Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17590 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. II, 21/08/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 21/08/2020), n.17590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20838-2016 proposto da:

M.R.M., S.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA ANDREA BAFILE 5, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

MASSIMO MANCUSI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

SA.TI., SA.CL. (OMISSIS), SA.AL.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA, 63,

presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CONTALDI, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIORGIO VALFRE’;

– controricorrenti –

nonchè contro

SA.CL., (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 360/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 31/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Sanremo, sezione distaccata di Ventimiglia, accoglieva la domanda di Sa.Cl. e Sa.Ti. di accertamento negativo della servitù del loro fondo, sito nel Comune di Ventimiglia, catastalmente censito al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), a favore del fondo vicino, catastalmente censito al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), di proprietà dei convenuti S.S. e M.R., e condannava i suddetti convenuti ad arretrare la costruzione da essi eretta sul fondo mappale (OMISSIS), rispetto al confine col fondo mappale (OMISSIS), fino alla distanza minima prevista dalle norme di attuazione del piano regolatore generale.

Il Tribunale respingeva le domande riconvenzionali proposte dai convenuti tese a conseguire l’accertamento della simulazione del contratto con cui Sa.Al. aveva alienato alle figlie Cl. e Ti. la proprietà del fondo mappale (OMISSIS) e la condanna del Sa. al risarcimento dei danni, e l’accertamento dell’efficacia della scrittura privata con cui Sa. aveva dato il consenso alla costruzione a distanza inferiore rispetto a quella minima prevista dalle norme regolamentari locali.

2. Avverso tale decisione proponevano appello gli originari convenuti S. e M..

3. La Corte d’Appello di Genova rigettava il gravame.

4. In primo luogo, la Corte d’Appello correggeva alcuni errori della sentenza di primo grado, in particolare, con riferimento alla titolarità del fondo servente in capo a Sa.Al.. Tale circostanza secondo la tesi difensiva era rilevante in quanto il Sa., al momento dell’accordo stipulato con gli appellanti non era legittimato, in quanto appunto non proprietario o titolare di altro diritto reale sul fondo servente. A parere della Corte d’Appello, emergeva che Sa. invece fosse proprietario al momento della stipula dell’accordo. Inoltre, incidentalmente, la Corte d’Appello evidenziava l’infondatezza della domanda di simulazione dell’atto pubblico di compravendita del 22 settembre 1999, con il quale Sa.Al. aveva alienato il fondo mappale (OMISSIS) alle figlie Cl. e Ti., in quanto di tale alienazione beneficiavano non solo le figlie ma anche i rispettivi coniugi, C.G. e C.L.S., inoltre l’atto di compravendita riguardava non solo l’appezzamento di terreno mappale (OMISSIS) ma pure un altro appezzamento censito al mappale (OMISSIS).

In ogni caso la Corte d’Appello evidenziava che, anche volendo ipotizzare la simulazione dell’alienazione e che al momento della scrittura privata dell’8 settembre 1986, il Sa. avesse la piena disponibilità giuridica del terreno mappale (OMISSIS), sulla base della giurisprudenza di legittimità le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali in materia di distanze legali nelle costruzioni, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati, essendo dettate a tutela dell’interesse generale ad un prefigurato modello urbanistico. Dunque, le pattuizioni eventualmente concordate di deroga alle distanze sono invalide e tali restano in caso di avvenuto rilascio di concessione edilizia.

Non poteva avere alcun rilievo la prassi amministrativa del Comune di Ventimiglia e la circostanza che il giudice amministrativo avesse accolto il ricorso dei coniugi S.- M., annullando il provvedimento dell’ufficio tecnico del Comune di Ventimiglia che aveva annullato il titolo edilizio rilasciato ai coniugi per l’ampliamento della ristrutturazione del loro fabbricato con il quale erano state violate le distanze.

4.1 La scrittura privata, in quanto convenzione tra privati espressamente diretta a consentire ai proprietari del fondo mappale 194 di costruire in ampliamento di un preesistente fabbricato ad una distanza inferiore rispetto a quella stabilita dalla normativa di attuazione del vigente piano regolatore generale, doveva ritenersi invalida ed inefficace, indipendentemente dal fatto che Sa.Al. fosse o meno proprietario del fondo.

Restava da esaminare la domanda originariamente proposta in via riconvenzionale dagli appellanti e riproposta in appello sul comportamento di Sa.Al. che a causa della sua malafede doveva tenere indenni i coniugi S.- M..

4.2 A parere della Corte d’Appello la condotta negoziale di Sa. non era certamente ispirata a correttezza e lealtà, tuttavia, l’invalidità e l’inefficacia della scrittura privata da lui sottoscritta derivava dall’impossibilità per i privati di derogare convenzionalmente alle prescrizioni dei piani regolatori in materia di distanze e i coniugi S.- M. non avevano mai dedotto di essere stati tratti in inganno dal Sa. al momento della scrittura sulla sua qualità giuridica rispetto al fondo mappale (OMISSIS) e che non risultava che i S.- M. avessero chiesto la formalizzazione della scrittura dell’8 settembre 1986, trattandosi di una semplice scrittura privata priva di autenticazione registrazione e trascrizione. Gli appellanti non avevano indicato neanche la fonte della responsabilità del Sa., se contrattuale, precontrattuale o aquiliana.

5. S.S. e M.R.M. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo.

6. Sa.Cl., Sa.Ti. e Sa.Al. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione art. 873 c.c. e dei regolamenti locali, falsa ed errata applicazione di orientamento giurisprudenziale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il ricorrente premette di essere a conoscenza della giurisprudenza di legittimità in tema di inderogabilità delle distanze indicate dal piano regolatore generale.

Sulla base di tale di giurisprudenza la disciplina delle distanze dettate dall’art. 873 c.c., può essere derogata dalla volontà contrattuale delle parti, perchè rispondente ad interessi sostanzialmente privati, mentre quella dettata, sempre in forza del richiamo dell’art. 873 c.c., dai piani regolatori generali e dai regolamenti edilizi comunali, non può essere derogata, in quanto rispondente non ad interessi privati ma all’interesse generale ad un prefigurato modello urbanistico.

Il ricorrente evidenzia, in primo luogo, che non esiste alcuna norma in materia di distanze stabilite dai piani regolatori generali e dai regolamenti edilizi comunali che ne preveda l’inderogabilità, attribuendogli una diversa valenza giuridica rispetto all’art. 873 c.c..

Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha ammesso che le stesse distanze previste dai piani regolatori generali possono essere derogate per usucapione. In tal modo si viene a creare una sostanziale disuguaglianza con un differente trattamento rispetto a situazioni sostanzialmente uguali.

Secondo il ricorrente, l’inderogabilità delle distanze previste dal piano regolatore generale deve tener conto dell’effettiva esistenza di un concreto interesse pubblico alla realizzazione del prefigurato modello urbanistico, ossia l’esistenza di un interesse pubblico deve essere individuata in concreto e non in astratto. Nel caso di specie, tale interesse mancherebbe, trattandosi di una zona abitativa ad uso prevalentemente privato. Peraltro, nessuna delle costruzioni che circondano quelle delle ricorrenti rispetta le suddette distanze, compresa la stessa abitazione della controparte che è a distanza inferiore rispetto a quella prevista da regolamenti locali rispetto al campo da tennis presente nel fondo confinante.

1.2 Il ricorso è inammissibile.

Il ricorrente è consapevole dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di distanze legali secondo cui: le norme di cui all’art. 873 c.c., dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli, volte unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono derogabili mediante convenzione tra privati; viceversa, le prescrizioni contenute nei piani regolatori e negli strumenti urbanistici locali non tollerano deroghe convenzionali, in quanto dettate a tutela dell’interesse generale ad un prefigurato modello urbanistico (ex plurimis Sez. 2, Sentenza n. 12966 del 2006 Sez. 2, Sent. n. 9751 del 2010, Sez. 2, Sent. n. 5016 del 2018, Sez. 2, Ord. n. 12134 del 2018 Sez. 2, Ord. n. 26270 del 2018).

In tali casi, quando il ricorso per cassazione non offra elementi tali da giustificare una modifica della giurisprudenza di legittimità, a cui la sentenza impugnata è conforme, deve procedersi con una pronuncia in rito e non nel merito ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1. La norma da ultimo citata, infatti, nell’evocare un presupposto processuale, ha introdotto una griglia valutativa di ammissibilità, in luogo di quella anteriore costituita dal quesito di diritto. E’ stato inoltre chiarito, che la condizione di ammissibilità del ricorso, indicata nell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, non è integrata dalla mera dichiarazione, espressa nel motivo, di porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, e laddove non vengano individuate le decisioni e gli argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonda (Sez. 6 – 3, n. 3142 del 2011). Dunque, deve procedersi in tal senso ogni qualvolta gli argomenti offerti dal ricorrente non siano tali da determinare un superamento dell’orientamento consolidato. La funzione di filtro, infatti, consiste in ciò, che la Corte è esonerata – ex art. 360 bis – dall’esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione interpretativa accolta dall’orientamento giurisprudenziale precedente: è sufficiente che rilevi che la pronuncia impugnata si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità e che il ricorrente non la critica adeguatamente si tratta infatti di una “inammissibilità di merito (Sez. U. sent. n. 7155 del 2017).

Nella concreta fattispecie non vi sono ragioni per discostarsi dall’orientamento sopra riportato circa l’inderogabilità convenzionale delle distanze legali tra costruzioni stabilite dagli strumenti urbanistici locali, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro in complessivi Euro 4.100 più 200 per esborsi;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione civile, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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