Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17594 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2010, (ud. 01/04/2010, dep. 28/07/2010), n.17594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., MO.GI., M.D., M.

E., MO.GI., nella qualità di eredi di

MO.GE., elettivamente domiciliati in ROMA VIA M. DIONIGI

57, presso lo studio dell’avvocato DE CURTIS CLAUDIA, rappresentati e

difesi dall’avvocato BONELLI ENRICO, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI PAGANI;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 320/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 22/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/04/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il resistente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22/6/2006 la Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva il gravame interposto dai contribuenti sigg.ri A.A. ed altri, quali eredi del sig. Mo.Ge., nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno di rigetto dell’opposizione spiegata nei confronti di cartelle di pagamento emesse Centro di Servizio di Salerno a titolo di I.R.P.E.F. ed I.L.O.R., I.V.A. e contributo per il S.S.N. per l’anno d’imposta 1997.

Avverso la suindicata decisione del giudice dell’appello sigg.ri A.A. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Già chiamata all’udienza in camera di consiglio del 4/6/2009, la causa è stata rimessa alla P.U..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16, 17, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, D.P.R. n. 622, art. 54 bis, comma 3, (rectius, 633) del 1972, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che il giudice dell’appello abbia erroneamente ritenuto non necessaria la previa contestazione da parte dell’A.F. ai fini dell’iscrizione a ruolo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, comma 3, laddove il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, indica che il procedimento inizia con la notifica al contribuente di un atto di contestazione e l’art. 17 espressamente esclude la possibilità di irrogare sanzioni per omesso o ritardato pagamento senza la previa contestazione.

Lamenta che anche ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3, l’A.F. è tenuta a comunicare al contribuente le risultanze della liquidazione delle imposte per consentire al contribuente di presentare documentazione e fornire chiarimenti deponenti anche per l’erroneità della medesima.

Con il 2^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 17, 25, d.p.r. n. 600 del 1973, art. 36 bis, 6, comma 5, L. n. 212 del 2000, D.P.R. n. 622 art. 54 bis (rectius, 633) del 1972, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che il giudice dell’appello abbia contraddittoriamente ritenuto, da un canto, insussistente l’obbligo di previa comunicazione o contestazione, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 3, e, da altro canto, non deducibile la questione in giudizio per mancata evocazione in giudizio del Concessionario, cui il suddetto obbligo incombe.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi sono inammissibili, in applicazione degli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 366 bis e 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108 )-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti recati dai motivi di ricorso risultano formulati in termini generici e privi di riferimento alla fattispecie concreta, tali da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione ( cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258 , senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr.

Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche ) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del principio di autosufficienza, atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., alla “cartella di pagamento”, all'”iscrizione a ruolo”, alla “consegna del ruolo”, al “condono”, al “pagamento”, all’esito della liquidazione”, all'”atto di appello”), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente riprodurli nel ricorso.

Quanto ai pure denunziati vizi di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso i motivi, oltre a risultare – come detto – connotati da carenza di autosufficienza, non recano invero la “chiara indicazione” -nei termini più sopra indicati – delle “ragioni” dei denunziati vizi di motivazione.

Essi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

Con il 3^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, D.L. n. 355 del 2003, art. 23 decies (conv. in L. n. 47 del 2004), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che erroneamente il giudice dell’appello abbia presuntivamente ritenuto tardivamente consegnato al concessionario il ruolo reso nella specie esecutivo il 30/12/2000, laddove ai sensi del D.L. n. 355 del 2003, art. 23 decies (conv. in L. n. 47 del 2004) tale incombente poteva essere effettuato entro il 30/6/2001, e nel caso “la C.T.R. è risalita dal fatto noto della data di esecutività del ruolo (31.12.2000) al fatto ignoto della data di consegna del ruolo, che viene però incredibilmente fatta corrispondere con quella dichiarata (ma non provata) in giudizio dall’amministrazione finanziaria”. Laddove “se residua anche un sol giorno utile per effettuare la consegna del ruolo entro un determinato termine (per es. quello di accesso alla procedura di definizione agevolata), la considerazione della posteriorità della consegna rispoetto all’opposizione del visto di esecutività non può asslutamente valere a escludere la possibilità che la consegna sia effettuata proprio in quel giorno, che infatti è successivo rispetto a quello della apposizione del visto di esecutività. A maggior ragione la presunzione non può dire nulla rispetto allateossibilità che la consegna sia effettuata entro i sei mesi successivi alla apposizione del visto di esecutività”.

Il motivo è fondato nei termini di seguito indicati.

La motivazione dell’impugnata sentenza si appalesa effettivamente contraddittoria laddove, dopo essersi rilevato che “dalla cartella esattoriale si rileva la data di esecutività del 31/12/2000”, risulta affermato che “la consegna del ruolo” è “successiva al visto di esecutività dello stesso” e nel caso “si presume sia avvenuta certamente oltre la data di esecutività”, al riguardo peraltro accedendosi all’assunto dell’A.F. (“non vi è motivo di dubitare di quanto afferma, a proposito, l’Amministrazione Finanziaria nelle controdeduzioni”) che nel caso la consegna del ruolo sia avvenuta il 20/12/2000, data (“che l’appellante contesta perchè non supportata da alcun documento”) invero precedente a quella suindicata di apposizione del visto di esecutività.

L’accoglimento del motivo nei suesposti termini, assorbiti i restanti profili ivi evocati, comporta la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 3 motivo di ricorso. Dichiara inammissibili gli altri. Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

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