Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17580 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. II, 23/08/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 23/08/2011), n.17580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C. C.F. (OMISSIS) (DECEDUTO), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 211, presso lo studio dell’avvocato

CAPECCI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIZZUTELLI

VINCENZO;

– ricorrente –

contro

P.U. C.F. (OMISSIS), P.S. C.F.

(OMISSIS), B.D. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASALE STROZZI 31, presso lo

studio dell’avvocato GAMBA ENRICO, rappresentati e difesi dagli

avvocati PICCHI FERNANDO, ABBATE FILIBERTO;

– controricorranti –

avverso la sentenza n. 1670/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato Pizzutelli Vincenzo difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del 7

motivo, assorbiti gli altri motivi del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 4.12.97 P.U. e B.D. chiedevano al Pretore di Frosinone di essere reintegrati nel possesso di una servitù di passaggio, pedonale, con animali da soma e con mezzi meccanici, che assumevano aver esercitato per circa quaranta anni, in agro di (OMISSIS), su uno stradello largo circa due metri, attraversante il fondo di proprietà di C. P., per raggiungere il proprio dalla via pubblica, lamentando di esserne stati spogliati dal suddetto mediante la costruzione di un muro in cemento ostruente il relativo tracciato.

Si costituiva e resisteva l’intimato, eccependo che il muro era stato realizzato nel novembre del 1996 su un vecchio tratture largo soltanto mezzo metro e che i ricorrenti accedevano dalla strada al loro fondo mediante altro passaggio diretto.

La domanda veniva disattesa sia in fase sommaria, sia, all’esito del giudizio di merito, con sentenza n. 1255/02 del Tribunale di Frosinone, nelle more subentrato al Pretore. Proposto appello dai soccombenti, tramite la comune procuratrice generale P.S., resistito dall’appellato, la Corte d’Appello di Roma con sentenza 10/1 l/04-13/4/05, in riforma di quella impugnata, accoglieva la domanda di reintegrazione, con il favore delle spese del doppio grado, limitatamente alla servitù pedonale, ritenendone provato il relativo possesso, sia dalle sostanziali ammissioni del resistente, significative anche dell’animus spoliandi, sia dall’esito complessivo della prova testimoniale, che pur depurata da profili di inattendibilità connessi ai rapporti di parentela e affinità tra i testi e le parti e da discordanze varie, aveva fornito dati convergenti, segnatamente attraverso le deposizioni dei soli due testi indifferenti, in ordine all’esercizio del passaggio, esclusivamente a piedi, in funzione delle esigenze agricole del fondo servente. Contro la suddetta sentenza P.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.

Hanno resistito con controricorso, P.S., P.U. e B.D..

I controricorrenti hanno prodotto certificato di morte di P. C..

Il difensore di quest’ultimo ha, infine, depositato una memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto dichiarata l’irrilevanza, ai fini della prosecuzione del processo, della morte del ricorrente, verificatasi in data 20.7.06, dopo la proposizione del ricorso, tenuto conto del consolidato principio, secondo cui nel giudizio di cassazione, caratterizzato da preminente carattere di ufficialità, non si applica il regime relativo agli eventi interruttivi di cui agli artt. 299 e segg.

c.p.c., proprio dei giudizi di merito (tra le tante, v. Cass. nn. 4233/07, 5626/02, 870/00).

Deve inoltre rilevarsi l’inammissibilità della costituzione, quale controricorrente di P.S., che ha partecipato al giudizio di secondo grado non in proprio, ma quale procuratrice speciale di P.U. e B.D., i quali, tuttavia, hanno direttamente conferito, con procura a margine del controricorso, mandato a resistere al comune difensore, rendendo così superflua la partecipazione al presente giudizio della suddetta procuratrice, che, non titolare di alcuna posizione sostanziale implicata nella controversia, risulta pertanto carente di legittimazione.

I controricorrenti hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità dei ricorso, per intervenuta acquiescenza alla sentenza impugnata, desumibile da una precedente comunicazione a mezzo “fax” del loro procuratore e difensore della fase di merito, con la quale si faceva presente che P.C., nel chiedere una “breve dilazione ” per il pagamento delle spese, intendeva “onorare l’ordine del Giudice … cercando soluzioni che, allo stato, sono difficili da trovare” e che, comunque, sarebbero state oggetto di successiva informazione.

L’eccezione non è meritevole di accoglimento, considerato che l’ottemperanza alla sentenza di secondo grado, che nella specie è stata peraltro solo parziale (non risultando anche osservato il provvedimento restitutorio), non ha comportato il riconoscimento della fondatezza dell’avversa pretesa o, comunque, l’inequivoca manifestazione di abdicazione dalla facoltà d’impugnazione (che, comunque, avrebbe dovuto provenire dalla parte personalmente, e non dal difensore), essendo motivata dall’esigenza, derivante dall’immediata esecutività della subita condanna e dalla connessa finalità di evitare azioni esecutive, come peraltro chiarito nella successiva comunicazione del difensore del ricorrente del 24.1.06 (prodotta con la memoria illustrativa, ritualmente ex art. 372 c.p.c., attenendo all’ammissibilità del ricorso), precisante che il pagamento era stato eseguito con tali finalità, “salvo ed impregiudicato ogni diritto di impugnazione”.

Passando all’esame del ricorso, va esaminato con priorità, per l’evidente carattere pregiudiziale rispetto alle rimanenti questioni, il settimo motivo, con il quale si denuncia ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 156 c.p.c., comma 2, con conseguente insanabile nullità dell’atto di appello e della sentenza, non risultando essere stato conferito da S. P. il mandato, all’avvocato Filiberto Abbate, a proporre il gravame avverso la sentenza di primo grado.

La censura risulta fondata ex actis (direttamente esaminabili da questa Corte, in ragione della natura processuale del motivo d’impugnazione), atteso che nell’atto di appello notificato il 22.5.04 (il cui originale non è presente nel fascicolo di parte allegato alla produzione dei controricorrenti, mentre in atti vi sono la copia conforme notificata all’appellato, prodotta dal ricorrente, e quella allegata al fascicolo di ufficio di secondo grado), pur menzionandosi nell’intestazione “il mandato ad litem a margine del presente atto ..”, che la procuratrice speciale degli attori (qualità questa invece documentata) avrebbe conferito all’avvocato Filberto Abbate, tuttavia nè a margine, nè in calce vi è traccia di siffatta procura. L’atto di citazione in appello deve pertanto essere dichiarato nullo, in quanto proposto da un unico legale, privo di poteri di rappresentanza processuale delle parti asseritamente appellanti, neppure rinvenibili nel processo di primo grado, nel quale le stesse erano state rappresentate e difese da un diverso avvocato.

Da quanto segue consegue l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto proposta da soggetto privo di concreto ius postulandi, in ordine alla quale non può configurarsi alcuna ipotesi di “sanatoria”, in questa sede invocata dai controricorrenti, non tanto perchè non si vede come l’atto invalido possa aver conseguito il suo scopo ex art. 156 c.p.c. (tanto più che nessuna tempestiva ratifica risulta allegata), ma, più radicalmente, in considerazione della non applicabilità della suddetta disposizione alla sanzione processuale dell’inammissibilità del gravame che, rilevabile anche di ufficio ed in sede di legittimità, aveva comportato l’irreversibile effetto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Restando assorbiti tutti i rimanenti motivi di ricorsola sentenza impugnata va cassata senza rinvio, con diretta pronunzia in questa sede ex art. 384 c.p.c., comma 1, u.p. della rilevata inammissibilità.

Le spese del presente giudizio e di quello di secondo grado, infine, vanno posti a carico dei soccombenti P.U. e D. B..

PQM

La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata senza rinvio pronunziando sull’appello, lo dichiara inammissibile.

Condanna i controricorrenti P.U. e B.D. al rimborso delle spese processuali in favore del ricorrente, liquidandole in complessivi Euro 2.200, 00 di cui 200 per esborsi per il presente giudizio ed in complessivi Euro 1.450, 00, di cui 100 per esborsi e 400 per diritti, per quello di appello.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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