Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17563 del 01/08/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17563 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ha pronunciato la seguente

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SENTENZA

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sul ricorso 12974-2013 proposto da:

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ATAC S.P.A. 06341981006 – quale incorporante di Trambus S.p.A. in
persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO
23/A, presso lo studio degli avvocati GIAMPIERO PROIA e MAURO
PETRASSI, che la rappresentano e difendono unitamente all’avv.
GIAN FRANCESCO REGARD (quest’ultimo giusta procura generale
alle liti per atto notaio Livio Colizzi di Roma, in data 4/8/2011, n. rep.
38.901 che viene allegata in atti), giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

o QpAl lfe.

Data pubblicazione: 01/08/2014

GASPARONI MAURIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che lo
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricoirente –

ROMA del 27/4/2012, depositata il 16/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito per la ricorrente l’Avvocato MAURO PETRASSI che si riporta
agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 3025/2012, depositata in data 16/5/2012, la Corte
di appello, giudice del lavoro, di Roma decidendo sull’impugnazione
proposta dalla Trambus S.p.A., confermava la pronuncia di primo grado
che aveva accolto il ricorso proposto da Maurizio Gasparoni inteso ad
ottenere la declaratoria di conversione del contratto di formazione e
lavoro in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con
decorrenza dalla data di assunzione con tale forma contrattuale e la
condanna della predetta società al pagamento dell’indennità denominata
E.R.S. (elemento di riordino del sistema retributivo), mentre aveva
respinto la domanda riconvenzionale proposta dalla soc. Trambus per
l’accertamento dell’obbligo del lavoratore di osservare un orario di
lavoro di 39 ore settimanali, previste dalla contrattazione nazionale, in
luogo delle 37 ore osservate nel tempo successivo alla assunzione con
contratto a tempo indeterminato e la condanna dello stesso a restituire
all’azienda quanto indebitamente percepito a titolo di lavoro
straordinario per le ore lavorate (tra la 37 e la 39) in applicazione di un
accordo aziendale affetto da nullità per contrasto con norma imperativa.
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
-2-

avverso la sentenza n. 3025/2012 della CORTE D’APPELLO di

Il lavoratore aveva dedotto di avere già svolto attività di conducente di
linea presso l’ATAC durante un periodo di lavoro temporaneo ex 1. n.
196/97; di non avere ricevuto alcuna formazione teorica e/o tecnicopratica durante il periodo del contratto di formazione e lavoro; di essere
stato inserito sin dall’assunzione nel normale ciclo produttivo aziendale.

difetto genetico che per difetto funzionale della causa del contratto,
atteso che tale tipo negoziale era stato utilizzato per l’assunzione di
lavoratori già in possesso della professionalità che tramite esso
avrebbero dovuto conseguire, sia per l’assoluta mancanza di attività
formativa. Aveva quindi rivendicato il diritto all’inquadramento nel 6^
livello del c.c.n.l. e al trattamento anche economico previsto dagli
accordi nazionali dell’H aprile 1995 e del 25 luglio 1997, nonché
dall’accordo aziendale dell’H luglio 2000, relativo all’emolumento
mensile denominato E.R.S. (emolumento di riordino del sistema
retributivo).
La Corte di appello, nel respingere il gravame proposto dalla
Trambus S.p.A., osservava: – che la società non aveva provato e
nemmeno allegato di avere adempiuto gli obblighi formativi previsti dal
c.f.l. essendosi limitata a mere generiche affermazioni circa le diverse
modalità di esecuzione della prestazione nei due periodi (interinale e di
c.f.1.) tali da giustificare e legittimare la stipulazione del contratto di
formazione e lavoro; – che, quanto all’E.R.S., il tenore della norma non
deponeva per l’interpretazione sostenuta dalla società di limitare
l’attribuzione dell’emolumento al solo personale dipendente a tempo
indeterminato alla stipula dell’accordo dell’H luglio 2000 con esclusione
di quello che tale fosse divenuto per effetto della conversione del
rapporto in via giudiziale e con effetto ex tunc ai sensi dell’art. 3, comma
9, d.l. n. 762/84; – che a diverse conclusioni non poteva pervenirsi in
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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Aveva quindi dedotto l’illegittimità e/o la nullità del C.F.L. sia per

base alla “clausola di interpretazione autentica” del 24 marzo 2005, alla
quale doveva attribuirsi significato novativo, esprimendo l’intenzione dei
contraenti che nessuna assunzione successiva al 2 marzo 2000 poteva
prevedere il riconoscimento dell’elemento mensile E.R.S.; – che, quanto
alla domanda riconvenzionale proposta da Trambus S.p.A. per la

settimanali sulla base di una norma aziendale ritenuta nulla dalla Corte di
Cassazione in precedente pronunzia (Cass. n. 12661/2004) poiché
adottata in deroga alla contrattazione nazionale che prevedeva un orario
settimanale di 39 ore, la suddetta pronuncia di nullità era stata emessa
per contrasto con l’art. 5 ter d.l. n. 702 del 1978, convertito in legge n. 3
del 1979, del quale non era stata dedotta la persistente vigenza e che
espressamente limitava il suo ambito temporale di operatività fino
all’entrata in vigore della legge di riforma della municipalizzazione, la
quale era avvenuta con la legge 8 giugno 1990, n. 142, poi perfezionata
da leggi successive e dal testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000 n.
267, artt. 112 e 113.
Per la cassazione di tale decisione ricorre ATAC S.p.A., quale
incorporante di Trambus S.p.A., affidando l’impugnazione a tre motivi,
illustrati con successiva memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Resiste con controricorso Maurizio Gasparoni che ha parimenti
depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, il Collegio richiama il proprio orientamento
interpretativo espresso nelle recenti sentenze nn. 18553 del 29 ottobre
2012, 20598 del 22 novembre 2012, 20761 del 23 novembre 2012
nonché 16445 dell’1 luglio 2013, 6082 del 17 marzo 2014, 6803 del 21
marzo 2014, 7301 del 27 marzo 2014 rese in fattispecie analoghe a
quella oggetto del ricorso in esame.
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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restituzione delle somme erogate quale straordinario oltre le 37 ore

2. Con il primo motivo, l’ATAC S.p.A. denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 12 disp. gen., in relazione al D.L. n. 726 del 1984,
art. 3, convertito in L. n. 863 del 1984, nonché degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ. ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai

genetico della causa del contratto di formazione non può essere idoneo
a determinare la conversione in rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, non afferendo il vizio all’adempimento degli obblighi
formativi. Evidenzia che la decisione raggiunta dai giudici di appello in
ordine all’asserito mancato assolvimento degli obblighi formativi
derivanti dal c.f.l. è apodittica e sfornita di riscontri probatori laddove la
società aveva allegato e chiesto di provare che l’attività svolta dall’allora
ricorrente era stata caratterizzata da diverse modalità di esecuzione, tali
da giustificare e legittimare la stipulazione del contratto di formazione e
lavoro, in quanto volto a realizzare l’effettivo e stabile inserimento del
lavoratore in azienda. Rileva che la funzione precipua del c.f.l. è quella di
favorire la costituzione di rapporti di lavoro subordinato per i giovani e
tale finalità è prevalente su quella meramente formativa evidenziando
che, nella specie, l’allora ricorrente era stato assunto a tempo
indeterminato allo scadere del contratto di formazione e lavoro e ciò
costituiva la dimostrazione che il contratto aveva raggiunto lo scopo cui
era preordinato. Inoltre, un qualsiasi discostamento, anche lieve, dal
programma di formazione non può essere idoneo a determinarne la
conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, qualora si
accerti che il contratto ha raggiunto la finalità di consentire al giovane un
ingresso guidato nel mondo del lavoro. Sottolinea che un significato
interpretativo può trarsi dal d.lgs. n. 276 del 2003 che nel prevedere una
nuova tipologia contrattuale – il contratto di inserimento (art. 54 e segg.)
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.. Assume che un eventuale vizio

in sostituzione del c.f.l. – prescinde completamente dalla previsione di
un progetto formativo.
3. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione
e falsa applicazione dell’art. 1321 cod. civ., art. 1362 cod. civ. e segg., in
relazione all’accordo collettivo aziendale dell’i luglio 2000 ed al verbale

Assume che con il c.c.n.l. dell’1 1 aprile 1995 fu stabilito un salario di
ingresso per i neo assunti con c.f.1., il cui trattamento, durante il
contratto stesso e per i quindici mesi successivi alla trasformazione,
prevedeva l’esclusione di tutti gli istituti retributivi previsti dalla
contrattazione aziendale; il successivo accordo nazionale del 2 marzo
2000 aveva fatto riferimento alla necessità di procedere alla
riclassificazione degli istituti salariali aziendali e di definire a livello
aziendale la quota da riservare ai neo assunti. Tali disposizioni vennero
attuate dall’ATAC con l’accordo aziendale dell’i 1 luglio 2000 il quale,
nel definire le nuove voci, stabilì la soppressione di ogni altra indennità,
premio o maggiorazione in precedenza prevista a livello aziendale; al
contempo, al fine di compensare della soppressione di tali voci chi di
fatto già ne godeva, mantenendo un “differenziale” sul trattamento
economico dei più anziani rispetto a quello dei più giovani, l’art. 2 di tale
accordo del luglio 2000 previde che fosse istituito, a decorrere dal mese
di agosto 2000, “per il solo personale in forza a tempo indeterminato
alla data di stipula del presente accordo, un emolumento mensile
consolidato denominato Elemento di Riordino del Sistema retributivo
(E.R.S.)”. Sostiene la ricorrente che la ratio e la finalità dell’accordo
dell’H luglio 2000 fossero quelle di limitare il diritto all’E.R.S. ai soli
dipendenti formalmente assunti a tempo indeterminato, escludendo
proprio i lavoratori in quel momento assunti con contratti di lavoro
flessibile. Assume che il verbale sindacale del 24 marzo 2005 si limitò a
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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di accordo del 24 marzo 2005, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

confermare tale interpretazione, senza alcuna portata novativa. In punto
di diritto rileva che la possibilità delle parti sociali di fornire una
interpretazione autentica della propria volontà contrattuale è
riconducibile al negozio di accertamento, dovendosi pure considerare
che in tema di interpretazione di contratti collettivi il comportamento

può essere costituito da un successivo accordo, il quale – nella parte non
direttamente dispositiva – presupponga una determinata interpretazione
di una complessa ed organica disciplina di istituti contrattuali articolata
nel tempo e nel corso di più contratti collettivi.
4. Con il terzo motivo, la società denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., dell’art. 5 ter del D.L. n.
702/1978 introdotto dalla legge di conversione n. 3/1979, la violazione
e falsa applicazione del c.c.n.l. del 23 luglio 1976, stipulato tra
Federtrasporti, ANAC FENIT e le 00.SS. FILT CGIL, FIT-CISL e UIL
Trasporti e dell’accordo collettivo nazionale del 12 luglio 1985 stipulato
tra FILT CGIL, FIT-CISL e UIL Trasporti e Federtrasporti, l’ANAC, la
FENIT e l’INTERSIND, assumendo il vizio della sentenza in relazione
al rigetto della domanda riconvenzionale della società. Rileva che l’orario
di 39 ore settimanali stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale era
stato ridotto a 37 ore in virtù di previsione di contrattazione aziendale
(accordo del 16 giugno 1983), pacificamente applicato anche all’attuale
resistente, ma tale accordo era stato ritenuto nullo dalla Corte di
Cassazione con sentenza n. 12661 dell’8 luglio 2004. Il lavoratore aveva
così indebitamente percepito, successivamente all’assunzione a tempo
indeterminato, i compensi per lavoro straordinario per le ore prestate
dalla 37a alla 39a, le cui differenze erano state oggetto della domanda
restitutoria erroneamente respinta dalla Corte di appello.
5. Il ricorso è infondato.
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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posteriore delle parti, valutabile ex art. 1362 secondo comma cod. civ.,

6. Quanto alle censure di cui al primo motivo, questa Corte ha
ripetutamente affermato che, in tema di contratto di formazione e
lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione determina la
trasformazione, fin dall’inizio, del rapporto in rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, qualora l’inadempimento abbia

formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o
inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e
quindi trasfusi nel contratto. In questa seconda ipotesi il giudice deve
valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento,
giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto (v. per tutte
Cass. 1 febbraio 2006, n. 2247, Cass. 7 agosto 2004, n. 15308; Cass. 4
ottobre 2004, n. 19846 e, più specificamente, Cass. 9 marzo 2009, n.
5644, relativa all’ipotesi in cui il lavoratore, già al momento della sua
assunzione con c.f.1., possegga la professionalità che, secondo gli accordi
intervenuti, dovrebbe costituire lo scopo del programma formativo
avendo espletato in precedenza analoga attività lavorativa).
E’, pertanto, corretta in diritto e congruamente motivata la sentenza
impugnata che ha dichiarato la trasformazione del rapporto di lavoro sul
rilievo della totale mancanza di formazione, per essere il rapporto di
formazione intervenuto a seguito di un contratto per prestazioni di
lavoro temporaneo che già aveva visto l’odierno resistente ottenere
l’inquadramento nel 6^ livello del c.c.n.l., per aver riguardato l’unico
momento di formazione il periodo di lavoro interinale; per non avere la
società provato, con riferimento al periodo di cui al c.f.1., la formazione
teorica e pratica.
Non può dirsi, peraltro, che non sia stata tenuta in debito conto la

ratio legis e cioè il sistema in cui la norma di cui al citato art. 3 si colloca.

Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di

Invero, lo scopo del contratto di formazione e lavoro è quello di
favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro,
attraverso un rapporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere
una determinata professionalità ed è consentito al datore di lavoro l’uso
di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di

con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell’impresa, ma tale
discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due
fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono
coessenziali, con la conseguenza che il periodo di prova in tanto è
rilevante per giudicare delle attitudini del lavoratore in formazione in
quanto nello stesso, sia pure con cadenze diverse rispetto a quelle
previste dal programma, siano presenti entrambe le predette fasi
coessenziali al raggiungimento dello scopo di un inserimento qualificato
nel mondo del lavoro (Cass. 8 gennaio 2003, n. 82).
Né può indurre a diverse conclusioni il richiamo al contratto
d’inserimento – di cui alla legge d.lgs. n. 276 del 2003 – riguardando la
presente fattispecie un contratto del tutto diverso al quale il richiamato
d.lgs. ha assegnato ratione tempods una differente funzione economicosociale.
Parte ricorrente lamenta che in sede di merito non era stata
ammessa la prova testimoniale diretta alla dimostrazione che l’attuale
resistente, durante il periodo di lavoro interinale presso l’ATAC, aveva
svolto un’attività limitata ad alcune linee del servizio pubblico di
trasporto, aveva lavorato soltanto in specifiche rimesse e aveva prestato
attività solo su alcune tipologie di automezzi; che, di conseguenza,
l’assunzione con contratto di formazione e lavoro era giustificata dalla
necessità di consentire all’odierno resistente di acquisire quella
professionalità normalmente richiesta ai dipendenti con mansioni di
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
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formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica

conducenti di linea mediante una piena conoscenza dell’organizzazione
delle procedure e dell’attività aziendale ed il pieno inserimento nella sua
struttura.
Osserva la Corte che la doglianza contenuta nel ricorso per
cassazione relativa alla omessa motivazione sulle ragioni della mancata

conto della motivazione della impugnata sentenza nella quale viene
evidenziato che l’attuale resistente, quando venne assunto con il
contratto di formazione e lavoro, era già conducente di linea esperto
sicché il c.f.l. risultava privo di causa. Le circostanze sulle quali verteva la
prova non ammessa, quindi, non erano state, evidentemente, ritenute
rilevanti e decisive dal giudice del merito. Ciò, senza dubbio, supera
anche ogni questione afferente la ritenuta non contestazione
(dovendosi, al riguardo, anche evidenziare che la ricorrente non indica
di avere prospettato la specifica questione – della cui omessa valutazione
si duole nel presente giudizio – in sede di gravame).
7. Non è fondata la seconda censura con cui la società ricorrente
prospetta, come detto, che la Corte del merito abbia erroneamente
ritenuto, quanto alla spettanza dell’E.R.S. – elemento di riordino del
sistema retribuivo – , che l’accordo d’interpretazione autentica del 24
marzo 2005 – in base al quale veniva esclusa la corresponsione di detto
E.R.S. a coloro i quali, come l’odierno resistente, al momento della
stipula del precedente accordo del 2000 non erano lavoratori
subordinati a tempo indeterminato – avesse natura innovativa.
Il

decisum

sul punto della sentenza impugnata si fonda

essenzialmente sulla considerazione che, in conseguenza della
trasformazione del rapporto a tempo indeterminato con efficacia ex tunc,
l’originario ricorrente, all’epoca dell’accordo, era a tutti gli effetti,
giuridici ed economici, dipendente a tempo indeterminato e come tale
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
-10-

ammissione della prova testimoniale è inammissibile in quanto non tiene

rientrante nel “personale in forza a tempo indeterminato alla data della
stipula dell’accordo” al quale, secondo detto accordo, spettava la
corresponsione del c.d. E.R.S..
Assume la società che all’attuale resistente non spetterebbe il
richiamato E.R.S. poiché con l’accordo del 24 marzo 2005 le parti,

avevano escluso dalla corresponsione dell’E.R.S. coloro i quali non
fossero formalmente dipendenti a tempo indeterminato all’epoca della
stipula dell’accordo del 2000, ciò al fine di lasciare fuori gli assunti con
contratto di formazione lavoro i quali si erano visti riconoscere expost la
qualificazione giuridica del proprio rapporto di lavoro a tempo
indeterminato.
Ritiene il Collegio che la stessa prospettazione della società confermi
l’esattezza dell’affermazione della Corte di appello secondo la quale
l’accordo del 2005 non ha natura interpretativa, bensì innovativa.
Invero, affinché un negozio giuridico successivo possa ritenersi
interpretativo di uno precedente è necessario, al di là delle espressioni di
qualificazione utilizzate dalle parti, che la volontà esplicitata nell’ultimo
negozio sia desumibile anche dal precedente, viceversa la nuova intesa è
innovativa e non interpretativa.
Avuto riguardo al caso di specie, ritiene il Collegio che la volontà di
limitare la corresponsione dell’E.R.S. solo ai lavoratori che al marzo del
2000 fossero formalmente dipendenti a tempo indeterminato con
esclusione di coloro i quali fossero divenuti tali per effetto di successivo
riconoscimento giudiziale non sia desumibile dall’accordo del 2000, non
essendovi alcuna clausola contrattuale che legittima siffatta ricostruzione
della volontà delle parti.
Né la società ricorrente la indica, limitandosi a prospettare le ragioni
storiche che indussero le parti alla previsione dell’E.R.S.. Tanto, tuttavia,
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
-11-

interpretando in via autentica la precedente intesa dell’i 1 luglio 2000,

non è sufficiente, atteso che la volontà esplicitata nell’intesa del 2005
non trova alcun riscontro nell’accordo del 2000, dove si fa riferimento al
“personale in forza a tempo indeterminato alla data di stipula del
presente accordo”, né in altre clausole collettive.
La ratio posta a base dell’accordo del 2005, come prospettata dalla

precedente ed è funzionale all’esigenza di far fronte ad una situazione
venutasi a creare dopo l’accordo del 2000. Tutto ciò a prescindere dalla
possibilità per le parti sociali, in sede di contrattazione collettiva del
settore privato, di procedere ad un’interpretazione di clausole contenute
in precedente contratto, essendo tale meccanismo espressamente
previsto con riguardo al settore del lavoro pubblico privatizzato in tema
di procedura di accertamento della validità, efficacia ed interpretazione
dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dall’ARAN, di cui al d.lgs. n.
165 del 2001, art. 64, ed operando, in tema di contrattazione collettiva
privata, il principio della normale successione dei contratti.
Tali considerazioni hanno carattere assorbente di ogni altro rilievo
mosso, sul punto, dalla società alla sentenza impugnata.
8. E’ infondato anche il terzo motivo cui la società critica la sentenza
impugnata assumendo che, stante la nullità – per effetto della sentenza n.
12661 del 2004 di questa Corte – della contrattazione aziendale (accordo
18 luglio 1983), la quale aveva previsto una riduzione dell’orario di
lavoro da 39 ore settimanali a 37 ore, erroneamente la Corte del merito
aveva respinto la domanda riconvenzionale.
Deve tuttavia correggersi la motivazione della sentenza nel senso
che segue.
Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di trattamento
economico dei dipendenti di aziende municipalizzate, il D.L. n. 702 del
1978, art. 5 ter, convertito in L. n. 3 del 1979 – che, tra l’altro, fa divieto
Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
-12-

stessa società ricorrente è, all’evidenza, del tutto estranea all’accordo

alle aziende municipalizzate degli enti territoriali di stipulare accordi
integrativi aziendali che comportino erogazioni economiche aggiuntive
rispetto a quelle previste nei contratti nazionali – è norma a carattere
imperativo essenzialmente intesa ad un trattamento economico
uniforme su tutto il territorio nazionale per i dipendenti delle aziende

personale, nonché al contenimento dei costi medesimi, onde il divieto
espresso da tale norma non va inteso in senso formale e restrittivo,
come impeditivo soltanto della possibilità che le aziende manifestino
direttamente la volontà di obbligarsi, ma nel senso che ad essere vietato
è il risultato, con qualsiasi procedimento ottenuto, di vincolare l’azienda
al rispetto di statuizioni derogatorie della contrattazione nazionale che
siano l’effetto di un atto perfezionatosi successivamente all’entrata in
vigore della norma imperativa (Cass. 5 marzo 2001, n. 3196, che
riprende S.U. 19 novembre 1998, n. 11714 e Cass. 29 aprile 1998, n.
4386; conf. Cass. 12478/1999; 6161/2000; 7103/2000; cfr. da ultimo,
Cass. n. 18251 del 2011, n. 21293 del 2009, n. 29926 del 2008).
Tale norma era sicuramente vigente anche al tempo della
stipulazione degli accordi aziendali di cui la società, attuale ricorrente, ha
fatto applicazione; il citato art. 5 ter rende nulli tutti gli atti posti in essere
successivamente alla sua entrata in vigore, di modo che è nulla per
violazione di norma imperativa la clausola di un contratto aziendale che
disponga una riduzione dell’orario di lavoro a 37 ore in luogo delle 39
ore stabilite dalla contrattazione nazionale.
9.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va,

conclusivamente, respinto.
10. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo
in base a quanto previsto dal d.m. n. 55 del 10 marzo 2014 (art. 28),

Ric. 2013 n. 12974 sez. ML – ud. 27-05-2014
-13-

municipalizzate, alla parità delle aziende suddette in relazione ai costi del

seguono la soccombenza della società e vanno distratte in favore del
difensore del controricorrente che ha dichiarato di averle anticipate.
11. Infine, il ricorso è stato notificato il 16/5/2013, dunque in data
successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di
stabilità del 2013 (art. 1, comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228

aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando
l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata
inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a
versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art.
1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei
presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge
al momento del deposito dello stesso”.
Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente
impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in
conformità.

P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità che liquida in euro 100,00 per esborsi ed curo
2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso
forfettario in misura del 15%, da corrispondersi all’avv. Pasquale Nappi
antistatario. Dichiara dovuto dalla ricorrente l’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello versato.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014.

del 2012), che ha integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,

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