Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17582 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. II, 21/08/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 21/08/2020), n.17582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 23052 – 2017 R.G. proposto da:

M.G., – c.f. (OMISSIS), M.F., – c.f. (OMISSIS) –

elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in

(OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato Italo Tomassoni, che li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

CURATORE del fallimento della “(OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS)”,

nonchè di B.B. (socio illimitatamente responsabile), in

persona del dottor Fr.An., rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato

Ferruccio Gattafoni, elettivamente domiciliato in Roma, alla via

Pieve di Cadore, n. 30, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe

Gualtieri;

– controricorrente –

F.S.M.A., – c.f. (OMISSIS), – rappresentato e

difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso

dall’avvocato Alberto Cucchieri, elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Marianna Dionigi, n. 29, presso lo studio dell’avvocato

Marina Milli;

– controricorrente –

e

B.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza della corte d’appello di Ancona n. 1507 –

20/29.11.2016;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 7

novembre 2019 dal consigliere Dott. ABETE Luigi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’avvocato Italo Tomassoni per i ricorrenti;

udito l’avvocato Giuseppe Gualtieri, per delega dell’avvocato

Ferruccio Gattafoni, per il fallimento controricorrente;

udito l’avvocato Marina Milli, per delega dell’avvocato Alberto

Cucchieri, per il controricorrente F.S.M.A..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto in data 28.7.1992, trascritto in data 29.7.1992, M.G. e M.F. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Macerata B.B. e B.M.G..

Esponevano che con scrittura privata in data 24.6.1991 avevano acquistato dai convenuti, per il prezzo di Lire 700.000.000, un complesso immobiliare – “(OMISSIS)” – in Comune di Treia, alla contrada (OMISSIS), costituito da una villa con annesso parco della superficie di circa mq. 15.000; che in data (OMISSIS) erano stati immessi nel possesso dell’immobile.

Esponevano che, quantunque i venditori si fossero formalmente impegnati ad espletare le formalità connesse al diritto di prelazione spettante allo Stato ex L. n. 1089 del 1939, a tale adempimento non avevano provveduto; che di conseguenza si erano astenuti dal corrispondere la penultima e l’ultima rata – per complessive Lire 350.000.000 – del prezzo.

Chiedevano accertarsi l’autenticità della scrittura di compravendita anche ai fini della trascrizione e determinarsi le modalità di versamento del residuo prezzo.

1.1. Si costituivano B.B. e B.M.G..

Instavano – tra l’altro – per il rigetto dell’avversa domanda.

2. Con sentenza in data 12.4.1994 il tribunale di Macerata dichiarava il fallimento di B.B..

Riassunto il giudizio, si costituiva il curatore del fallimento.

3. Con sentenza non definitiva n. 267/2003 l’adito tribunale dichiarava la nullità della scrittura privata di compravendita ai sensi della L. n. 47 del 1985, artt. 18 e 40, nonchè del D.L. n. 90 del 1990, art. 3, comma 13 ter e comma 13 quater, e con separata ordinanza disponeva per l’ulteriore corso istruttorio.

4. Espletata la c.t.u. disposta su istanza del curatore del fallimento, in data 27.10.2008 spiegava volontario intervento F.S.M.A., quale acquirente della quota di 1/2 di spettanza di B.M.G. dell’immobile oggetto della scrittura in data 24.6.1991.

Chiedeva – tra l’altro – ribadirsi la declaratoria di nullità della scrittura del 24.6.1991 ed accertarsi e darsi atto della validità dell’operato acquisto della quota di 1/2 dell’immobile per cui era controversia.

5. Acquisita l’integrazione alla relazione di c.t.u., l’adito tribunale con sentenza definitiva n. 701/2011 – tra l’altro – dichiarava valido l’atto di compravendita siglato da F.S.M.A. e condannava gli attori alla restituzione a costui ed al curatore del fallimento di “(OMISSIS)”.

6. Avverso la sentenza non definitiva e la sentenza definitiva proponevano appello M.G. e M.F..

Resisteva il curatore del fallimento di B.B..

Resisteva F.S.M.A..

Non si costituiva B.M.G..

7. Con sentenza n. 1507 di 20/29.11.2016 la corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della gravata sentenza, in ogni altra parte confermata, rigettava la domanda svolta dal curatore del fallimento di B.B. nei confronti dei principali appellanti e volta ad ottenere il pagamento di una somma di denaro a titolo di indennità di occupazione.

7.1. Evidenziava la corte che unicamente con la seconda comparsa conclusionale gli attori avevano in prime cure, per la prima volta, formulato domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto e delle accertande somme impiegate per i lavori di restauro del complesso immobiliare; che al contempo, con le memorie conclusionali di replica, le controparti avevano espressamente ed efficacemente – in rapporto a giudizio pendente alla data del 30.4.1995 – dichiarato di non accettare in ordine a siffatte nuove domande il contraddittorio; che dunque esulavano dall’ambito del giudizio le domande restitutorie esperite da G. e M.F..

Evidenziava altresì che la sentenza non definitiva non era assolutamente viziata da ultrapetizione; che invero il tribunale ineccepibilmente aveva atteso al rilievo d’ufficio della nullità formale della L. n. 47 del 1985, ex art. 40, inficiante la scrittura in data 24.6.1991.

Evidenziava inoltre che F.S.M.A., avente causa di B.M.G. e dunque successore a titolo particolare nel diritto controverso, aveva piena facoltà di intervenire nel processo; che d’altra parte la nullità del titolo d’acquisto degli attori rendeva vana la temporale antecedenza della trascrizione dell’iniziale loro citazione rispetto al titolo d’acquisto del F.; che in pari tempo la nullità del loro acquisto escludeva qualsivoglia loro interesse alla declaratoria di nullità dell’acquisto di F.S.M.A..

8. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso M.G. e M.F.; ne hanno chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Il curatore del fallimento della “(OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS)” nonchè di B.B. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

F.S.M.A. del pari ha depositato controricorso; analogamente ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria di spese.

B.M.G. non ha svolto difese.

9. Il curatore del fallimento ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., l’ultrapetizione, la violazione della L. n. 1089 del 1939.

Deducono che le controparti giammai hanno formulato eccezioni in ordine alla presunta violazione della L. n. 47 del 1985; che i giudici di merito sono quindi incorsi nel vizio di ultrapetizione, giacchè hanno rilevato ex officio una nullità del tutto estranea alle avverse prospettazioni.

11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., della L. n. 47 del 1985, del D.P.R. n. 380 del 2001, della L. n. 1089 del 1939, del D.L. n. 90 del 1990 e della L. (di conversione) n. 165 del 1990, della L. n. 229 del 1990.

Deducono che, sebbene il dettato dell’art. 101 c.p.c., comma 1, quale introdotto dalla L. n. 69 del 2009 a decorrere dal 4.7.2009, non si applichi, ratione temporis, al caso di specie, nondimeno, allorquando hanno atteso al rilievo officioso della nullità il tribunale di Macerata, dapprima, e la corte di appello di Ancona, poi, hanno violato la garanzia del contraddittorio.

Deducono altresì che la L. n. 47 del 1985, art. 17 è stato abrogato; che l’art. 40 della stessa legge si riferisce ad opere iniziate in epoca anteriore all’1.9.1967 ed è assolutamente pacifico che l’immobile per cui è controversia è stato realizzato da oltre un secolo.

Deducono inoltre che ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 4 bis, hanno provveduto ad integrare ed a confermare il trasferimento di cui alla scrittura del 24.6.1991 con atto del 20.3.2008, con allegato il certificato di destinazione urbanistica n. 020/2008.

12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40, e dell’art. 1478 c.c..

Deducono che l’immobile per cui è controversia, è stato realizzato alla fine del XVIII secolo, sicchè risale ad un’epoca in cui, evidentemente, l’edificazione non era sottoposta a vincoli.

Deducono quindi che è fuor di luogo pretendere l’adempimento al quale la corte d’appello ha correlato la declaratoria di nullità.

13. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 832,922,1325,1470 e 1478 c.c..

Deducono che B.M.G. con la scrittura del 24.6.1991 aveva alienato ad essi ricorrenti la quota di 1/2 di sua spettanza dell’immobile per cui è controversia.

Deducono conseguentemente che l’atto successivo, con cui B.M.G. ha alienato la medesima quota a F.S.M.A., è nullo, perchè l’alienante non era più titolare del diritto trasferito.

Deducono che ha errato la corte distrettuale a ricondurre la successiva vendita allo schema della vendita di cosa altrui.

14. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 105 c.p.c..

Deducono che, in dipendenza della nullità del suo atto di acquisto, F.S.M.A. non era legittimato ad intervenire nel giudizio; che di conseguenza il suo intervento nel processo era inammissibile.

15. Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 167 e 183 c.p.c..

Deducono che, contrariamente all’assunto della corte territoriale, la domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto e delle accertande somme impiegate per i lavori di restauro del complesso immobiliare è stata tempestivamente esperita in primo grado.

Deducono ancora che le controparti si sono limitate ad eccepire il difetto di prova circa l’avvenuto versamento dell’importo di Lire 368.000.000.

16. Il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo sono strettamente connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; i medesimi motivi sono destituiti di fondamento.

17. Per nulla si giustifica la denuncia di ultrapetizione veicolata specificamente dal primo mezzo.

Al riguardo va rimarcato che la corte di Ancona ha dato atto a pagina 11 dell’impugnato dictum, al punto b) – “oggetto del giudizio” – dei “motivi della decisione”, che “a seguito dell’interruzione del processo si costituiva in giudizio la curatela del fallimento eccependo, tra le altre cose, anche la nullità del contratto per le ragioni poi poste a fondamento della prima decisione impugnata”, cioè della sentenza non definitiva n. 267/2003, con la quale, appunto, il tribunale di Macerata aveva dichiarato la nullità della scrittura privata di compravendita ai sensi, tra gli altri, della L. n. 47 del 1985, artt. 18 e 40 (al riguardo cfr. controricorso di F.S. M. A., pag. 18, e controricorso del curatore del fallimento, pag. 19 ss.).

Si badi che il suindicato passaggio del dictum della corte anconetana non è stato specificamente censurato neppure, in particolare, con il primo motivo di ricorso.

Evidentemente il rilievo testè esplicitato, induce a qualificare come “ratio decidendi aggiuntiva” il riferimento, cui la corte marchigiana ha comunque fatto luogo, all’insegnamento (relativo a fattispecie contenziosa che, al pari della presente, aveva avuto inizio in epoca antecedente al 30.4.199.5) n. 26242 del 12.12.2104 delle sezioni unite di questa Corte, insegnamento che appieno legittima il rilievo officioso della nullità (e secondo cui, appunto, il rilievo “ex officio” di una nullità negoziale – sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o “di protezione” – deve ritenersi consentito, semprechè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione più liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per ciò solo, negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poichè tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale).

18. La circostanza – riflessa nel passaggio motivazionale, di cui al punto b) dei “motivi della decisione”, dapprima testualmente riferito – per cui la curatela del fallimento aveva espressamente eccepito la nullità ex L. n. 47 del 1985 della scrittura in data 24.6.1991, rende del tutto ingiustificata la prefigurata violazione, correlata al disposto dell’art. 101 c.p.c., comma 2, della garanzia del contraddittorio.

Tanto ben vero a prescindere dall’inapplicabilità, ratione temporis, dell’art. 101 c.p.c., comma 2, quale introdotto dalla “novella” del 2009.

19. Non merita seguito alcuno l’assunto dei ricorrenti a tenor del quale la L. n. 47 del 1985, art. 40, non sarebbe applicabile alla fattispecie, siccome da riferire ad ipotesi in cui la compravendita sia stata siglata per atto pubblico, ipotesi da cui esulerebbe la fattispecie de qua, in cui viceversa la vendita immobiliare è stata stipulata con scrittura privata (cfr. ricorso, pag. 77).

E’ sufficiente porre in risalto che l’art. 40 cit., comma 2, nell’incipit, fa riferimento tout court a “gli atti tra vivi”, id est prescinde da qualsivoglia riferimento alla “veste” formale dell’atto inter vivos (a sua volta la L. n. 47 del 1985, art. 17, relativo – diversamente dall’art. 40 cit. – ad edifici o a loro parti la cui costruzione è iniziata successivamente all’entrata in vigore della L. n. 47 del 1985, è stato, sì, abrogato dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 136, comma 2, lett. f) e nondimeno il suo testo è sostanzialmente riprodotto al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46).

20. E’ indubitabile che “(OMISSIS)” è stata edificata alla fine del XVIII secolo.

E nondimeno, per un verso, è fuor di contestazione che la scrittura privata che B.B. e B.M.G., in qualità di alienanti, e M.G. e M.F., in qualità di acquirenti, ebbero in data 24.6.1991 a stipulare, non si conforma (il testo è riprodotto alle pagg. 5 e 6 del ricorso) al disposto dell’art. 40, comma 2, seconda parte, della L. n. 47 del 1985, ove è sancito che “per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, (…) attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967” e ove si soggiunge che “tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo”.

E nondimeno, per altro verso, a nulla vale che i ricorrenti adducano, segnatamente con il terzo mezzo, che il summenzionato adempimento, ossia la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, può essere assolto unicamente dal proprietario o altro avente titolo (cfr. ricorso, pag. 80).

Invero l’art. 40 cit., comma 3, aggiunge che, se la mancanza della dichiarazione sostitutiva di atto notorio – da inserirsi o da allegarsi all’atto inter vivos avente ad oggetto, tra l’altro, la compravendita di un diritto reale – non è dipesa “dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967”, l’atto inter vivos può essere confermato “anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente”, che contenga la menzione omessa o al quale sia allegata la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Ebbene, innegabilmente, a siffatta specifica “conferma” non risulta che G. e M.F. abbiano atteso, così come, viceversa, avrebbero dovuto e così come ha dato conto la corte di “seconde cure” (cfr. sentenza d’appello, pag. 15).

E nondimeno, per altro verso ancora, a nulla vale che i ricorrenti adducano, segnatamente con il secondo mezzo, che “con atto di convalida ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30, comma 4 bis, (…) hanno proceduto, con atto 20.03.2008 (…) unilateralmente a sanare la lamentata omissione, provvedendo ad “integrare e confermare il trasferimento (…), allegando (…) l’originale del certificato di destinazione urbanistica n. 020/08 (…)”” (così ricorso, pag. 78).

Invero il disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 4 si correla agli atti di cui al medesimo art. 30, comma 2, ove propriamente sono contemplati “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni”.

Ebbene non si nega che la scrittura privata siglata in data 24.6.1991 ha ad oggetto un complesso immobiliare – “(OMISSIS)” – comprensivo pur di un parco della superficie di circa mq. 15.000. E però il cespite che ne costituisce precipuamente l’oggetto è l’edificio della fine del XVIII secolo, edificio censito al foglio 6, particella 39 del nuovo catasto edilizio urbano (cfr. ricorso, pagg. 5 e 6, ove è riprodotto il testo della scrittura).

21. Il quarto motivo è del pari destituito di fondamento.

Evidentemente la nullità della scrittura del 24.6.1991 è tale che la “legittimazione sostanziale” di (id est, la titolarità del diritto di 1/2 in capo alla comproprietaria) B.M.G. permaneva impregiudicata, senza soffrire menomazioni di sorta, allorchè costei ebbe, successivamente, ad alienare la quota di 1/2 di sua spettanza dell’immobile per cui è controversia, a F.S.M.A..

Del tutto ingiustificato è perciò l’assunto dei ricorrenti secondo cui “l’atto stipulato tra la B. e il F. è nullo perchè la B. non poteva trasferire l’oggetto della vendita non avendone la proprietà per averlo già venduto” (così ricorso, pag. 81).

In questo quadro, segnato dalla piena spettanza a B.M.G. della quota di 1/2 della piena proprietà di “(OMISSIS)”, non è, in ogni caso, per nulla pertinente evocare o riflettere in ordine al sottotipo della vendita di cosa altrui.

22. Il quinto motivo è parimenti destituito di fondamento.

In dipendenza della nullità della scrittura del 24.6.1991 B.M.G. validamente ed efficacemente ha – successivamente – alienato a F.S.M.A. la quota di 1/2 di sua spettanza della piena proprietà di “(OMISSIS)”.

Per nulla si giustifica perciò l’asserita inammissibilità dell’intervento in giudizio dell’acquirente.

Invero si è indiscutibilmente al cospetto di un’ipotesi di “successione a titolo particolare nel diritto controverso” ed è innegabile che il successore a titolo particolare nel diritto controverso, non avendo una posizione processuale e sostanziale distinta da quella del suo dante causa, può in ogni caso intervenire o essere chiamato in causa (cfr. Cass. 17.7.2012, n. 12305, secondo cui la successione a titolo particolare nel diritto controverso, di cui all’art. 111 c.p.c., alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dal principio del giusto processo, coniugato con il diritto di difesa (artt. 111 e 24 Cost.), si ha indipendentemente dalla natura, reale o personale, dell’azione fatta valere tra le parti originarie, dovendosi garantire all’acquirente, il quale intenda intervenire nel processo, le stesse possibilità di difesa spettanti al suo dante causa contro le deduzioni avversarie, e potendosi, invece, rivelare per lo stesso acquirente pregiudizievole la soggezione all’efficacia riflessa della sentenza “inter alios”, impugnabile soltanto nell’ambito delle difese esercitate dall’alienante; ne consegue che l’acquirente di un immobile deve essere considerato successore nel diritto controverso, agli effetti dell’art. 111 c.p.c., nel processo avente ad oggetto la validità, la risoluzione o l’esecuzione di un contratto preliminare, relativo allo stesso bene, stipulato in precedenza tra il dante causa ed un terzo; Cass. 27.2.1991, n. 2108; Cass. sez. un. 26.8.2019, n. 21690, secondo cui, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., comma 3, il successore a titolo particolare nel diritto controverso può intervenire o essere chiamato in causa in ogni grado o fase del processo, sicchè la chiamata non soggiace alle forme e ai termini prescritti dall’art. 269 c.p.c.).

23. Il sesto motivo è analogamente destituito di fondamento.

A fronte del rilievo della corte d’appello, secondo cui gli attori avevano in primo grado unicamente con la seconda comparsa conclusionale per la prima volta invocato la restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto e delle accertande somme impiegate per i lavori di restauro, le prospettazioni (cfr. ricorso, pagg. 83 – 84) dei ricorrenti – iniziali attori – secondo cui le domande de quibus “sono state ritualmente e tempestivamente proposte” e secondo cui “le controparti hanno sollevato la sola eccezione di ritenere “sfornite di qualsiasi prova” la circostanza del versamento (…) dei 368.000.000″, sono del tutto generiche, oltrechè per nulla rispondenti al parametro dell'”autosufficienza”.

Si badi che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al Giudice di legittimità qualora sia denunciato – è il caso del sesto motivo – un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dagli oneri correlati alle regole della specificità e dell'”autosufficienza”, quali positivamente sancite all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 ed al n. 6, (cfr. Cass. (ord.) 29.9.2017, n. 22880; Cass. 20.9.2006, n. 20405).

E’ significativo porre in risalto, d’altronde, che, al fine di corroborare i loro assunti, i ricorrenti fanno espressamente riferimento alla seconda comparsa conclusionale di primo grado (“nella seconda comparsa conclusionale del primo grado viene ricordato come (…)”: così ricorso pag. 84; “nella stessa comparsa si rassegnavano le conclusioni perchè il Tribunale volesse (…)”: così ricorso, pag. 84).

E tuttavia in tal guisa danno riscontro alle affermazioni della corte di merito circa la tardiva – unicamente con la seconda comparsa conclusionale in prime cure – formulazione delle domande restitutorie de quibus, in merito alle quali “le controparti hanno espressamente dichiarato di non accettare il contraddittorio” (così sentenza d’appello, pag. 13).

24. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare al controricorrente curatore del fallimento le spese del giudizio di legittimità nonchè le spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c.; la liquidazione segue come da dispositivo.

In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno in solido condannati a rimborsare al controricorrente F.S.M.A. le spese del giudizio di legittimità; la liquidazione del pari segue come da dispositivo.

B.M.G. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto nei suoi confronti assunta.

25. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

condanna in solido i ricorrenti, M.G. e M.F., a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della “(OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS)” nonchè del fallimento di B.B., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

condanna in solido i ricorrenti, M.G. e M.F., a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento della “(OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS)” nonchè del fallimento di B.B., le spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c., che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

condanna in solido i ricorrenti, M.G. e M.F., a rimborsare al controricorrente, F.S.M.A., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, M.G. e M.F., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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