determinazione. Sul punto, nulla argomentano i giudici d’appello che trascurano del tutto la questione. Sennonchè, il principio di precisione e chiarezza delle indicazioni, su cui il precetto dell’art. 42 si fonda, svolge una funzione di tutela del diritto di difesa del contribuente, il quale deve essere in grado di verificare, attraverso una semplice operazione aritmetica, l’esattezza del calcolo dell’imposta dovuta.

Nella specie, l’indicazione dell’aliquota media per i cd. redditi diversi scaturisce da dati vincolanti e già a noti al contribuente, il quale può agevolmente ricostruire l’operato del fisco senza ricorrere a complesse cognizioni tecnico-giuridiche e/o contabili (Sez. 5, Sentenza n. 14626 del 10/11/2000). Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″. Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite; osservato che i contribuenti hanno presentato memorie e che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che debba essere accolto il ricorso principale e disatteso quello incidentale, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione; atteso, inoltre, che la questione circa l’applicazione nella specie della Legge Finanziaria 2005, art. 1, comma 412, di cui v’è fugace accenno nella memoria finale dei contribuenti (ult. cpv.), non risulta essere stata mai introdotta prima nel giudizio; considerato che da ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello con rinvio alla CTR (anche per la spese), affinchè la lite sia decisa sulla base dei principi innanzi affermati.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR-Lombardia (sez. Brescia), in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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