Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17557 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. III, 21/08/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 21/08/2020), n.17557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6863-2018 proposto da:

YOKOGAWA ITALIA SRL, in persona del Direttore Generale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO, 25, presso lo studio dell’avvocato

ALFREDO SAMENGO, rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO MASSIMO

PANARESE;

– ricorrente –

contro

G.D. DI G.D.L. SRL in persona dell’Amministratore Unico

e legale Rappresentante pro tempere, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA, 142, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FRANCO FERRARI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4659/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALFREDO SAMENGO, per delega;

udito l’Avvocato CHIARA GIUBILEO, per delega.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 13/12/2017, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato le domande proposte dalla Yokogawa Italia s.r.l. per la pronuncia della risoluzione dei contratti di locazione commerciale stipulati dalla società attrice (in qualità di conduttrice) con la GD di G.D.L. s.r.l. (in qualità di locatrice), oltre che per la restituzione dei canoni corrisposti e non dovuti, e per l’accertamento dell’inesistenza di alcun ulteriore credito della società locatrice.

2. Con la stessa decisione, la corte d’appello ha confermato la pronuncia con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla GD di G.D.L. s.r.l., ha condannato la Yokogawa Italia s.r.l. al pagamento, in favore della società locatrice, di quanto ancora a quest’ultima dovuto a titolo di canoni e spese.

3. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come la circostanza che gli immobili concessi in locazione alla Yokogawa fossero risultati affetti da abusi di carattere edilizio non fosse valsa a impedire il pieno godimento degli stessi immobili da parte della società conduttrice, che ne aveva fatto uso senza alcun tipo di pregiudizi e senza alcuna forma di ingerenza, di controllo o di limitazione da parte dell’autorità amministrativa, con la conseguente persistente integrità del sinallagma contrattuale, dovendo, in ogni caso, escludersi che la concessione in godimento di immobili abusivi integrasse gli estremi di una nullità contrattuale.

4. Avverso la sentenza d’appello, la Yokogawa Italia s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione.

5. La GD di G.D.L. s.r.l. resiste con controricorso.

6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale violato il principio della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, modificando i fatti addotti a sostegno della domanda di risoluzione contrattuale, nella specie fondata, non già sull’impossibilità del godimento degli immobili locati, bensì sull’inadempimento della controparte alle obbligazioni dalla stessa espressamente assunte, consistenti nel mettere a disposizione del conduttore dei locali “a norma e conformi all’uso”.

2. Il motivo è infondato.

3. Osserva il Collegio come la Corte d’appello abbia correttamente esaminato la domanda di risoluzione contrattuale proposta dall’odierna società ricorrente, sottolineando, da un lato, come la circostanza che i locali non fossero “a norma e conformi all’uso” (secondo la denuncia della parte conduttrice) non avesse in concreto assunto alcun rilievo sul piano della persistente conservazione dell’equilibrio contrattuale e della conveniente soddisfazione degli interessi della società conduttrice, avendo quest’ultima pacificamente goduto in modo pieno e senza contestazioni o limitazioni di sorta dei beni concessi in locazione, con la conseguente attestazione, in fatto, dell’integrale conformità degli immobili locati all’uso cui gli stessi erano stati destinati sin dall’origine del rapporto.

4. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale omesso di considerare tre delle quattro censure sollevate in sede d’appello avverso la sentenza di primo grado, aventi a oggetto l’inadempimento contrattuale della società locatrice, con particolare riguardo: 1) alla contestata sussistenza del sinallagma contrattuale in ragione del mancato adempimento dell’obbligazione assunta dalla locatrice di porre a disposizione locali a norma e conformi all’uso; 2) alla violazione del principio di buona fede; 3) alla gravità dell’inadempimento contestato.

5. Il motivo è, in parte, infondato e, per altro verso, inammissibile.

6. Varrà in primo luogo ribadire come la corte territoriale abbia espressamente considerato la questione del persistente equilibrio e dell’integrità del sinallagma contrattuale nella fase esecutiva del rapporto, sottolineando la sostanziale irrilevanza, sul piano nell’economia del contratto, del carattere abusivo degli immobili concessi in godimento e la piena conformità all’uso degli stessi in ragione del modo in cui la società conduttrice era stata in grado, di fatto, di farne uso.

7. Sotto altro profilo, del tutto inammissibile deve ritenersi la contestazione sollevata avverso la pretesa mancata considerazione della violazione del principio di buona fede e della gravità dell’inadempimento del locatore, trattandosi di questioni necessariamente superate e decise per implicito dal giudice d’appello attraverso la motivata esclusione di alcun inadempimento addebitabile alla società locatrice, la cui valutazione, nel merito, deve ritenersi inammissibile in questa sede di legittimità, laddove diretta, attraverso la riconsiderazione delle circostanze rilevanti ex fide bona o sul piano della gravità del comportamento contrattuale, a un riesame, anche surrettizio, dei fatti di causa.

8. Ciò posto, il cuore dell’esame imposto dall’odierna impugnazione deve ritenersi identificato dalla concreta verifica, in diritto, della correttezza dell’affermazione, fatta propria dalla Corte d’appello, secondo cui la concessione in godimento di un immobile abusivo non costituisce in alcun modo inadempimento, là dove il conduttore sia stato pienamente in grado di avvalersi dell’immobile senza alcuna limitazione.

9. Sul punto, varrà preliminarmente osservare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio integralmente condivide e ribadisce, al fine di assicurarne continuità), l’eventuale non conformità dell’immobile locato alla disciplina edilizia ed urbanistica non determina l’illiceità dell’oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell’oggetto previsto dall’art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sè (Sez. 3, Sentenza n. 19190 del 15/12/2003, Rv. 568939 – 01), nè è illecita la causa, ai sensi dell’art. 1343 c.c., perchè locare un immobile costruito senza licenza, nè condonato, non è in contrasto con l’ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l’organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico (Sez. 3, Sentenza n. 4228 del 28/04/1999, Rv. 525833 – 01).

10. In particolare, è appena il caso di rilevare come il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz’altro costituire fonte di responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato, non comporta l’invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme (Sez. 3, Sentenza n. 12275 del 27/05/2009, Rv. 608284 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5672 del 22/03/2004, Rv. 571373 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4228 del 28/04/1999, Rv. 525833 – 01, v., altresì, Sez. U, Sentenza n. 2034 del 20/03/1985, Rv. 439944 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 583 del 29/01/1982, Rv. 418326 – 01).

11. Ancora di recente, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito come, in tema di locazione di immobile ad uso abitativo, posto che il modo di atteggiarsi dei beni abusivi non può di per sè solo valere a integrare le vietate ipotesi d’illiceità o d’impossibilità dell’oggetto ovvero d’illiceità della prestazione o della causa, il carattere abusivo dell’immobile o la mancanza di certificazione di abitabilità non importa nullità del contratto locatizio, non incidendo i detti vizi sulla liceità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 c.c. (che riguarda la prestazione) o della causa del contratto ex art. 1343 c.c. (che attiene al contrasto con l’ordine pubblico), nè potendo operare la nullità L. n. 47 del 1985, ex art. 40 (che riguarda solo vicende negoziali con effetti reali): ne consegue l’obbligo del conduttore di pagare il canone anche con riferimento alla locazione di un immobile avente i caratteri suddetti (Sez. 2, Ordinanza n. 27485 del 28/10/2019, Rv. 655677 01).

12. Esclusa l’incidenza del carattere abusivo dell’immobile locato sul piano della validità negoziale, rileva il Collegio come neppure vale, a conferire rilievo negoziale al ridetto carattere, il richiamo alla disciplina in tema di vizi della cosa locata ex art. 1578 c.c..

13. Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 c.c. – la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull’idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, ma non l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento – quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione (Sez. 3, Sentenza n. 24459 del 21/11/2011, Rv. 620557 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11198 del 15/05/2007, Rv. 596463 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8942 del 18/04/2006, Rv. 588728 – 01).

14. Proprio la diretta inerenza della nozione di vizio della cosa locata (ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1578 c.c.) alla struttura materiale del bene, ha indotto il più recente (e condivisibile) orientamento interpretativo di questa Corte a escludere, dal discorso sui vizi della cosa (oltre che da quello sulla validità contrattuale), tutti i casi in cui il bene concesso in godimento sia privo dei titoli amministrativi necessari o indispensabili ai fini dell’utilizzazione della stessa cosa, in sè considerata (ossia, secondo la propria intrinseca destinazione economica), o in conformità all’uso convenuto tra le parti, dovendo tale questione integralmente risolversi sul terreno dell’adempimento delle obbligazioni reciprocamente assunte dai contraenti (v., da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 20796 del 20/08/2018, Rv. 650414 – 02, ed altresì Sez. 3, Sentenza n. 15377 del 26/07/2016, Rv. 641148 – 01), e non già sul piano dei vizi della cosa locata, come pure un non trascurabile orientamento della giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni (incondivisibilmente) ritenuto di poter fare (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 15378 del 13/06/2018, Rv. 649057 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12286 del 07/06/2011, Rv. 618122 – 01).

15. Condotto, pertanto, sul terreno dei prospettabili inadempimenti delle parti, il discorso sulla natura abusiva dell’immobile locato chiede dunque di risolversi nell’analisi degli interessi disposti in sede contrattuale, potendo individuarsi un eventuale inadempimento del locatore solo là dove il carattere abusivo dell’immobile concesso in godimento abbia in qualche misura inciso su un qualche concreto profilo di interesse del conduttore.

16. Ciò posto – finchè nessuna limitazione, contestazione o turbativa del godimento abbia condizionato la sfera del conduttore – spetterà a quest’ultimo allegare e fornire la prova del concreto pregiudizio subito per effetto di tale particolare caratteristica giuridica del bene, dovendo escludersi il ricorso di alcun inadempimento del locatore, in ragione della mera circostanza, in sè, del carattere abusivo dell’immobile locato, non costituente, in quanto tale, un pregiudizio in re ipsa per il conduttore.

17. Nella specie, del tutto correttamente i giudici del merito hanno escluso il ricorso di alcun inadempimento del locatore, non avendo la società conduttrice provveduto ad allegare e dimostrare di aver subito alcuno specifico e concreto pregiudizio, o profilo di danno, in conseguenza del carattere abusivo degli immobili locati.

18. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale violato il principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, considerando, quale inadempimento del locatore, la sussistenza del prospettato ordine di abbattimento degli immobili locati, e non già l’inadempimento all’obbligazione di consegnare locali non a norma e non conformi all’uso.

19. Il motivo è infondato.

20. Sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia correttamente affrontato il tema dell’abusività degli immobili locati sul terreno del paventato inadempimento di parte locatrice, (escludendone in fatto il concreto ricorso), limitandosi a richiamare la vicenda dell’avvenuto annullamento in sede giurisdizionale dell’ordine di abbattimento degli immobili locati, non già al fine di escludere in modo diretto (ossia a causa di tale annullamento) l’inadempimento del locatore, bensì al solo scopo di ribadire, anche sotto tale profilo, come nessun concreto pregiudizio fosse stato effettivamente sofferto dal conduttore.

21. Con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1578 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte d’appello erroneamente escluso l’inadempimento del locatore in ragione dell’intervenuto annullamento del provvedimento di abbattimento dei locali concessi in godimento, trascurando di rilevare l’insussistenza di tutte le condizioni alle quali la giurisprudenza di legittimità subordina, al completamento dell’iter amministrativo riferito all’eventuale sanatoria o all’adeguamento dell’immobile locato, l’invocazione dei vizi connessi al relativo carattere abusivo.

22. Il motivo è infondato.

23. Alla luce di quanto in precedenza argomentato – con riguardo alla riconducibilità, della questione del carattere abusivo degli immobili locati, al terreno dell’inadempimento contrattuale, e non già a quello dei vizi della cosa locata (cfr. parr. 12-14) -, tenuta ferma l’affermazione del principio secondo cui l’effettivo, concreto e integrale godimento del bene, da parte del conduttore, esclude alcun inadempimento del locatore per effetto dell’abusività dell’immobile locato (salvo che il conduttore non provi di aver sofferto un qualche concreto pregiudizio in ragione di tale qualità giuridica del bene), del tutto irrilevante deve ritenersi il tema dell’incidenza o della sorte dell’iter amministrativo riferito all’eventuale sanatoria o all’adeguamento dell’immobile locato.

24. Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1578 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato che la mera detenzione dell’immobile locato, da parte del conduttore, impedisce a quest’ultimo di invocare la risoluzione di un contratto di locazione riguardante immobili non a norma e non conformi all’uso.

25. Il motivo deve ritenersi infondato, sulla base delle considerazioni già sviluppate nelle motivazioni dettate a fondamento del rigetto del secondo e del quarto motivo.

26. Sulla base delle considerazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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