Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17592 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. II, 21/08/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 21/08/2020), n.17592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17740-2016 proposto da:

C.D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

PALUMBO n. 3, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RONCHIETTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO MAGLIONE;

– ricorrente –

contro

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 19,

presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO COZZI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIOVANNI CAIAZZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2175/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 12.12.2008 A.C. evocava in giudizio C.D.A. innanzi il Tribunale di Napoli, lamentando l’inadempimento della convenuta al dictum della sentenza n. 11145/2006 resa dal medesimo ufficio giudiziario, con la quale le era stato ordinato di provvedere al taglio e alla potatura delle piante esistenti nel suo giardino, al fine di non limitare il diritto di visuale spettante all’attrice, ed invocando la condanna della C.D. al risarcimento del danno. Si costituiva quest’ultima resistendo alla domanda ed invocandone il rigetto.

Con sentenza n. 4121/2010 il Tribunale di Napoli condannava la convenuta al risarcimento del danno in misura di Euro 1.266,00 oltre interessi, rivalutazione e spese del grado.

Interponeva appello la C.D. e si costituiva in seconde cure la A., resistendo al gravame e spiegando a sua volta appello incidentale sull’entità del danno riconosciutole dal giudice di prime cure.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 2175/2016, la Corte di Appello di Napoli rigettava l’impugnazione principale ed accoglieva quella incidentale, condannando la C.D. a risarcire la maggior somma di Euro 2.533 oltre accessori.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione C.D.A. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso A.C.. La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1031,1032,1058,1079,2643,2650,2651,2697 e 2909 c.c., artt. 115,116,132 e 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe interpretato in senso troppo estensivo il giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione della sentenza del Tribunale di Napoli n. 11145/2006. Ad avviso della ricorrente, infatti, la Corte di merito avrebbe dovuto considerare che la servitù altius non tollendi ravvisata dalla sentenza appena richiamata non era menzionata nei titoli di provenienza: di conseguenza, non sarebbe stato possibile ritenere costituito per sentenza, ancorchè passata in giudicato, un diritto reale non emergente dai titoli.

La censura è infondata, in funzione del principio per cui il giudicato copre dedotto e deducibile. Il ricorrente avrebbe dovuto impugnare la prima decisione del Tribunale, n. 11145/2006, così impedendone il passaggio in giudicato: non avendolo fatto – è infatti pacifico che quella decisione sia ormai divenuta definitiva – non è ammesso riproporre, oggi, questioni che avrebbero dovuto essere veicolate mediante specifici motivi di appello avverso quella decisione.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1173,1775,1218,1256,1375 e 2909 c.c., artt. 99,115,116 e 342 c.p.c., art. 734 c.p. e il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte partenopea avrebbe dovuto ravvisare l’impossibilità di eseguire il precedente giudicato in conseguenza del factum principis, rappresentato dai provvedimenti dell’autorità locale (in particolare, l’ordinanza del Comune di Napoli emessa in data 25.9.2008) che impedivano la potatura delle piante esistenti nel fondo servente. Ad avviso della ricorrente, l’adozione di tale provvedimento avrebbe causato l’estinzione, per impossibilità sopravvenuta, dell’obbligazione di facere nascente dal giudicato; di conseguenza, nessun risarcimento avrebbe potuto essere riconosciuto all’odierna controricorrente.

La doglianza è infondata. Il giudice di merito ha riconosciuto alla A. il risarcimento del danno proprio per effetto dell’impossibilità di eseguire totalmente il dictum della prima decisione n. 11145/2006, passata in giudicato, e valorizzando il fatto che l’impossibilità di eseguire la condanna è derivata anche dalla prolungata inerzia della parte obbligata. In aggiunta, il controricorso chiarisce che l’esistenza di cause impeditive all’esecuzione del giudicato era stata già dedotta dalla proprietaria del fondo servente nel corso del giudizio di merito, facendo riferimento ad atti amministrativi emessi dall’autorità locale nel 2000 e nel 2005, entrambi antecedenti al giudicato di cui si discute (la sentenza del Tribunale di Napoli n. 11145/06 è stata depositata l’8.11.2006). Il che esclude la possibilità di configurare l’impossibilità sopravvenuta dedotta dall’odierna ricorrente sub specie di fatto nuovo verificatosi in epoca successiva alla formazione del giudicato.

Da quanto precede deriva il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.700 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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