Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17558 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. II, 28/06/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 28/06/2019), n.17558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7355-2015 proposto da:

SANT’AMBROGIO IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SANTIAGO DEL

CILE N. 7, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CAVALLO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.P., rappresentata e difesa dagli avvocati ALESSANDRA

MARIN, PATRIZIA FONTANESI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 441/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/01/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Gorizia, con la sentenza n. 42 del 2012, aveva rigettato la domanda con la quale R.P., promissaria acquirente di immobile, chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della promissaria alienante Sant’Ambrogio Immobiliare s.r.l. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, aveva disposto il trasferimento della proprietà, ai sensi dell’art. 2932 c.c., con condanna della R. al pagamento del prezzo residuo.

2. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza pubblicata il 28 luglio 2014, ha riformato la decisione, ritenendo inadempiente la società promittente che non aveva consegnato l’immobile nel termine fissato, e per l’effetto ha dichiarato risulto il contratto preliminare, con condanna della società alla restituzione delle somme ricevute e al pagamento della penale di Euro 20.000.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza Sant’Ambrogio Immobiliare srl, sulla base di un motivo, al quale resiste con controricorso R.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto nonchè omesso esame di un fatto decisivo, la ricorrente contesta l’erroneità del presupposto logico-fattuale sul quale la Corte d’appello ha fondato la decisione. Si lamenta, in particolare, la mancata ammissione dei mezzi istruttori riproposti in appello e finalizzati a dimostrare che la promissaria acquirente aveva richiesto variazioni sul capitolato e sui progetti, così provocando il ritardo nell’ultimazione dei lavori, e la mancata valorizzazione delle dichiarazioni dell’arch. P., direttore dei lavori nominato dalla R., che aveva certificato la conclusione dei lavori.

2. La doglianza è inammissibile poichè, oltre ad essere strutturata al di fuori del paradigma previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, come enucleato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053), è chiaramente finalizzata a sollecitare un riesame del merito della causa, non consentito in questa sede.

2.1. La Corte d’appello, all’esito dell’esame del materiale istruttori, ha escluso che il ritardo nella ultimazione dei lavori fosse imputabile alla promissaria acquirente evidenziando, in particolare, che dopo l’invio della diffida ad adempiere in data 10 aprile 2008, a termine ormai scaduto, il legale della società appellata comunicò in data 5 maggio 2008 che non era possibile effettuare il sopralluogo perchè erano in corso lavori sulle parti comuni, e che in data 29 luglio 2008 non era stata depositata la documentazione richiesta ai fini dell’agibilità, come da dichiarazione del Comune di Monfalcone.

2.2. Quanto alle variazioni asseritamente richieste dalla promissaria, la Corte territoriale ha evidenziato che si sarebbe trattato di lavori che non giustificavano il ritardo.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della società ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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