Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17558 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.14/07/2017),  n. 17558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3412-2016 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.

SETTEMBRINI, 28, presso lo studio dell’avvocato ULPIANO MORCAVALLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARILENA MELFI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’Avvocatura dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati EMILIA FAVATA e LUCIANA

ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1230/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di R.V. intesa al conseguimento della rendita o della indennità per danno biologico da malattia professionale;

che a fondamento della statuizione la Corte territoriale ha evidenziato la carenza di prova dello svolgimento di attività lavorativa alla quale collegare, sulla base delle previsioni delle voci tabellari nn. 43 e 50 D.P.R. 13 aprile 1994 n. 336, le malattie denunziate, essendo le difformi conclusioni attinte dal ctu di prime cure fondate esclusivamente sulle dichiarazioni della parte;

che, in particolare, dal libretto di lavoro risultava che il R. aveva lavorato come minatore nel periodo dal 1977 al 2000, ma non era evincibile, quanto alla silicosi, l’esposizione a polveri di silicato e, quanto alla ipoacusia, l’uso in galleria di macchine rumorose ad aria compressa e che, inoltre, il R. era decaduto dalla prova testimoniale ammessa in seconde cure, non avendo provveduto alla citazione dei testi per l’udienza fissata per il relativo espletamento;

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il R. sulla base di quattro motivi, illustrato con memoria;

che l’INAIL ha resistito con controricorso;

che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione del principio dell’onere della prova e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965 e del D.P.R.n. 336 del 1994 in relazione alle malattie denunziate, voci 43 e 50, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e dell’art. 414 c.p.c., censurandosi la decisione sul rilievo che, risultando l’espletamento da parte del R. di attività di minatore – lancista, sussisteva la presunzione d’origine professionale delle malattie denunziate, con la conseguenza che era onere dell’INAIL dimostrare una diversa eziologia della patologia;

che con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame, censurandosi, in sintesi, la decisione per avere erroneamente ritenuto la perizia di prime cure frutto esclusivo delle sole dichiarazioni del ricorrente, laddove l’ausiliare di primo grado aveva visionato tutta la documentazione sanitaria e gli atti di causa e richiesto ulteriori accertamenti sanitari tecnici, risultando l’affermazione del nesso causale collegata ai caratteri tipici della silicosi e, quanto alla ipoacusia, alla tipica conformazione “a cucchiaio” della curva audiometrica, in conformità della funzione di consulente “percipiente” affidata all’ausiliare di prime cure con il quesito formulato;

che con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione del principio di non contestazione, evidenziandosi che l’INAIL in prime cure non aveva contestato specificamente l’attività di minatore lancista espletata dal ricorrente, ma solo l’esposizione all’agente patogeno (silice) ed ai rumori;

che con il quarto motivo si deduce l’erronea declaratoria di decadenza dalla prova testimoniale, l’omessa motivazione su fatto controverso e decisivo (art. 360, nn. 4 e 5) in relazione agli artt. 134 e 176 c.p.c. e art. 111 Cost., censurandosi la decisione sul rilievo che all’udienza del 5.6.2014 la Corte d’appello si era riservata di decidere e, dopo essersi ritirata in camera di consiglio, in assenza del procuratore costituito, aveva ammesso la prova orale, rinviando per l’espletamento all’udienza del 29.1.2015 con ordinanza che, per acquisire rilevanza esterna e per garantire la pienezza del contraddittorio, avrebbe dovuto essere comunicata al procuratore della parte, tra l’altro non motivando sulle doglianze del procuratore costituito che aveva chiesto di essere rimesso in termini al fine dell’espletamento della prova testimoniale;

che il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono per alcuni profili inammissibili e per altri manifestamente infondati;

che secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di tutela contro le malattie professionali, l’inclusione della malattia fra quelle per le quali l’origine professionale è “di elevata probabilità” determina una presunzione legale in ordine al rapporto causale o concausale, con la conseguenza che mentre, da una parte, il lavoratore ha l’onere di dimostrare la presenza del fattore scatenante la malattia fra il materiale abitualmente adoperato nel lavoro, dall’altra parte l’istituto assicuratore è onerato di dare la prova dell’inesistenza del nesso eziologico, la quale può consistere solo nella dimostrazione che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in relazione ai tempi di esposizione e di manifestazione della malattia (Cass. 3 aprile 2008 n. 8638);

che la decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, laddove ha escluso la natura professionale delle patologie denunziate sul rilievo che non era stata provata dal lavoratore l’esposizione a polveri di silicato e, quanto all’ipoacusia, l’uso in galleria di macchine rumorose ad aria compressa;

che la deduzione relativa alla non contestazione da parte dell’INAIL non è formulata in termini idonei alla valida censura della decisione, posto che parte ricorrente non specifica il contenuto delle allegazioni addotte in primo grado da porre in relazione alle difese formulate dall’INAIL con la memoria di costituzione, al fine di ritenere non contestata l’esposizione al rischio morbigeno, avendo questa Corte chiarito che in tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi (v. tra le altre, Cass. 09/08/2016 n. 16655);

che il quarto motivo di ricorso è inidoneo alla valida censura della decisione, posto che parte ricorrente non specifica se effettivamente l’ordinanza di ammissione della prova testimoniale è stata depositata fuori udienza, atteso che la mera circostanza che la Corte si sia riservata ritirandosi in camera di consiglio non esclude che, in conformità con il rito del lavoro, della ordinanza ammissiva della prova orale sia stata data lettura in pubblica udienza, dovendosi escludere in tale ipotesi la necessità di successiva comunicazione della stessa (Cass. 9 maggio 2007 n. 10539);

che a tanto consegue il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti in ragione dell’esito alterno delle fasi processuali.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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