Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17569 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/07/2017, (ud. 05/04/2017, dep.14/07/2017),  n. 17569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12739/2015 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ARMANDO ZOTTOLA, VIRGINIA PAONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9944/01/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che il ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 9944/01/14, depositata il 14 novembre 2014, non notificata, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto dal sig. M.S., già dipendente ENEL, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale (OMISSIS) di Napoli, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva a sua volta rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della maggiore somma oggetto di ritenuta sull’IRPEF determinata all’atto della riscossione dell’indennità corrisposta in occasione della cessazione del rapporto di lavoro quale incentivo all’esodo, non essendo stata applicata l’aliquota agevolata.

Avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, convertito dalla L. n. 248 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la CTR avrebbe male interpretato la disposizione in oggetto, laddove ha negato che la documentazione allegata agli atti del giudizio di merito, proveniente dal datore di lavoro, progetto aziendale del 30 giugno 1999 e successivo progetto del 15 aprile 2002, prorogato fino al 2011, potesse assumere natura di accordi o atti aventi data certa ai fini dell’applicabilità del regime transitorio previsto dalla norma succitata.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, quale l’adesione del lavoratore al piano d’incentivo.

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro strettamente connessi.

Essi risultano in primo luogo carenti per difetto di autosufficienza.

Posto che è pacifico che nella fattispecie in oggetto la cessazione del rapporto di lavoro è avvenuta in epoca successiva al 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del succitato decreto, per beneficiare dell’aliquota agevolata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4 bis, norma abrogata, secondo la disciplina transitoria stabilita del succitato D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, come convertito dalla L. n. 248 del 2006, occorreva che il contribuente dimostrasse che la cessazione del rapporto di lavoro, per quanto successiva all’entrata in vigore del citato decreto, fosse avvenuta in attuazione “di atti o accordi aventi data certa” anteriori alla stessa.

Quand’anche si convenga con parte ricorrente nel senso che, sulla base d’interpretazione fatta propria dalla stessa Amministrazione finanziaria con la circolare n. 10/E del 16 febbraio 2007, nel concetto di accordi debbano essere compresi anche gli impegni a carattere collettivo assunti dal datore di lavoro con le associazioni di categoria dei dipendenti, il ricorso non indica se l’adesione del contribuente al piano aziendale d’incentivo all’esodo, ove pur eventualmente formulata successivamente alla data di entrata in vigore del summenzionato decreto, sia intervenuta necessariamente entro il termine indicato nell’accordo aziendale, anteriore alle modifiche normative introdotte dalla L. n. 248 del 2006 (si veda, in proposito, Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2016, n. 23165; cfr. anche Cass. sez. 5, 18 giugno 2014, n. 13834 e Cass. sez. 5, 6 febbraio 2009, n. 2931, nel senso che la norma di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 4 bis, è norma eccezionale, di strettissima interpretazione, sicchè tutto quanto non sia sussumibile con certezza nella speciale previsione agevolativa ricade nel regime fiscale ordinario).

Nè, sul punto, il difetto di allegazione può intendersi supplito dal principio di non contestazione, i cui limiti di applicazione, con riferimento ad analoga fattispecie, sono stati chiariti dalla citata Cass. n. 13834/14.

Infine, segnatamente con riferimento a quanto oggetto di censura in relazione a quanto consentito dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ferme restando le condizioni, chiarite da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053, per la riconducibilità a detto parametro dell’omessa valutazione di documento, ugualmente il ricorso incorre in difetto di autosufficienza, essendosi limitata parte ricorrente a richiamare genericamente il “fascicolo di parte dei gradi precedenti” ridepositato con ricorso per cassazione, senza indicare con esattezza tempo e luogo della relativa produzione documentale nel processo di merito, onde porre la Corte in condizione di esercitare il sindacato richiesto, in primo luogo quanto alla tempestività, secondo quanto innanzi osservato, dell’adesione del dipendente al piano incentivante l’esodo e dunque ai fini della verifica del rilievo decisivo da attribuire a detto fatto che non sarebbe stato esaminato dal giudice di merito ai fini della decisione.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere ugualmente compensate, tenuto conto della contrastante giurisprudenza di merito formatasi sulla questione ed in considerazione del consolidarsi dell’indirizzo di questa Corte in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

PQM

 

Rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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