Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17589 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. I, 28/06/2019, (ud. 05/12/2018, dep. 28/06/2019), n.17589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27722/2013 proposto da:

Banca Picena Truentina – Credito Cooperativo, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

G. Pisanelli n. 40, presso lo studio dell’avvocato Biscotto Bruno,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cantalamessa

Piero, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore rag.

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Celimontana n. 38,

presso lo studio dell’avvocato Panariti Paolo, rappresentato e

difeso dall’avvocato De Angelis Domenico, giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 631/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/12/2018 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto che

Codesta Corte di Cassazione voglia accogliere i motivi di ricorso

principale 3) e 4) e dichiarare inammissibile il ricorso incidentale

condizionato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza dell’8 ottobre 2013 la Corte di appello di Ancona ha respinto l’appello principale proposto da Banca Picena Truentina Credito Cooperativo Soc. coop. nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. contro la sentenza con cui il Tribunale di Ascoli Piceno aveva revocato un atto di costituzione di pegno di titoli stipulato il 27 aprile 2001, dichiarandone l’inefficacia nei confronti della massa, ed aveva invece accolto in parte l’appello incidentale del Fallimento, condannando la banca alla restituzione in favore del fallimento dei titoli costituiti in pegno del valore nominale di Euro 259.000,00, oltre interessi legali dal 27 aprile 2001.

Ha ritenuto la Corte territoriale:

-) che il pegno costituito sui titoli indicati nel contratto del 27 aprile 2001 avesse natura di pegno regolare, evincendosi chiaramente dal contratto che alla banca non era stata data la facoltà di disporre liberamente dei titoli, elemento, questo, necessario per la configurazione del pegno irregolare;

-) che, difatti, dagli artt. 2 e 6 del contratto emergeva chiaramente che i titoli erano rimasti nella piena proprietà del debitore, mentre la banca creditrice aveva la sola possibilità di escussione nelle forme previste dall’art. 2803 c.c., non rilevando in contrario il successivo art. 8, invocato dalla stessa banca, il quale dava unicamente la facoltà alla medesima di imputare le somme ricavate dopo la realizzazione del pegno all’estinzione o alla riduzione di una o più obbligazioni senza alcun riferimento alla restituzione della parte eccedente l’ammontare del credito garantito;

-) che la revocatoria esperita doveva essere ricondotta alla previsione della L. Fall., art. 67, n. 1, vertendosi in ipotesi di costituzione di pegno regolare per debiti preesistenti, in considerazione della precedente stipulazione di un contratto di mutuo, sicchè la banca non aveva dato alcuna prova della non conoscenza dell’incapacità del debitore di fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni, ed anzi, proprio la stipulazione del contratto di pegno per ulteriormente garantire il di poco precedente mutuo già garantito da ipoteca, costituiva chiaro ed inequivocabile segnale della piena consapevolezza di trovarsi di fronte ad un soggetto al rischio di insolvenza;

-) che, a seguito della declaratoria di inefficacia del pegno, il Tribunale avrebbe dovuto condannare la banca alla restituzione delle cose che avevano formato oggetto del pegno medesimo.

2. – Per la cassazione della sentenza Banca Picena Truentina Credito Cooperativo Soc. coop. ha proposto ricorso per quattro mezzi.

Il Fallimento ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato illustratoda memoria.

Il P.G. ha concluso per accoglimento motivi 3 e 4 del ricorso principale, e per l’inammissibilità del ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso principale contiene quattro motivi.

Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 3, nel testo ante riforma, con riferimento agli artt. 1851,2803,2797 e 2798 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e dall’art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che il pegno avesse natura di pegno regolare, trattandosi invece di pegno irregolare, con la conseguenza che la proposta azione revocatoria fallimentare non poteva essere accolta.

Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 1, ante riforma, con riferimento agli artt. 2697 e 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e dall’art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata perchè la Corte territoriale non si era avveduta dell’insieme di circostanze fatte valere dalla banca sia in ordine alla oggettiva mancanza dello stato di insolvenza della società, sia in ordine alla mancanza di conoscenza da parte della stessa banca dello stato di insolvenza (simultanea concessione, unitamente alla costituzione del pegno, di un mutuo ipotecario per l’importo di un miliardo e mezzo di lire, la valutazione della situazione economico finanziaria della società, mancanza di posizione di sofferenze, revoche di affidamenti, chiusura di conti correnti, protesti, pignoramenti e sequestri, ecc.), come del resto stabilito in altra decisione pronunciata tra le parti in ordine alla costituzione di una garanzia ipotecaria.

Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1284 c.c., con riferimento alla L. Fall., art. 67, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ed art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto gli interessi legali dalla data di stipulazione del contratto di pegno e non dalla domanda giudiziale.

Il quarto motivo denuncia omesso esame circa la restituzione da parte della banca alla (OMISSIS) S.r.l. di parte della somma corrispondente ai titoli di cui al contratto di pegno de quo con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 e art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare che essa banca, com’era pacifico, aveva già restituito alla società in bonis l’importo di Euro 14.181,70.

2. – Il ricorso va accolto nei limiti che seguono.

2.1. – Il primo motivo è inammissibile.

Esso denuncia un vizio di violazione di legge, ma, in effetti, non si cimenta punto con il significato e la portata applicativa della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 3, nel testo ante riforma, ovvero degli artt. 1851 e 2803 c.c., ma pone in discussione il risultato ermeneutico raggiunto dalla Corte territoriale nel ritenere che il pegno stipulato tra le parti, alla luce del contenuto degli artt. 2, 6 ed 8 del contratto, avesse natura di pegno regolare e non irregolare, in ossequio al principio affermato da questa Corte secondo cui, qualora il cliente della banca, a garanzia del proprio adempimento, vincoli un titolo di credito o un documento di legittimazione individuati, anche al portatore, e non conferisca alla banca il potere di disporre del relativo diritto, si esula dall’ipotesi del pegno irregolare e si rientra nella disciplina del pegno regolare (artt. 1997 e 2787 c.c.), in base alla quale la banca non acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento, con l’obbligo di riversare il relativo ammontare, ma è tenuta a restituire il titolo e il documento (Cass. 12 settembre 2011, n. 18597; Cass. 6 dicembre 2006, n. 26154).

Nè è pertinente la denuncia di violazione dell’art. 2697 c.c., a fronte del fermo orientamento secondo cui la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poichè in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949), vizio motivazionale rilevanti nei soli limiti in cui esso è attualmente previsto, ossia dei limiti del sindacato sulla motivazione ridotto al “minimo costituzionale” (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Parimenti non pertinente è la denuncia di violazione delle norme sul ragionamento presuntivo, giacchè l’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso a detto ragionamento e la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di prova, sono incensurabili in sede di legittimità, l’unico sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità essendo quello sulla coerenza della relativa motivazione (Cass. 18 marzo 2003, n. 3983; Cass. 9 febbraio 2004, n. 2431; Cass. 4 maggio 2005, n. 9225; Cass. 23 gennaio 2006, n. 1216; Cass. 11 ottobre 2006, n. 21745; Cass. 20 dicembre 2006, n. 27284; Cass. 8 marzo 2007, n. 5332; Cass. 7 luglio 2007, n. 15219), nei ridetti limiti di cui si è poc’anzi fatta menzione.

2.1. – Il secondo motivo è inammissibile.

Anche in questo caso la censura mira a capovolgere il giudizio di fatto formulato dal giudice di merito, il quale, dopo aver affermato l’applicabilità della presunzione di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 1, nel testo vigente ratione temporis, ha aggiunto che la banca non aveva fornito la prova di cui era onerata e che, anzi, il pegno concesso a garanzia del rimborso delle rate di mutuo, poco prima stipulato, quantunque già garantito da ipoteca, costituisse riprova della ritenuta scarsa affidabilità del debitore.

Valgono in proposito i principi già richiamati, con riguardo alla censura di violazione degli artt. 2697,27272729 c.c., nell’esame del precedente motivo. A ciò deve aggiungersi, quanto agli ulteriori elementi che il giudice di merito non avrebbe considerato, che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito dell’art. 360 c.p.c., citato n. 5, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357), senza che lo stesso giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, sia tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662).

Ciò detto, dopo aver osservato che le diverse conclusioni raggiunte in una sentenza di merito concernente la revoca di un distinto atto non posseggono di per sè alcuna efficacia probatoria, è agevole aggiungere che le circostanze addotte dalla ricorrente mancano in realtà di qualsiasi efficacia dimostrativa della inscientia decoctionis.

2.3. – Il terzo motivo va accolto.

Trova difatti applicazione il principio secondo cui l’obbligazione restitutoria dell’accipiens soccombente in revocatoria ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza di accoglimento della domanda, che ha natura costitutiva; ne consegue che anche gli interessi sulla somma da restituirsi decorrono dalla data della domanda giudiziale e che il risarcimento del maggior danno, conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria, spetta solo ove l’attore lo alleghi specificamente e dimostri di averlo subito (Cass. 10 giugno 2011, n. 12736; Cass. 23 maggio 2018, n. 12850).

2.4. – Il quarto motivo va accolto.

In effetti, è pacifico che la banca abbia venduto una parte dei titoli costituiti in pegno coprendo talune esposizioni debitorie della società debitrice “ed accreditando la residua somma di Euro 14.181,70 sul conto corrente della società”, come risulta dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado.

3. – La sentenza va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte d’appello di Ancona che si conformerà a quanto dianzi indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

4. – Il ricorso incidentale condizionato, volto a sostenere la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, nn. 3 o 4 (e cioè condizionato all’accoglimento del primo e secondo motivo spiegati in questa sede, e non invece del terzo e quarto) è assorbito.

P.Q.M.

accoglie il terzo e quarto motivo e rigetta il primo e secondo del ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese di questo giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA