Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17586 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. II, 21/08/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 21/08/2020), n.17586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7634-2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI, 36, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARTUCCELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.F.R., FINIM SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CALABRIA, 56, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MARIA CESARO,

che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 11/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Consigliere ORICCHIO ANTONIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

è stata impugnata da M.R. la sentenza n. 11/2018 della Corte di Appello di Napoli con ricorso fondato su due ordini di motivi e resistito con controricorso delle parti intimate Finim S.r.l. e D.F.R.. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierno ricorrente adiva, ex art. 702 c.p.c., il Tribunale di Napoli al fine di ottenere la condanna di entrambe le parti convenute ed odierne controricorrenti al pagamento in proprio favore della somma di Euro 122.885,00 a titolo di dovuti compensi professionali per l’attività legale.

In particolare tale attività era consistita nella difesa delle ragioni della Finim S.r.l. esclusa, dopo una prima ammissione, dall’assegnazione del beneficio (finanziamento di oltre tre miliardi del vecchio conio) rientrante negli incentivi turistici a suo tempo stanziati dalla Regione Campania.

Per tale attività il professionista ricorrente chiedeva il pagamento della pattuita percentuale (10% del finanziamento ottenuto).

La domanda del M. era resistita dalle parti convenute, che lamentavano -in punto di fatto- l’abusivo riempimento di fogli firmati in bianco e svolgevano riconvenzionale per risarcimento danni ex art. 96 c.p.c..

La controversia era decisa, disposto il mutamento di rito, con sentenza n. 8003/2013 del Tribunale adito che dichiarava il difetto di legittimazione passiva del D. ed accoglieva, ritenuta la necessità di querela falso per il detto prospettato riempimento di fogli, la domanda proposta dal M. nei limiti di quanto richiesto.

Sia il M. che le parti in origine convenute interponevano appelli avverso la succitata decisione del Tribunale di prima istanza.

Con la sentenza oggetto del ricorso in esame la Corte distrettuale rigettava il gravame proposto dal M. ed, i accoglimento, per quanto di ragione, dell’appello della Finim S.r.l. e del D., riformava la decisione impugnata e rigettava la domanda proposta dal M..

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione di legge (art. 1362 c.c.) e dei principi generali in tema di obbligazioni (nonchè) omesso esame di un fatto decisivo e della documentazione acquisita al processo (art. 360 c.p.c., n. 5).

Parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del motivo.

L’eccezione non può essere ritenuta fondata.

Il motivo, ancorchè formulato con allegazione di plurime censure, non è -oggettivamente- tale da risultare ma confuso o incomprensibile oppure inintelleggibile.

Anzi la doglianza fondamentale (e fondata) del ricorrente emerge con chiarezza dalla lettura delle pagine 11 e seguenti del ricorso.

Disattesa, pertanto, la pur sollevata eccezione dianzi esposta, deve osservarsi quanto segue.

Parte ricorrente lamenta, in sostanza, l’errore di interpretazione – da parte della sentenza della impugnata sentenza della Corte di Appello- della scrittura privata inter partes con la quale veniva previsto che il commesso doveva essere pagato dalla Società “all’atto della corresponsione del predetto importo da parte della Regione Campania”.

In particolare l’errore interpretativo sarebbe consistito nell’aver ritenuto che con quella scrittura privata era stata pattuita una condizione, nel mentre -invece e secondo l’unica possibile ricostruzione- si era al cospetto di un termine di adempimento.

Il motivo è fondato giacchè è stato violato il canone ermeneutico posto dalla norma ex art. 1362 c.c., nel momento in cui -a fronte di un chiaro testo contrattuale- si è preteso di poter dare una interpretazione non letterale ed extratestuale.

Al riguardo deve riaffermarsi il principio per cui la valorizzazione di dati ed aspetti extratestuali rispetto ad un patto contrattuale può aversi solo in fattispecie (diverse da quella in esame) in cui non possa valere il noto e consolidato principio per cui “in claris non fit interpretatio”.

Orbene, nella concreta ipotesi per cui è giudizio, con la scrittura privata inter parte del 12 marzo 2009, il legale rappresentante della società odierna controricorrente, dava “conferma (della) obbligazione a corrispondere al suddetto difensore (il M.) il compenso professionale pattuito…essendosi comunque raggiunto il risultato” dell’intervenuto finanziamento.

La chiara natura della suddetta conferma dell’obbligazione, assunta e non condizionata, si evinceva vieppiù dalla successiva affermazione, di cui alla medesima scrittura privata, di voler corrispondere il dovuto “…. a fronte del risultato conseguito… all’atto della corresponsione del predetto importo (ovvero del contributo) da parte della Regione Campania”.

Orbene, al di là delle complesse vicende della attribuzione del beneficio, in relazione al quale l’odierno ricorrente ebbe a chiedere il compenso, non appare certo sussistente una situazione di incertezza o dubbio contrattuale, nè sostenibile -col ricorso ad una interpretazione no n letterale- che si era al cospetto di una condizione e non di un termine.

Tanto poichè, ricorrendo al principio per cui che impone la semplice interpretazione letterale in assenza di non chiarezza, appariva solare l’assenza di ogni dubbio sull'”an debeatur” da parte del sottoscrittore debitore e, quindi, la ricorrenza di una piena ricognizione del debito con l’indicazione di un termine di pagamento all’atta della concreta corresponsione del beneficio sulla scorta della già verificata condizione del diritto al compenso in capo al professionista.

In conclusione ed alla stregua di quanto innanzi esposto il motivo deve, in punto, ritenersi fondato e va accolto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge (art. 2233 c.c.) (ed) omesso esame di fato decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5). L’accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l’assorbimento del motivo qui in esame.

3.- Il ricorso, in ragione del motivo innanzi ritenuto fondato, va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rimessione degli atti, anche per le spese, al giudice del rinvio in dispositivo indicato.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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