Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17592 del 28/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2010, (ud. 25/01/2010, dep. 28/07/2010), n.17592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – est. Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ICI ITALIA S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI MONTI PARIOLI 28 presso lo

STUDIO DMP dell’Avvocato FOLCHITTO ROBERTO, rappresentata e difesa

dall’Avvocato MARRA GIUSEPPE giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 56/2006 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di MILANO, depositata il 26/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2010 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROBERTO FOLCHITTO, per delega

Avvocato GIUSEPPE MARRA, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato dello Stato PAOLA ZERMAN, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di controllo della dichiarazione dei redditi 1995, il Centro Servizi di Milano notificò alla società I.C.T. Italia S.r.l.

la cartella esattoriale per l’importo di L. 17.887.000, iscritto al ruolo per interessi e sanzioni pecuniarie relativi ad omesso/ritardato versamento di ritenute alla fonte.

La società propose opposizione che la Commissione tributaria provinciale di Milano respinse.

Analoga sorte ebbe l’appello proposto dalla contribuente, che la Commissione Tributaria Regionale di Milano rigettò con sentenza 26 maggio 2006, osservando, in ordine alla lamentata carenza di motivazione della cartella, che essa era conseguenza dell’accertamento svolto dalla Amministrazione finanziaria e che comunque nel “dettaglio addebiti” risultavano esposte le somme dovute dopo il controllo della dichiarazione, al di là dell’avviso presente nell’atto che ogni informazione avrebbe potuto essere acquisita presso l’ente creditore; e quanto all’assunto dell’avvenuto tempestivo versamento, che nessuna prova era stata fornita.

Propone ricorso con tre motivi la società T.C.I. Italia S.r.l.;

resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 132 c.p.c., nonchè vizio di motivazione. Lamenta la apoditticità dell’affermazione della sentenza impugnata in ordine alla preesistenza alla cartella dell’accertamento e al “dettaglio addebiti”; e la erroneità delle stesse, in merito alla mancata prova del versamento, posto che era stato denunziato il ritardo e non la omissione.

Il motivo è inammissibile, in quanto privo del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., vigente ratione temporis – essendo stata la sentenza emessa e pubblicata il 26 maggio 2006 – che avrebbe dovuto essere formulato in considerazione della denunziata violazione di legge; ed in quanto carente della “chiara indicazione del fatto controverso “in relazione al quale si è ritenuta omessa la motivazione, posto che la sentenza impugnata non solo ha indicato gli elementi di fatto necessari ad evidenziare la natura degli importi addebitati, ma ha anche precisato che non era risultata la prova del versamento, utile a verificare la sua correttezza.

Con il secondo mezzo è denunziata violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, commi 1 e 3 e L. n. 212 del 2000, art. 7, con l’assunto che la cartella è priva di motivazione e che la contribuente non fosse stata messa in grado di conoscere quali versamenti erano tardivi e come avrebbe potuto esercitare il diritto di difesa attraverso le causali indicate.

Anche tale censura è inammissibile per la genericità del quesito di diritto – in quanto proposto in termini di assoluta astrattezza, laddove invoca la applicabilità alle cartelle esattoriali della esigenza della motivazione della pretesa tributaria, in forza della L. n. 241 del 1990, senza alcuna correlazione con gli elementi presenti nella cartella e singolarmente individuati nelle singole causali, necessaria a conferire al quesito il connotato della specificità – e per la improprietà della sua formulazione, laddove si limita a chiedere, in fatto, “se l’atto in questione contenga dati idonei a consentire al contribuente di effettuare un controllo sulla correttezza della pretesa dell’ufficio”, mancando in entrambi i casi di prospettare la questione giuridica relativa alla fattispecie, in cui non è stato omesso l’accertamento di merito sulla presenza di elementi, che la sentenza impugnata ha giudicato sufficienti. Ragione questa ulteriore di inammissibilità, a fronte di una valutazione fattuale insindacabile in sede di legittimità.

Il terzo mezzo denunzia violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione alla dedotta esigenza della prova incombente all’Amministrazione della pretesa impositiva, dal momento che la società Ici Italia aveva provveduto a depositare copia del mod.

770/L aggiuntivo “dal quale si sarebbe potuto rilevare che tutte le ritenute d’acconto relative all’anno 1995 erano state versate nei termini prescritti”.

Premesso che in discussione non è mai risultato essere stata la obbligazione tributaria, ma il suo adempimento o quanto meno la tempestività di esso, va rilevato che il giudice del merito ha affermato che la ricorrente non aveva fornito la prova dell’avvenuto versamento delle ritenute d’acconto, essendosi “limitata a presentare una copia del mod. 770/L aggiuntivo privo di attestazioni bancarie e senza peraltro esibire la relativa documentazione comprovante il pagamento”;

sicchè la doglianza è ancora una volta inammissibile, perchè assume – in tal modo prospettando un vizio revocatorio – che fossero rilevabili tutte le ritenute d’acconto, che invece la Commissione Tributaria Regionale non ha rinvenuto nel momento in cui ha rilevato la carenza di documentazione; e perchè omette, nel caso avesse inteso prospettare la sufficienza del mod. 770/L aggiuntivo, di evidenziare le ragioni oppositive ai rilievi della decisione.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 1.300,00, oltre a quelle prenotate a debito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.300,00 oltre a quelle prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2010

 

 

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