Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1757 del 23/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2019, (ud. 17/09/2018, dep. 23/01/2019), n.1757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18315-2011 proposto da:

SOCIETE’ GENERALE SA FILIALE DI MILANO in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO

ANGELO FOCHETTI 29, presso lo studio dell’avvocato GAETANO ARNO’,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 18/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso, assorbiti gli altri;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROMANO per delega dell’Avvocato

ARNO’ che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Societè Generale s.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 53/15/2010, depositata il 18.05.2010 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Ha riferito che la società è una banca di diritto francese con sede legale e amministrativa a Parigi, operante in Italia attraverso una sede secondaria (Branch), con rappresentanza stabile in Milano.

A seguito di una verifica fiscale condotta da funzionari del competente ufficio lombardo sul periodo d’imposta 2002, l’Agenzia delle Entrate notificava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con il quale erano contestate una serie di violazioni fiscali per un importo complessivo di Euro 911.886,91 con riguardo alla indeducibilità di costi quanto all’Irpeg e all’Irap e, quanto all’Iva, per mancata regolarizzazione di fatture di acquisto per operazioni di cartolarizzazione di crediti, nonchè per omessa applicazione dell’imposta a prestazioni di servizi a società terze.

Poichè a seguito del suddetto atto impositivo era disconosciuta la perdita ai fini Irpeg di Euro 842.590,00 -relativa all’esercizio 2002 e riportata dalla società nell’anno d’imposta 2003-, l’Ufficio notificava alla contribuente l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) riferito all’esercizio 2003, contestando la riportabilità della suddetta perdita Irpeg, nonchè l’omessa contabilizzazione di ricavi ai sensi dell’art. 76, comma 5, TUIR per Euro 59.259,83.

La società, contestando l’avviso di accertamento relativo all’anno 2002 nonchè quello relativo all’anno 2003, proponeva separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano. Il giudice di primo grado, che con riguardo all’impugnazione dell’atto impositivo relativo all’anno d’imposta 2002 aveva accolto parzialmente il ricorso della contribuente con sentenza n. 395/11/2007, accoglieva anche quello relativo all’anno 2003 con sentenza n. 396/11/2007. Avverso la pronuncia l’Amministrazione adiva la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con la sentenza ora impugnata accoglieva l’appello confermando integralmente l’atto di accertamento.

La società censura con tre motivi la sentenza:

con il primo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1986, artt. 36 e 62, nonchè dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, invocando la nullità della sentenza per motivazione apparente;

con il secondo per falsa applicazione del D.Lgs. n. 917 del 1986, dell’art. 109 (già art. 75) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo a taluni costi ritenuti indeducibili e ripresi a tassazione nonchè all’accertamento di maggiori ricavi in relazione all’accordo infragruppo di Export Finance;

con il terzo per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

In conclusione ha chiesto la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale statuizione.

Si è costituita l’Amministrazione, contestando i motivi della difesa avversa e chiedendo il rigetto del ricorso.

E’ stata depositata memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. dalla ricorrente.

All’udienza pubblica del 17 settembre 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti hanno concluso. La causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, con il quale la società si duole della nullità della sentenza per motivazione apparente, è fondato.

Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre non solo allorquando il giudice di merito abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ma anche quando li abbia indicati senza una loro approfondita disamina logica o giuridica (cfr. Cass., ord. n. 9105/2017), o, ancora, quando la stessa disamina verta su principi generali e fattispecie astratte, senza però ricondurre il ragionamento all’esame della fattispecie concreta oggetto di controversia. Si è anzi riconosciuto l’apparenza della motivazione quando, benchè graficamente esistente, non sia chiaro il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, così che sià lasciato all’interprete il compito di integrazione con varie e ipotetiche congetture (Sez. U, sent. n. 22232/2016). Ciò accade anche in quelle ipotesi in cui le questioni prospettate siano pertinenti ed idonee quale materiale di base per altre e successive argomentazioni. Nello sviluppo della motivazione tuttavia tali successive argomentazioni devono seguire, poichè nella tessitura logica della ricostruzione della fattispecie e nella sua valutazione giuridica sono esse a sorreggere infine la decisione del caso concreto. Se mancanti, è l’intero processo motivazionale che viene meno, emergendo un vizio processuale. D’altronde si reputa mancante del requisito previsto dall’art. 132 co. 1, n. 4 c.p.c., e pertanto nulla, la sentenza la cui motivazione consista nel dichiarare sufficienti i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, senza indicare le ragioni giuridiche o fattuali che il giudice abbia condiviso nel caso concreto (Cass., sent. n. 7402/2017).

In conclusione è necessario che siano percepibili le ragioni della decisione in rapporto al caso concreto, cioè che siano percepibili le argomentazioni obiettivamente idonee a far conoscere l’iter logico seguito dal giudice per la formazione del suo convincimento, al fine di un effettivo controllo sull’esattezza e pertinenza del ragionamento, in assenza del quale – a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale implica una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integrando un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione.

Nel caso di specie le contestazioni mosse con riguardo all’accertamento relativo all’anno d’imposta 2003 riguardavano l’omessa contabilizzazione di ricavi ai sensi dell’art. 76, comma 5 TUIR per l’importo di Euro 59.259,83, e la riportabilità della perdita di Euro 842.590,00 riferibile all’Irpeg 2002. E’ altrettanto incontroverso poi, perchè analiticamente esposto tanto nel ricorso della società quanto nel controricorso della Agenzia, che a seguito della verifica fiscale relativa all’anno 2002 con l’atto impositivo furono contestate numerose violazioni. In particolare, ai fini Irpeg e Irap la deducibilità delle commissioni pagate dalla sede secondaria milanese (branch) alla casa madre quale corrispettivo della garanzia, prestata da quest’ultima, sui crediti erogati per importi superiori a USD 20.000.000 (cd. Commissioni Aginter), spesa non riconosciuta perchè ritenuta ad esclusivo beneficio della casa madre; la deducibilità di costi relativi a fatture ricevute e contabilizzate nell’anno 2002, ritenute invece di competenza del 2001; la deducibilità di costi per servizi di varia natura ritenuti non inerenti alla attività svolta dalla SG Milano; la deducibilità di spese per l’acquisto di auto aziendali e formazione del personale per errata quantificazione dell’importo ammesso in deduzione; l’omessa contabilizzazione di parte delle commissioni attive spettanti alla SG Milano per servizi resi alla casa madre; la deducibilità di oneri sociali relativi a contributi dovuti ai lavoratori della sede secondaria ma non residenti. Per mera completezza, atteso che al presente giudizio sono estranee le questioni relative all’Iva, ai fini dell’imposta comunitaria fu contestata la mancata regolarizzazione di alcune fatture di acquisto relative ad operazioni di cartolarizzazione di crediti, per le quali l’amministrazione ha ritenuto inapplicabile il regime di esenzione iva; l’omessa applicazione dell’iva su prestazioni di servizi di consulenza finanziaria rese in favore di società estere. Inoltre, in seno ad alcune categorie di spese o di costi, l’accertamento e le relative contestazioni contemplavano ulteriori distinzioni delle operazioni.

Ebbene, la sentenza del giudice d’appello ha del tutto taciuto sulla omessa contabilizzazione di ricavi ai sensi dell’art. 76, comma 5 TUIR per l’importo di Euro 59.259,83. Quanto alle perdite relative all’anno d’imposta 2002, riportate ai fini Irpeg nell’anno d’imposta 2003, il giudice d’appello, riproducendo quasi fedelmente il contenuto della motivazione relativa alla diversa sentenza pronunciata nel giudizio afferente l’anno d’imposta 2002, si è ampiamente diffusa sulla qualificazione della sede secondaria della società contribuente come stabile organizzazione (questione in verità mai emersa come oggetto di contrasto tra le parti in causa), impegnando sui criteri di individuazione della stabile organizzazione dalla metà di pag. 3 alla metà di pag. 6. A questo punto ha esaminato la prima delle contestazioni, relativa alla deducibilità dei costi per commissioni passive semestrali pagate dalla sede milanese alla casa madre per le garanzie ricevute sui finanziamenti superiori a 20.000.000 di dollari concessi alla propria clientela, limitandosi però a riconoscere la correttezza della ripresa a tassazione sul solo assunto che “L’Ufficio ha ritenuto tali costi privi del requisito di certezza” ai sensi dell’art. 109 TUIR (già art. 75). Quindi, senza alcun riferimento al caso specifico, ha dedicato circa una pagina al principio della certezza e determinabilità dei costi, con una digressione conclusiva sull’assoggettamento dei corrispettivi a tassazione in riferimento all’esercizio in cui sono incassati, nonchè alla necessità del rispetto delle “regole di competenza temporale, di esistenza certa, di inerenza e di imputazione al conto economico degli elementi negativi di reddito.”, sostenendo che a questi principi non vi è stata totale conformità “nella decisione dei primi giudici”, senza chiarire altro e cioè in che misura e perchè il giudice non si sia adeguato.

Si è anche dilungata in argomentazioni afferenti l’imposta sul valore aggiunto, che nel caso di specie esulavano del tutto dalla controversia.

Gli unici riferimenti al caso concreto si rinvengono nel secondo periodo di pag. 8, in cui si afferma che “La molteplicità degli elementi (omessa auto-fatturazione di operazioni effettuate con IVA dovuta, infedele dichiarazione ai fini IVA, violazione della territorialità dell’imposta, indeducibilità dei costi), tutti emersi dei dati indicati nei verbali di constatazione (che puntualizzano i relativi rilievi risultanti dall’esame dei controlli effettuati) consente di affermare che legittimamente l’Ufficio finanziario ha proceduto alla rideterminaiione degli imponibili per i periodi in contestazione ed ha fornito una congrua e corretta motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi di fatto legittimanti detta parte della rettifica”. Sennonchè, a fronte delle numerose voci di ripresa a tassazione, la cumulativa valutazione delle rilevate irregolarità, senza che sia possibile desumere la causa della ritenuta irregolarità, con un confuso e prevalente riferimento alle, violazioni in tema di iva, laddove la maggior parte delle violazioni era stata contestata dalla Amministrazione ai fini Irpeg ed Irap, manifesta in maniera ancora più plastica la apparenza della motivazione. La circostanza è tanto più evidente quando si consideri che nelle successive pagg. 9 e 10 incomprensibilmente si accenna al fenomeno delle operazioni soggettivamente inesistenti, e poi alla inerenza. Ed è altrettanto significativo che nel lungo controricorso la difesa della Agenzia ha dedicato numerose pagine alla trattazione analitica delle voci riprese a tassazione, nel tentativo evidente di dare chiarezza alle concrete fattispecie portate all’esame della Corte.

In conclusione, le questioni poste dalla società contribuente in merito alla mancata contabilizzazione di ricavi per Euro 59.259,00 sono state del tutto omesse; in ordine poi alle poste passive non riconosciute dalla Amministrazione ai fini Irpeg ed Irap relativamente all’anno 2002 e riportate a perdita nell’anno 2003 – che avrebbero meritato una trattazione specifica come correttamente fatto dal giudice provinciale – in grado d’appello sono confusamente ricomprese in una motivazione apparente, e quando non apparente incomprensibile, integrante un error in procedendo con conseguente nullità della sentenza (cfr. Sez. U, sent. n. 22232/2016 cit.).

Il motivo va pertanto accolto, con conseguente declaratoria di nullità della sentenza.

L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo e il terzo.

La sentenza va pertanto cassata e il processo va rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in diversa composizione deciderà sulla causa oltre che sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; dichiara la nullità della sentenza; cassa e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in diversa composizione deciderà anche sulla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2019

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