Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17591 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. II, 21/08/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 21/08/2020), n.17591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24807-2016 proposto da:

G.L., G.G., G.M. e G.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAVOIA n. 86, presso lo

studio dell’avvocato MATTEO DI RAIMONDO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO BARTOLI;

– ricorrenti –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO n.

2, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO HINNA DANESI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

G.F., G.G., G.M.G.,

G.M.R., G.C., G.F. e R.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4145/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 2.7.1999 G.G. evocava in giudizio C.G. innanzi il Tribunale di Tivoli deducendo di essere proprietaria di un fondo sito in (OMISSIS), confinante con quello del convenuto; che i due terreni erano divisi da tempo immemore da una recinzione in paletti e filo spinato, la quale era stata rimossa senza titolo dal C.; che le parti avevano convenuto di realizzare, in luogo dell’originaria recinzione, di un muro di divisione, che tuttavia il convenuto aveva realizzato secondo un tracciato difforme dagli accordi. Invocava quindi l’accertamento dell’esatto confine e la condanna del convenuto ad abbattere il muro edificato in violazione del predetto confine e a restituire il terreno dell’attrice abusivamente occupato. Intervenivano ad adiuvandum gli altri comproprietari del fondo dell’attrice, G.A., G.L., G.G., G.L. e R.R..

Si costituiva il convenuto resistendo alla domanda, invocando in via riconvenzionale l’accertamento del confine tra i due fondi ed alla restituzione di una porzione abusivamente occupata dagli attori ed intervenienti.

Con sentenza n. 63/2004 il Tribunale di Tivoli dichiarava improponibile la domanda di regolamento dei confini e respingeva le ulteriori richieste delle parti, interpretando l’accordo intervenuto tra le parti sull’edificazione del nuovo muro di confine sub specie di negozio di accertamento.

Interponevano appello G.L. e G.A. (in proprio e quali eredi di R.R.), G.M. e G.M. (eredi di G.G.), G.M.R., G.C., G.F. e R.M. (eredi di G.L.), nonchè G.G.. Resisteva al gravame C.G. invocandone il rigetto.

Con sentenza n. 3337/2009 la Corte di Appello di Roma respingeva l’impugnazione ritenendo insussistente l’incertezza sul confine alla luce del negozio di accertamento intervenuto tra le parti.

A seguito di ricorso proposto da G.L. e G. (in proprio e quali eredi di R.R.), G.M. e M. (eredi di G.G.), G.M.R., C., F. e R.M. (eredi di G.L.), nonchè G.F., G.G. e M.G. (eredi di G.A.), la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6476/2012 cassava la decisione di secondo grado, rinviando la causa alla Corte di Appello di Roma in differente composizione per valutare se, a seguito dell’accordo intervenuto tra le parti per la realizzazione del nuovo muro di confine, fosse residuata una incertezza dello stesso ovvero si potesse configurare l’inadempimento di una delle parti alle obbligazioni nascenti dal predetto accordo.

A seguito di rituale riassunzione del giudizio la Corte di Appello di Roma, con la sentenza oggi impugnata, n. 4145/2016, escludeva la sussistenza di una residua incertezza sul confine e rigettava il gravame.

Propongono ricorso per la cassazione di tale decisione G.L., G.G., G.M. e G.M., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso C.G.. G.F., G.G., G.M.G., G.M.R., G.C., G.F. e R.M., intimati, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 delle preleggi, artt. 1362 e 1363 c.c., art. 112 c.p.c. e art. 384 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 perchè la Corte di Appello avrebbe interpretato in senso troppo estensivo il dictum della Cassazione. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere definitivamente accertato il fatto che il confine effettivo tra le due proprietà fosse quello corrispondente alla vecchia recinzione di pali e filo spinato, e limitarsi a verificare se il muro fosse o meno stato costruito nell’esatta collocazione di quel precedente confine. La Corte stessa non avrebbe potuto, invece, tornare ad interpretare l’effetto dell’accordo intercorso tra le parti, attribuendogli valore preclusivo circa la verifica relativa all’incertezza del confine.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325,1367,1418 e 2909 c.c. e art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 perchè il giudice del rinvio avrebbe dovuto presupporre che la situazione di incertezza denunciata dall’originaria attrice non era preesistente, ma conseguente alla realizzazione del nuovo muro di confine; di conseguenza, nessuna efficacia preclusiva circa la valutazione della sussistenza di detta incertezza poteva essere attribuita al negozio intervenuto tra le parti. Queste ultime, in sostanza, non avevano inteso affatto risolvere una incertezza preesistente, ma solo disciplinare la sostituzione della vecchia recinzione con un nuovo muro di confine. Di conseguenza, non era possibile in nessun caso attribuire al contratto intercorso tra le parti per la realizzazione del nuovo muro il valore di negozio di accertamento, poichè non v’era nulla da accertare prima della sua (scorretta) esecuzione.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 384 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 perchè la Corte territoriale avrebbe tralasciato di considerare che la non corrispondenza tra vecchio e nuovo confine era stata accertata dal C.T.U. appositamente nominato nel corso dei gradi di merito.

Le tre censure, che meritano un esame congiunto, sono infondate, in quanto dissimulano un’istanza di revisione della valutazione condotta del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, da ritenere estranea alla natura e alle finalità del giudizio in Cassazione (cfr. Cass. Sez.U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790), nonchè una richiesta di nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, che del pari non è consentito in questa sede, ove risultino dalla decisione impugnata le ragioni del convincimento del giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Ed in proposito la Corte di Appello esamina le prove testimoniali assunte nelle fasi di merito ed afferma – nell’ordine- che l’accordo sulla posizione del confine può desumersi anche dal fatto concludente; che dalle deposizioni testimoniali si ricava che la posizione del muro era stata concordata tra le parti, le quali avevano eseguito congiuntamente gli accertamenti in loco per individuare il tracciato della nuova divisione; che i testi avevano riferito che G.G. aveva personalmente sovrainteso alla realizzazione del nuovo muro, aveva presenziato ai lavori e ne aveva pagato una parte del prezzo; ed infine, che non poteva essere attribuita valenza decisiva alla deposizione dell’unica teste – C.P. – che aveva dichiarato, nel giudizio di merito, che il muro forse era posto in posizione diversa da quella del precedente confine, posto che costei aveva, in veste di geometra, eseguito un rilievo che non aveva evidenziato alcuno scostamento del muro dalla recinzione precedente. Tale articolato apprezzamento di fatto supera il passaggio motivo contenuto alla fine di pag. 8 della sentenza impugnata, secondo il quale la censura volta a sostenere che il nuovo confine doveva essere posto secondo la sua originaria individuazione sarebbe stata inammissibile, poichè la Corte di Appello ha comunque condotto, in concreto, la verifica circa la sussistenza dell’incertezza sul confine prescindendo dal contratto intercorso tra le parti per la realizzazione del nuovo muro, che le era stata espressamente devoluta dalla sentenza n. 6476/2012 di questa Corte. Nell’ambito di tale apprezzamento la Corte capitolina ha evidentemente valutato anche la conformità del nuovo muro rispetto al confine precedente, valorizzando -come detto- le risultanze delle prove testimoniali, le quali avevano confermato la diretta partecipazione di G.G. alla realizzazione del nuovo confine, e concludendo per l’insussistenza di un effettivo scostamento del muro dalla precedente recinzione in paletti e filo spinato. In tal modo la Corte territoriale ha operato una articolata ricostruzione dei fatti, valorizzando la prova storica (le deposizioni dei testi) ed affermando che “Da ciò può, pertanto, inferirsi che il muro in questione era stato realizzato seguendo il confine originario (o quantomeno la comune intenzione delle parti) e non un tracciato diverso come viceversa si sostiene” (cfr. pag. 11 della sentenza, in principio). Il giudice del rinvio ha pertanto operato una duplice valutazione: sulla corrispondenza del muro al vecchio confine; sulla corrispondenza del posizionamento del muro alla comune intenzione delle parti, desunta anche per facta concludentia. Tali accertamenti attingono al merito della questione e non sono utilmente censurabili, in quanto tali, in questa sede; essi inoltre sono del tutto coerenti con il dictum della sentenza n. 6476/2012, che aveva rinviato la causa alla Corte di Appello di Roma in sede di rinvio.

Da quanto precede deriva il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti del controricorrente. Nulla invece per le parti intimate, in difetto di svolgimento, da parte di costoro, di attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.300 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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