Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17574 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. lav., 28/06/2019, (ud. 13/12/2018, dep. 28/06/2019), n.17574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21758-2014 proposto da:

ENEL ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI GIUSEPPE GENTILE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUIGI CARBONE;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

contro

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

58, presso lo studio dell’avvocato SAVINA BOMBOI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato BRUNO COSSU;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 732/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/06/2014 R.G.N. 1914/2009.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Milano ha accolto in parte il gravame proposto da L.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città e, accertato il demansionamento protrattosi dal marzo 2004 fino al luglio 2006, quando era stato licenziato, ha condannato Enel Energia s.p.a. al risarcimento del danno non patrimoniale che ha quantificato in Euro 150.000,00. Ha confermato, invece, la sentenza impugnata nella parte in cui era stata accertata la legittimità del licenziamento intimato nel luglio 2006.

2. La Corte di merito ha ritenuto che il licenziamento era stato intimato per effetto dell’accertata violazione dell’art. 2105 c.c. essendo risultato provato che il L. aveva partecipato alla costituzione di una società (la Eccellentia s.r.l.) il cui oggetto sociale e bacino socio geografico di incidenza erano in parte coincidenti con quello della società datrice di lavoro. Inoltre era stata accertata l’utilizzazione, per la realizzazione di interessi personali del lavoratore, di personale di una società del gruppo, la Iridea, presso la quale il L. era stato distaccato. Il giudice di appello ha escluso la natura ritorsiva del recesso atteso che non era stata offerta alcuna prova dell’esistenza di un motivo illecito esclusivo e determinante. Con riguardo all’accertato demansionamento, invece, il giudice di secondo grado ha ritenuto che per effetto della riorganizzazione della società presso la quale il lavoratore era stato distaccato nel 2001 gli erano state sottratte le funzioni di fatturazione e credito su un segmento rilevante di clientela e gli era stato affidato un progetto (sul teleselling) di minor rilievo in ambito aziendale e con responsabilità del tutto diverse rispetto a quelle in precedenza di sua competenza tanto che, successivamente, lo stesso incarico fu affidato ad un dipendente inquadrato nella qualifica di quadro. Pertanto, sulla base delle risultanze della disposta consulenza medico legale che aveva quantificato il danno biologico nella misura del 33%, e tenuto conto di concorrenti fattori non addebitabili alla società datrice e delle ulteriori componenti del danno non patrimoniale (esistenziale e morale) lo ha quantificato complessivamente in Euro 150.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla sentenza al saldo tenuto conto della durata della dequalificazione e del ruolo e della posizione gerarchica rivestita in azienda dal L..

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso Enel Energia s.p.a. affidato a due motivi. L.A. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con cinque motivi. Enel Energia s.p.a. ha opposto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale in relazione alla sua notificazione presso la sede di altra società del gruppo.

4.1. Ritiene il Collegio che il ricorso sia ammissibile atteso che la richiesta di notifica, del 29 ottobre 2014 era stata correttamente indirizzata alla società Enel Energia s.p.a. e, per un errore imputabile all’agente postale era stata invece eseguita nella sede di Enel Servizi s.r.l. (il 4 novembre 2014). Il ricorrente incidentale, quindi, preso atto dell’errore (in data 12 dicembre 2014), ha provveduto tempestivamente ad una nuova notifica, notifica che è andata a buon fine in data 30 dicembre 2014. In tal modo il ricorrente si è attenuto alla regola dettata da questa Corte che ha affermato che “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Cass. s.u. 15/07/2016 n. 14594).

5. Con il primo motivo del ricorso principale è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo prospettato e dibattuto nel giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e la nullità della sentenza in relazione alla motivazione solo apparente della stessa con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

5.1. Sostiene il ricorrente che la Corte di appello avrebbe omesso di investigare sull’effettiva portata dei compiti affidati al L. fissando la data del demansionamento all’inizio del 2005 quando questi era ancora responsabile della “gestione contatto clienti”. Sottolinea poi che la sentenza avrebbe trascurato di considerare che, sebbene per la gestione dell’attività di teleselling il L. non dovesse avvalersi di molti collaboratori, tuttavia si trattava di attività ad ampia ripercussione proiettata sul coordinamento di molteplici strutture esterne di partners con mobilitazione e governo di varie centinaia di risorse umane evidenziando che, peraltro, prima del licenziamento egli non si era mai doluto di un demansionamento.

6. La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata.

6.1. Osserva il Collegio che la società ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e che la censura deve confrontarsi con il testo novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 della citata disposizione che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La disposizione impone pertanto al ricorrente che se ne voglia avvalere di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il “fatto storico”, il cui esame si pretenda omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Ed infatti l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo nel caso in cui il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. In sostanza, come è stato ripetutamente affermato da questa Corte (si veda per tutte Cass. s.u. 07/04/2014 n. 8053), il sindacato di legittimità sulla motivazione è stato ridotto al “minimo costituzionale” ed è denunciabile in cassazione solo quell’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. ult. cit.).

6.2. Orbene nel caso in esame più che denunciare la mancata valutazione da parte del giudice di appello di un fatto che, se preso in considerazione, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio, Enel Energia s.p.a. prospetta come decisive una serie di circostanze che si risolvono nella pretesa di un diverso apprezzamento dei fatti (valutazione qualitativa del servizio di teleselling affidato al L. piuttosto che quantitativa del numero di persone a suo riporto), presi in esame dalla sentenza ma ritenuti significativi dell’esistenza del demansionamento denunciato. La Corte territoriale ha infatti accertato il depauperamento progressivo avendo preso in esame le responsabilità affidate nel tempo al L. sia in termini quantitativi (numero di persone gestite, ampiezza del fatturato estensione all’esterno della responsabilità) sia in termini qualitativi ed, esaminando compiutamente queste circostanze e le disposizioni organizzative che le sorreggevano, ha individuato il momento in cui tale progressivo svuotamento della responsabilità si era manifestato con chiarezza proprio in quella modifica dell’organigramma del 2005, contenuta nella disposizione organizzativa del 18 marzo 2004 n. 71. Nè la circostanza che il L. non si fosse doluto di tale modifica appare in sè decisiva per dimostrare, come suggerisce la società, che si trattava di una riorganizzazione che non comprometteva la sua professionalità.

6.3. In definitiva si tratta di un apprezzamento dei fatti che è riservato al giudice di merito e che non è censurabile davanti a questa Corte se non nei limiti sopra indicati di cui nella specie non ricorrono i presupposti sicchè per tale profilo la censura è inammissibile.

6.4. E’ invece infondata la censura sotto il profilo della violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Pur non essendo deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, tuttavia i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. tra le tante Cass. n. 22598 del 25/09/2018). Nel caso in esame la motivazione c’è ed è tutt’altro che apparente poichè ricostruisce con chiarezza i fatti e da conto del percorso logico e giuridico seguito per pervenire alla decisione che oggi viene contestata.

7. Con il secondo motivo di ricorso principale è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043 e 2059 c.c. ed, in genere, delle norme e della giurisprudenza sul danno non patrimoniale da demansionamento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed ancora una volta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

7.1. Osserva la società che la sentenza non tiene conto del fatto che del danno doveva essere allegata l’esistenza e offerta la prova, anche solo presuntiva, e con riguardo al danno morale sostanzialmente lo ritiene in re ipsa conseguente all’accertato demansionamento. Quanto al danno biologico sottolinea che la consulenza ha posto il disturbo depressivo maggiore cronico di grado grave accertato in correlazione con il licenziamento di cui la Corte territoriale ha accertato la giustificatezza e non con il demansionamento che invece avrebbe ritenuto provato. Con riguardo alla quantificazione del danno, poi, deduce che sarebbero state poste a confronto grandezze non omogenee e non sarebbe stato chiarito in che modo si è proceduto alla personalizzazione del danno sebbene si affermi di averne tenuto conto. Conseguentemente il giudice di appello avrebbe abusato dei poteri equitativi conferitigli e la sentenza sarebbe del tutto carente di motivazione con riguardo alle modalità di liquidazione del danno.

8. Anche il quinto motivo del ricorso incidentale investe il capo della decisione con il quale è stato accertato il danno conseguente al demansionamento e si deduce che la Corte di merito avrebbe trascurato di esaminare la domanda di risarcimento del danno patrimoniale formulata sin dal primo grado, disattesa dal primo giudice che aveva escluso l’esistenza di una dequalificazione, e riproposta in appello. In tal modo la sentenza sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronuncia denunciato.

9. Le censure sono fondate nei termini di seguito esposti.

9.1. La censura con la quale si deduce nella sostanza l’insussistenza di un nesso causale tra il demansionamento ed il danno biologico accertato è generica poichè della consulenza riporta solo i quesiti formulati e le conclusioni, senza trascrivere il contenuto delle argomentazioni cliniche. Va rilevato inoltre che la censura trascura di considerare che la Corte, proprio sulla base della ricostruzione del consulente, analizzata l’evoluzione della situazione del L. ivi compreso il suo progressivo demansionamento, con una valutazione complessiva dei fatti come accertati in giudizio, ha individuato nel licenziamento un elemento scatenante della patologia accertata dal consulente ed ha ritenuto che la stessa fosse il frutto di una situazione maturata nel tempo anche per effetto di fattori concomitanti.

9.2. Si tratta di ricostruzione riservata al giudice di merito che non risulta adeguatamente censurata dalla società ricorrente e che, perciò, sotto tale profilo deve essere confermata.

9.3. Va invece dichiarata la nullità della sentenza per aver trascurato di precisare in che termini e con quali modalità ha personalizzato il danno pervenendo alla quantificazione che viene contestata.

9.4. Come è noto nella liquidazione del danno non patrimoniale non è consentito, in mancanza di criteri stabiliti dalla legge, il ricorso ad una liquidazione equitativa pura, non fondata su criteri obiettivi, i soli idonei a valorizzare le singole variabili del caso concreto e a consentire la verifica “ex post” del ragionamento seguito dal giudice in ordine all’apprezzamento della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo, dovendosi ritenere preferibile, per garantire l’adeguata valutazione del caso concreto e l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, l’adozione del criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, al quale la S.C. riconosce la valenza, in linea generale e nel rispetto dell’art. 3 Cost., di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salva l’emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l’abbandono (cfr. tra le altre Cass. 15/05/2018 n. 11754 e 15/10/2015n. 20895). In sostanza il danno alla salute, temporaneo o permanente, in assenza di criteri legali va liquidato in base alle cosiddette tabelle diffuse del tribunale di Milano, salvo che il caso concreto presenti specificità, che il giudice ha l’onere di rilevare, accertare ed esporre in motivazione, tali da consigliare o imporre lo scostamento dai valori standard (cfr. Cass. 20/04/2017 n. 9950).

9.5. Nel caso in esame la motivazione della sentenza non solo non contiene alcun riferimento alle Tabelle citate ma neppure spiega le ragioni della quantificazione del danno sicchè la sentenza sul punto deve esser cassata.

9.6. Sempre con riguardo al danno va poi evidenziato che la sentenza omette del tutto di pronunciare sulla domanda, formulata in primo grado e reiterata in appello, di risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla dequalificazione (cfr. pag. 9 in nota e pag. 16 del ricorso in cassazione). Anche per tale aspetto la sentenza deve perciò essere cassata e rinviata alla Corte di merito perchè esamini la domanda.

10. Per le medesime ragioni indicate al punto precedente sono poi fondati il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso incidentale.

10.1. Il giudice di appello, infatti, non ha pronunciato sulle domande di condanna al pagamento dell’indennità sostitutiva di ferie non godute, di pagamento del bonus relativo alle stock options esercitate e di rifusione della somma di Euro 3.264,59 per oneri accessori relativi all’appartamento di servizio sebbene tali domande fossero state ritualmente introdotte in primo grado e riproposte in appello.

11. E’, invece, infondato il primo motivo del ricorso incidentale con il quale il L. deduce che la Corte di merito, in violazione dell’art. 112 c.p.c. avrebbe esaminato il licenziamento solo sotto il profilo della sua ingiustificatezza ma non avrebbe indagato sulla denunciata mancanza di una giusta causa di recesso e sulla conseguente domanda di condanna al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

11.1. Va premesso che la censura è sufficientemente specifica e che la Corte è autorizzata alla consultazione degli atti essendo stato denunciato un error in procedendo.

11.2. Venendo all’esame del merito della doglianza va qui ribadito che la giusta causa, che esonera il datore di lavoro dall’obbligo di concedere il preavviso o di pagare l’indennità sostitutiva, non coincide con la giustificatezza, che esonera il datore di lavoro soltanto dall’obbligo di pagare l’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva. La giusta causa consiste in un fatto che, valutato in concreto, determina una tale lesione del rapporto fiduciario da non consentire neppure la prosecuzione temporanea del rapporto mentre la giustificatezza attiene alla particolare intensità del rapporto fiduciario con il dirigente per cui anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o un’importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano delle disciplina contrattuale dello stesso (cfr. Cass. 10/04/2012 n. 5671). In sostanza ai fini della “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, è rilevante qualsiasi motivo che lo sorregga, con motivazione coerente e fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto, atteso che non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribuiti al dirigente (cfr. Cass. 17/03/2014 n. 6110).

11.2. Ne consegue che in un caso, come quello in esame, in cui la Corte abbia già accertato la legittimità del licenziamento correttamente ha poi ritenuto assorbita l’ulteriore indagine.

12. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, vanno respinti il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo di quello incidentale mentre devono essere accolte per il resto e nei sensi di cui in motivazione le altre censure formulate dal ricorrente principale e da quello incidentale e la sentenza, cassata, va rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. L’accoglimento, seppure parziale del ricorso principale e di quello incidentale esonera i ricorrenti dal versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il secondo motivo del ricorso principale ed il secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso incidentale. Rigetta il primo motivo del ricorso principale e di quello incidentale. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA