Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17583 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/07/2017, (ud. 16/03/2017, dep.14/07/2017),  n. 17583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10974/2013 proposto da:

G.L., (OMISSIS), G.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, LARGO GIUSEPPE TONIOLO, 6, presso lo studio

dell’avvocato UMBERTO MORERA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMILIANO SCOTTA;

– ricorrenti –

contro

F.L., (OMISSIS), A.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO ANGELINI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRA BRAMARDI;

– controricorrenti incidentali –

e contro

G.L. (OMISSIS), G.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, LARGO GIUSEPPE TONIOLO, 6, presso lo studio

dell’avvocato UMBERTO MORERA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMILIANO SCOTTA;

– controricorrentiall’incidentale –

avverso la sentenza n. 443/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 08/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito l’Avvocato LONGO Mauro con delega orale dell’Avvocato SCOTTA

Massimiliano, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso principale e rigetto incidentale;

udito l’Avvocato ANGELINI Massimo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato BRAMARDI Alessandra, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso principale e accoglimento

dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento 6^ motivo del

ricorso principale e 1^ motivo ricorso incidentale; rigetto di tutto

il resto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.G. e F.L. hanno convenuto in giudizio innanzi al tribunale di Torino, con citazione notificata il 1/4/2005, G.F. e L. (o L.G.) lamentando che gli stessi, proprietari dal 2001 del basso fabbricato all’interno del cortile del condominio in (OMISSIS), abbiano esercitato una servitù di passaggio pedonale e carrabile non in conformità del titolo e comunque con aggravamento, avendo trasformato il fabbricato in un’autorimessa a due piani con cancello automatico, con impatto acustico e dispersione di calore; nonchè chiedendo la rimessione in pristino o l’adozione di adeguati accorgimenti, con risarcimento del danno.

2. Sulla resistenza dei convenuti, espletate prove orali e consulenza tecnica d’ufficio, il tribunale di Torino con sentenza depositata il 16 luglio 2008 ha accolto la domanda parzialmente, disponendo accorgimenti per limitare la rumorosità, rigettando la stessa per il resto.

3. I signori A. e F. hanno interposto appello con citazione notificata il 16/1/2009 e la corte d’appello di Torino, accogliendo l’appello e in riforma parziale della sentenza di primo grado, ha condannato i signori G. a tener chiusa l’autorimessa negli orari notturni indicati in dispositivo e a risarcire il danno, quantificato in Euro 7000, oltre spese processuali.

4. G.F. e L. (o L.G.) ricorrono affidandosi a cinque motivi – per la cassazione di detta sentenza. Resistono A.G. e F.L. con controricorso contenente ricorso incidentale su due motivi, cui replicano i signori G. con ulteriore controricorso. Questi ultimi depositano altresì memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi cinque motivi di ricorso principale i ricorrenti hanno lamentato, ad un tempo, violazione di norme di diritto indicate negli artt. 1102,1120,1139,1063,1064,1065,1067,1069 e 1362 c.c. e vizi di motivazione in relazione ai seguenti diversi profili:

– atteso che dal regolamento di condominio risultava la servitù a carico dell’androne, esercitata precedentemente senza limiti orari da una società con attività imprenditoriale significativa, la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto un aggravamento (primo motivo);

– oltre che incongruente rispetto all’uso precedente della servitù, la prescrizione di divieto notturno per i soggetti che si dirigono nell’autorimessa a fronte dell’essere consentito l’accesso senza limiti per chi si dirige nel cortile sarebbe illogica e discriminatoria, posto che quest’ultimo accesso può provocare maggior disturbo dell’altro (secondo motivo, ove si deduce anche omesso esame di fatto decisivo circa l’uso dell’androne);

– erroneamente avrebbe il giudice limitato l’uso della servitù in orario notturno, invece di dettare accorgimenti mediante opere sul fondo servente come richiesto dai signori A. e F. (terzo e quarto motivo, ove si deduce anche omesso esame di fatti decisivi circa l’adozione di accorgimenti);

– erroneamente la corte d’appello avrebbe disposto la limitazione predetta, in luogo che il ripristino del cancello carraio, rispetto alla domanda relativa al quale peraltro non sussisterebbe la legittimazione dei G. in quanto condominiale (quinto motivo, ove si deduce anche omesso esame del fatto decisivo della condominialità del cancello, in relazione al nesso di causalità tra l’operatività di questo e gli inconvenienti lamentati).

1.1. I predetti motivi sono inammissibili. Invero i motivi di ricorso, laddove si riferiscono a presunte violazioni e false applicazioni di norme di diritto, non colgono la ratto decidendi della sentenza impugnata, fondata sul riconoscimento dell’essere l’innovazione astrattamente compatibile con il titolo (p. 4 della sentenza), ma anche sull’accertamento dell’aggravio nel suo esercizio – questo illegittimo – e quindi sulla ricerca, in base a domanda subordinata contenuta in citazione, di accorgimenti che potessero riportare a legittimità lo stesso (p. 6); accorgimenti che, nella logica di cui dell’art. 1067 c.c., comma 1, ove non trovino consenziente il proprietario, hanno come alternativa il ripristino, sempre possibile, dello stato di fatto preesistente. Censurando, in sostanza, non la regula iuris applicata, ovvero lamentandone un’applicazione fuori dal suo spettro, con i cinque motivi predetti i ricorrenti hanno fatto valere nella pratica la non rispondenza della soluzione fornita dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dagli stessi ricorrenti, proponendo un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti anche a mezzo di istruttoria testimoniale e tecnica (cfr. ad es. le doglianze circa il divieto notturno, che non sarebbe precedentemente sussistito – ma sussisteva un’attività solo diurna – e che discriminerebbe i soggetti che si dirigono nell’autorimessa a fronte dell’essere consentito l’accesso senza limiti per chi si dirige nel cortile; oppure la contestazione in capo alla corte del potere di disciplinare l’orario di esercizio (p. 26 del ricorso), contraddittoriamente rispetto al thema decidendum che (alla stessa p. 26) viene indicato anche essere stato formulato “in punto orario”). Nè rileva, come pure solo i ricorrenti fanno apparire, la natura condominiale del cancello, ma piuttosto l’uso che i soli utenti dell’autorimessa ne fanno, con conseguente piena legittimazione dei ricorrenti.

1.2. Quanto, poi, alle censure proposte sotto l’angolo visuale di presunti vizi di motivazione (anche per omesso esame) ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le stesse sono parimenti inammissibili: la norma del n. 5 cit. non conferisce alla corte di cassazione il potere di riesaminare dal punto di vista fattuale la vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Inoltre la riforma del giudizio di cassazione operata con la L. n. 40 del 2006 ha sostituito, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il concetto di “punto decisivo della controversia” con quello di “fatto controverso e decisivo”, per cui il motivo di ricorso con il quale si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo. Invece parte ricorrente, lungi dal denunciare una totale obliterazione di fatti decisivi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero una manifesta illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune od ancora un difetto di coerenza tra le ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, si limita a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, proponendo un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (in ordine alla regolamentazione dell’accesso all’autorimessa, agli accorgimenti prescelti e a quelli auspicati, ecc.). Tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sicchè i motivi in esame si traducono nell’invocata revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia di fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità.

2. Con il sesto motivo, le parti ricorrenti principali hanno denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2043 c.c., lamentando che la corte d’appello di Torino abbia pronunciato oltre i limiti della domanda risarcitoria, formulata come da conclusioni in appello “da quantificarsi anche a mezzo di c.t.u. ed in separato giudizio”, e senza che fosse stata fornita la prova dei danni stessi.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale i signori A. e F. hanno lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. e artt. 112,113 e 114 c.c., sostenendo avere la corte d’appello pronunciato in ultrapetizione sulla liquidazione dei danni, a fronte di istanza di separazione dei giudizi su an e quantum, e in violazione dell’art. 114 c.p.c., non essendo stata formulata istanza di pronuncia in equità, nonchè trascurando voci specifiche di danno da risarcirsi.

4. I due motivi anzidetti di cui al ricorso principale e incidentale possono essere esaminati congiuntamente, presentando profili di connessione.

4.1. Essi sono parzialmente fondati. Invero, risultando dalla trascrizione in ricorso una formulazione ambigua della citazione introduttiva di primo grado quanto all’effettiva richiesta esclusiva di liquidazione del danno in separato giudizio (“da quantificarsi anche a mezzo di c.t.u. ed in separato giudizio”), consta invece che in sede di appello indubbiamente la parte appellante ha richiesto chiaramente detta separazione, su cui – anche in relazione al contegno processuale delle parti (che oggi lamentano entrambe vizio di ultrapetizione sul punto) – si è formato l’assenso, anche tacito, della controparte. In tali condizioni, sussiste la lamentata ultrapetizione (cfr. ad es. Cass. 05/12/2011, n. 26021), non potendo il giudice d’ufficio liquidare il danno in ordine al quale sia stata formulata istanza di condanna sul solo an.

4.2. La sentenza va dunque cassata sul punto, restando assorbito l’esame delle questioni relative alla presunta violazione dell’art. 114 c.p.c., per avere la corte proceduto a liquidazione equitativa (ma v. Cass. 09/05/2012, n. 7049 e 11/12/2007, n. 25943) e agli aspetti liquidatori.

4.3. Non essendo necessari sul punto ulteriori accertamenti di fatto, può questa corte pronunciare nel merito, meramente annullando la statuizione liquidatoria della corte d’appello e sostituendo ad essa, come in dispositivo, idonea statuizione di rimessione della liquidazione del danno a separato giudizio, sorretta dalla presente motivazione integrativa di quella della corte territoriale.

5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si lamenta violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e vizi di motivazione in ordine a quanto conseguito in aggravamento della servitù alla sostituzione del manufatto di chiusura del fabbricato, in termini di rumorosità e di gradiente termico, non fronteggiati da adeguati accorgimenti se non in relazione alla chiusura notturna.

5.1. Il motivo è infondato. Anzitutto, dalla lettura della sentenza impugnata non emerge affatto una omissione di valutazione in ordine alla tematica relativa alla perdita di caratteristiche termiche conseguita dal nuovo cancello, avendo la corte d’appello ampiamente considerato tale profilo alle pp. 6 e 7 dell’impugnata sentenza, salvo a valutare le conseguenze in esclusivi termini risarcitori. Atteso che per effetto dell’accoglimento dei precedenti motivi viene meno il solo profilo liquidatorio di tale valutazione, non impugnata specificamente per altra via, competerà al giudice del separato giudizio liquidatorio trarre ogni conseguenza sul punto. In secondo luogo, poi, quanto alla considerazione dei profili di rumorosità, anche questi appaiono adeguatamente considerati nella sentenza impugnata (p. 6 primo paragrafo), che ha valutato con ogni evidenza idonea ad eliminare ogni conseguenza pregiudizievole la chiusura notturna unitamente alla “manutenzione costante”.

4. Alla luce della considerazione globale delle risultanze del giudizio, può confermarsi la liquidazione delle spese contenuta nella sentenza di appello, adeguata nonostante la cassazione parziale, compensandosi le spese del giudizio di legittimità alla luce di tale ultimo esito processuale.

PQM

 

La Corte accoglie per quanto di ragione il sesto motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale; rigetta i ricorsi quanto ai residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, pronunciando nel merito sulla domanda risarcitoria proposta da A.G. e F.L., accoglie la stessa rimettendo la liquidazione dei danni a separato giudizio; conferma nel resto la sentenza impugnata, anche quanto alla pronuncia sulle spese del giudizio di appello; compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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