Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1759 del 28/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1759 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

ORDINANZA

sul ricorso 9481-2012 proposto da:
SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ SGA SPA 05828330638,
appartenente al Gruppo Bancario Intesa Sanpaolo, in persona dell’Amministratore
delegato legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ENRICO FERMI 80, presso lo studio dell’avvocato PESCE SALVATORE,
rappresentata e difesa dall’avvocato SPARANO ERNESTO giusta procura in calce al
« ricorso;
– ricorrente contro
CURATELA DEL FALLIMENTO POMPONIO MARIO;
– intimata avverso la sentenza n. 310/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del
15/11/11, depositata 11 07/12/2011;

Data pubblicazione: 28/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/11/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito l’Avvocato Sparano Ernesto difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e

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La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza del 7.12.011, ha respinto l’appello di
Società per la Gestione di Attività —SGA s.p.a. (cessionaria in blocco, ai sensi
dell’art. 58 d. Igs. n. 385/93, dei crediti in sofferenza del Banco di Napoli) contro la
sentenza del Tribunale, che aveva a sua volta respinto l’opposizione ex art. 98 I. fall.
proposta da SGA per ottenere l’ammissione allo stato passivo del Fallimento di
Mario Pomponio del credito di regresso, munito di privilegio ipotecario, di €
514.109,23, preteso a seguito dell’estinzione da parte della filiale di Potenza del
Banco di Napoli del debito contratto dal Pomponio nei confronti della filiale di
Francoforte della medesima banca per l’erogazione di un finanziamento in ECU,
garantito da fideiussione del Banco di Napoli International S.A. e contro- garantito
dalla banca potentina.
La corte territoriale, ritenuti inutilizzabili ai fini della decisione, ai sensi dell’art. 345
c.p.c., i documenti (estratti del c/c acceso dal fallito presso la filiale di Potenza del
Banco di Napoli; nota della direzione della banca del 13.1.91), prodotti dalla SGA
solo in grado d’appello, ha escluso che dagli ulteriori documenti allegati agli atti
potesse trarsi prova della sussistenza del credito insinuato. Premesso che
l’appellante non aveva agito per ottenere il rimborso del finanziamento -erogato al
fallito dall'(evidentemente) diversa società costituita dalla filiale di Francoforte del
Banco di Napoli s.p.a. — ma in via di regresso, owero per aver estinto il credito della
mutuante in forza della controgaranzia prestata al fideiussore escusso, BN
International S.A., il giudice del merito ha, in particolare, rilevato: che l’atto di
riconoscimento del debito controverso, sottoscritto dal Pomponio ed allegato dalla
SGA,era inopponibile al curatore, in quanto privo di data certa anteriore al fallimento;
che analoga considerazione andava svolta con riguardo all’atto, denominato
“disposizione di trasferimento fondi”, che avrebbe dovuto documentare l’operazione
effettuata dalla filiale di Potenza in favore di quella di Francoforte; che neppure
poteva tenersi conto dell’estratto certificato del libro giornale della banca, sia perché
l’art. 2710 c.c. non trova applicazione nei confronti del curatore, sia perché il
documento era privo, in sé, di efficacia probatoria. Ha pertanto affermato che —
anche nel caso in cui la prova dell’avvenuta prestazione della controgaranzia (non
prodotta in giudizio) avesse potuto trarsi in via indiretta dall’iscrizione dell’ipoteca
volontaria eseguita dalla filiale di Potenza sui beni del Pomponio — difettavano
elementi concreti dai quali poter desumere l’awenuto adempimento da parte della
controgarante dell’obbligazione gravante sul fallito.
SGA ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi.
Il Fallimento di Mario Pomponio non ha svolto attività difensiva.
1) Con il primo motivo di ricorso SGA, denunciando vizio di motivazione della
sentenza impugnata, nonché violazione degli artt. 345 c.p.c., 2704 e 2697 c.c.,
lamenta, in primo luogo, che la corte territoriale abbia da un lato ritenuta necessaria,
ai fini della prova del credito, la produzione dell’originale del contratto di
finanziamento e dall’altro abbia affermato che non poteva tenersi conto del
documento contrattuale (prodotto in sede d’appello), in quanto non indispensabile
per la decisione. Osserva, al contrario, che la produzione andava ritenuta
ammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., in ragione delle motivazioni della sentenza
di primo grado, che aveva fondato la statuizione di rigetto proprio sulla mancanza di
quel documento.

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insiste per l’accoglimento del ricorso
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E stata depositata la seguente relazione:

Rileva, per altro verso, che l’erogazione del finanziamento risultava provata anche
dalla copia conforme dell’estratto conto bancario acceso dal Pomponio presso la
filiale di Potenza del Banco di Napoli e dal fatto che, dopo soli due giorni, il fallito
aveva rilasciato il proprio assenso all’iscrizione ipotecaria. Deduce, ancora, che il
tribunale aveva accertato che il Pomponio aveva ricevuto il finanziamento e che tale
accertamento, non oggetto di impugnazione incidentale da parte del Fallimento, era
coperto da giudicato interno, con la conseguenza che la corte territoriale non aveva
alcun motivo di riesaminare la questione, né di verificare se gli ulteriori documenti
esibiti erano opponibili al curatore. Sostiene che, una volta provato il fatto costitutivo
del credito, spettava alla curatela di provare i fatti estintivi o modificativi. Svolge
ulteriori considerazioni circa l’affermata mancanza di prova dell’estinzione, da parte
della filiale di Potenza, del credito vantato verso il mutuatario dalla filiale di
Francoforte, osservando, in particolare: 1), che sarebbe del tutto superflua la
premessa del giudice del merito, secondo cui il credito insinuato trovava titolo
nell’azione di regresso e non in quella di adempimento, posto che il Banco di Napoli
avrebbe avuto diritto alla restituzione della somma versata sia nel caso in cui la
filiale di Potenza e quella di Francoforte avessero costituito mere rappresentanze
locali dell’unico soggetto (Banco di Napoli) che aveva erogato il credito, sia che
fossero state, invece, due soggetti autonomi, il primo dei quali pienamente
legittimato a garantire il credito del secondo e ad ottenere dal debitore principale il
rimborso di quanto versato al garantito; 2) che la prova in questione era comunque
ricavabile in via logica (atteso il lunghissimo tempo trascorso dalla data di
erogazione del finanziamento, senza che la filiale di Francoforte avesse mai
avanzato domanda di pagamento); 3) che la corte territoriale avrebbe fatto errata
applicazione del disposto dell’art. 2704 c.c., posto che la prova della data certa di un
documento può trarsi anche da fatti equipollenti.
2) Col secondo motivo, deducendo ulteriore vizio di motivazione della sentenza
impugnata, la ricorrente ribadisce che v’era prova dell’erogazione del mutuo e che
l’esistenza del credito del Banco di Napoli (senza distinzioni di filiali) verso il
Pomponio si ricavava sia dai dati contabili certificati dal notaio sia dalla lettera di
riconoscimento del debito, sottoscritta dal fallito il 6.6.94.
I motivi, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente
esaminati, appaiono inammissibili.
Invero, contrariamente a quanto dedotto da SGA, ai fini dell’accoglimento della
domanda non era affatto indifferente stabilire se il credito insinuato trovasse titolo nel
contratto di finanziamento o nel diritto della filiale di Potenza del Banco di Napoli ad
ottenere dal Pomponio, in via di regresso, la restituzione delle somme versate a BN
International SA (o, come sembra di capire, in via diretta, in luogo di quest’ultima,
alla filiale di Francoforte) in forza dell’obbligazione di garanzia assunta: nel primo
caso, infatti, ai sensi dell’art. 2697 c.c., sarebbe stato sufficiente provare l’avvenuta
erogazione della somma al Pomponio (spettando, eventualmente, alla curatela di
provare che il debito era stato pagato, in tutto o in parte, dal fallito); nel secondo,
invece, l’odierna ricorrente avrebbe dovuto provare che era stata la filiale di Potenza
ad estinguere il mutuo, essendo questa l’unica circostanza idonea a fondare la
pretesa restitutoria.
La corte territoriale ha, per l’appunto, accertato che la SGA aveva agito in via di
regresso e, sulla scorta di tale accertamento, ha fondato la decisione di rigetto sul
rilievo del mancato assolvimento da parte dell’appellante della prova del pagamento
di cui era onerata, attese, da un lato, la mancanza di data certa sia dell’ atto di
riconoscimento del debito sottoscritto dal Pomponio sia del documento contabile
attestante il trasferimento dei fondi fra le due filiali, e, dall’altro, l’inutilizzabilità delle
scritture formate dalla stessa banca.
Nessuno dei numerosi profili di censura dedotti dalla SGA nel ricorso investe la
motivazione che sorregge la decisione impugnata: infatti, muovendo dall’infondato
convincimento dell’irrilevanza- ai fini dell’ammissione del credito — dell’autonomia
soggettiva delle due filiali, la ricorrente non si è curata di denunciare (attraverso la

Il collegio, letta la relazione, ne condivide le conclusioni, non utilmente contraddette
dalla SGA attraverso le difese svolte nella memoria depositata.
La giurisprudenza richiamata dalla ricorrente – secondo cui una volta che la parte
abbia enunciato i fatti costitutivi della propria pretesa, spetta al giudice di qualificare
la domanda e di verificare se essa possa essere accolta sulla base delle circostanze
allegate, anche se per ragioni di diritto diverse da quelle illustrate – non può trovare
applicazione nel caso di specie in ragione della diversità dei fatti costitutivi posti a
rispettivo fondamento della domanda di adempimento contrattuale e di quella di
regresso, nell’un caso consistenti nell’ erogazione in via diretta al Pomponio della
somma oggetto del finanziamento, nell’altro nell’avvenuto rimborso della medesima
somma al soggetto finanziatore, in forza del rapporto di garanzia intrattenuto con
quest’ultimo.
Va pertanto ribadito che la ricorrente, al fine di poter ottenere l’ammissione al
passivo sulla scorta del solo contratto di finanziamento, avrebbe dovuto contestare
l’accertamento della corte del merito sotteso alla qualificazione — come di regresso —
dell’azione da essa proposta, deducendone l’erroneità attraverso la precisa
indicazione delle ragioni di fatto, dedotte a sostegno della domanda, che
avrebbero dovuto indurre il giudice ad interpretarla quale mera domanda di
adempimento.
Privo di riscontro è poi l’assunto della SGA secondo cui era pacifico che la filiale di
Potenza del Banco di Napoli avesse estinto il debito del Pomponio: al contrario, la
corte territoriale ha escluso che la circostanza potesse ritenersi provata in causa,
attese la mancanza di data certa anteriore al Fallimento sia dell’atto di
riconoscimento del debito sottoscritto dal fallito sia del documento contabile
attestante il trasferimento dei fondi fra le due filiali e l’inutilizzabilità allo scopo delle
scritture formate dalla stessa banca.
Poiché il Fallimento non ha svolto attività difensiva, non v’è luogo alla liquidazione
delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 5 novembre 2013

precisa indicazione degli atti e dei documenti dai quali avrebbe dovuto evincersi che
il credito insinuato trovava titolo, in via diretta, nel contratto di finanziamento, e non
già nel diritto della filiale di Potenza ad ottenere dal Pomponìo il rimborso della
somma versata alla filiale estera ad estinzione del credito da quest’ultima vantato nei
confronti dell’imprenditore poi fallito) l'(eventuale) errore compiuto dal giudice del
merito nel qualificare la domanda come di regresso e non di adempimento, ma ha
rivolto tutte le proprie critiche ad un preteso accertamento negativo (concernente la
mancanza di prova della stipulazione del contratto di finanziamento) mai compiuto
dalla corte d’appello che, al contrario, ha dato per scontata l’erogazione della somma
oggetto del finanziamento, ma ha ritenuto tale circostanza insufficiente
all’accoglimento del gravame, posto che l’appellante avrebbe dovuto dimostrare di
aver soddisfatto il credito della banca finanziatrice in luogo dell’imprenditore poi
fallito.
Le censure, in definitiva, risultano prive di attinenza alla decisione.
Tanto potrebbe essere affermato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p c.

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