Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17585 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/07/2017, (ud. 23/03/2017, dep.14/07/2017),  n. 17585

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28336/2014 proposto da:

LUDOMATIC S.n.c., (p.iva (OMISSIS)) in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, nonchè D.B.E. ((OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo

studio dell’avvocato SIMONETTA DE SANCTIS MANGELLI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSARIO CAPONE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (già A.A.M.S.), c.f. (OMISSIS),

domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 362/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 01/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 785/2013, il Tribunale di Trieste rigettava l’opposizione proposta dalla Ludomatic s.n.c., in persona dei legali rappresentanti D.B.E. e F.A., nonchè personalmente da D.B.E., avverso l’ordinanza ingiunzione n. 1922 datata 29.01.2012 con la quale l’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato (A.A.M.S. ufficio Regionale del Friuli Venezia Giulia, ora A.D.M.) aveva loro ingiunto il pagamento della sanzione di Euro 8.000,00 (Euro 4.000,00 per ogni singolo apparecchio elettronico) per aver installato, in qualità di gestori, due apparecchi di intrattenimento non rispondenti alle caratteristiche e prescrizioni di cui all’art. 110, commi 6 e 1 T.U.L.P.S. in assenza di titoli autorizzatori di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 38.

Avverso tale sentenza proponevano impugnazione la Ludomatic s.n.c., in persona dei legali rappresentanti D.B.E. e F.A., nonchè personalmente D.B.E..

La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 362/2014 dell’1.9.2014, ha respinto l’appello sulla base, per quanto nella presente sede ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

a) l’indicazione nell’ordinanza-ingiunzione della “New Games s.n.c. come società proprietaria delle apparecchiature costituiva un mero errore materiale, essendo nel verbale di accertamento e contestazione stata indicata la sede legale effettiva della Ludomatic s.n.c. ed avendo i suoi legali rappresentanti esercitato regolarmente il loro diritto di difesa;

b) i macchinari oggetto di confisca consentivano il collegamento ad un sito internet e di accedere a diversi tipi di giochi d’azzardo in cui la vincita era affidata alla sorte;

c) le vincite, attribuite in punti, potevano essere convertite in denaro.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso la Ludomatic s.n.c. e D.B.E., personalmente, sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si è difesa depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, per aver la corte d’appello rigettato l’eccezione concernente la mancata identificazione, nel corpo del verbale di accertamento e contestazione della Guardia di Finanza, il soggetto passivo dell’accertamento, nonostante nell’ordinanza-ingiunzione l’Amministrazione dei Monopoli si fosse limitata ad affermare che – essendo gli apparecchi di proprietà della Newgames la notifica è stata latta alla Ludomatic”.

1.1.La censura, a ben vedere, anche alla luce della violazione denunciata, piuttosto che riguardare la decisione della corte territoriale qui impugnata, ha ad oggetto l’affermazione, reputata immotivata (o non adeguatamente motivata), adottata dall’Ufficio Regionale dei Monopoli, limitandosi a reiterare le medesime considerazioni già espresse nei due gradi di merito del giudizio, senza muovere specifici rilievi alla valutazione compiuta dalla corte triestina.

E’ noto che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Sez. 1, Sentenza n. 15952 del 17/07/2007). Il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, essendo fatto divieto di rinvio ad atti difensivi o a risultanze dei gradi di merito ed essendo estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quella impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 13259 del 06/06/2006).

Le menzionate condizioni non sussistono se il ricorrente non abbia impugnato con uno specifico motivo di ricorso il rigetto di uno dei motivi di gravame riproposti al giudice di appello, ma abbia semplicemente reiterato la domanda non accolta in appello, senza indicare specificamente i vizi della decisione che dovrebbero portare al suo accoglimento (Sez. 3, Sentenza n. 3654 del 20/02/2006; conf. Sez. 3, Ordinanza n. 16752 del 21/07/2006).

D’altra parte, anche a voler ammettere che la doglianza si appuntasse sullo scrutinio operato dalla corte locale, quest’ultima non si è limitata a sostenere apoditticamente che si era al cospetto di un mero refuso riprodotto nell’ordinanza-ingiunzione e, quindi, di un errore materiale, ma ha altresì evidenziato che l’erronea indicazione della società New Games come proprietaria delle apparecchiature non era stata reiterata nella missiva accompagnatoria del verbale di accertamento, era stata almeno parzialmente assorbita dalla corretta individuazione, nel corpo del medesimo verbale, della sede legale effettiva della Ludomatic s.n.c. e dei legali rappresentanti di quest’ultima e non aveva impedito agli odierni ricorrenti di esercitare il diritto di difesa (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

Va ulteriormente osservato che è irrilevante l’asserita carenza di motivazione dell’o.i. avendo la sentenza correttamente osservato che sussiste cognizione piena del giudice su tutte le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa non esaminate o non motivatamente respinte se riproposte nei motivi di opposizione e di appello (S.U. n. 1786/2010).

2. Con il secondo motivo si deduce la falsa applicazione dell’art. 110 del TULPS e la violazione delle norme comunitarie, per non aver la corte di merito considerato che i terminali in oggetto non consentivano vincite in denaro.

2.1. Il motivo si rivela palesemente inammissibile nella parte in cui genericamente richiama un’asserita violazione delle norme comunitarie, senza specificamente indicare a quali di esse si riferisca.

Per quanto concerne l’altro profilo (la dedotta violazione dell’art. 110 del TULPS), proprio di recente questa Corte ha avuto modo di chiarire che, in tema di sanzioni amministrative, configurano l’ipotesi del gioco d’azzardo e dell’alea, concretando il divieto di cui al R.D. n. 773 del 1931, art. 110, comma 7 bis, (T.U.L.P.S.), le macchine da gioco che consentano la selezione dell’opzione “poker room” e distribuiscano premi, ancorchè sotto forma di punti spendibili on line, atteso che costituisce vincita in denaro anche quella che comporta un risparmio sull’acquisto di un prodotto, mentre il fine di lucro che caratterizza il gioco illecito non deve necessariamente tradursi in una somma di denaro, essendo sufficiente che si tratti di un guadagno economicamente apprezzabile (Sez. 6 – 2, Sentenza n. 101 del 07/01/2016).

Il comma 7 bis, citato individua, tra gli apparecchi e congegni di cui al comma 7 vietati, quelli che riproducono il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali. Del resto, in tema di gioco d’azzardo, il fine di lucro non può essere ritenuto esistente solo perchè l’apparecchio automatico riproduca un gioco vietato, ma deve essere valutato considerando anche l’entità della posta, la durata delle partite, la possibile ripetizione di queste e il tipo di premi erogabili, in denaro o in natura (Cassazione penale, sez. III, 19/12/2011, n. 3096). Orbene, nel caso di specie, la corte locale, dopo aver correttamente premesso che i presupposti per la configurabilità di un gioco d’azzardo sono la stabile destinazione delle apparecchiature confiscate all’esercizio del gioco d’azzardo e la potenzialità di conversione in denaro dei punti accumulati, ha, nell’applicare tali presupposti al caso concreto, rilevato che i macchinari oggetto di confisca consentivano di accedere a diversi tipi di giochi d’azzardo e che le vincite, attribuite in “punti” sulla tessera magnetica, ben potevano essere convertire in denaro (cfr. pagg. 8-9 della sentenza impugnata).

In quest’ottica, le doglianze formulate dai ricorrenti si traducono in una mera reiterazione delle censure già sollevate nei gradi di merito e, in definitiva, nel prospettare una interpretazione del materiale probatorio difforme rispetto a quella accolta dalla corte triestina, senza peraltro muovere specifici appunti avverso l’iter logico-argomentativo seguito da quest’ ultimo.

Senza tralasciare che sono inammissibili quei motivi che non precisino in cosa consista la violazione di legge che avrebbe portato alla pronuncia di merito che si sostiene errata, o che si limitino ad una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (Cass., Sez. L., n. 15263 del 6 agosto 2007).

La sentenza ha sancito trattarsi di giochi d’azzardo implicanti una posta pecuniaria le cui vincite sono potenzialmente riscuotibili in denaro e non di giochi promozionali consentiti, con opportuni richiami giurisprudenziali (Cass. n. 37391/2013).

3. In definitiva, il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1000, oltre spese prenotate a debito, dando atto della sussistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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