Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17553 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. III, 21/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 21/08/2020), n.17553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31796-2018 proposto da:

O. AUTOMAZIONE COSTRUZIONE MACCHINE SPECIALI srl, in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in Roma,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ENRICO GINEVRA;

– ricorrente –

contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente

della Regione, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLONNA,

355, presso lo studio dell’avvocato REGIONE FVG UFFICIO

RAPPRESENTANZA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAURO COSSINA;

– controricorrente –

e contro

FRIULOVEST BANCA CREDITO COOPERATIVO SOC COOP;

– intimata –

avverso la sentenza n. 137/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società O. Automazione Costruzione Macchine Speciali S.r.l. (d’ora in poi, ” O. Automazione”) ricorre, sulla base di otto motivi, per la cassazione della sentenza n. 137/18, del 28 marzo 2018, della Corte di Appello di Trieste, che – respingendone il gravame contro la sentenza n. 340/16, del 29 aprile 2016, del Tribunale di Trieste – ha confermato la decisione del primo giudice. Detta pronuncia, in particolare, ne dichiarava il difetto di legittimazione in relazione alla domanda avanzata verso la società Friulovest Banca di Credito Cooperativa S.c.a.r.l. (d’ora in poi, “Friulovest”) e volta ad accertare che non era dovuto il pagamento effettuato da tale società, in favore della Regione Friuli Venezia-Giulia, nella qualità di fideiussore di essa O. Automazione.

2. Riferisce, in punto di fatto, di essere stata inizialmente ammessa a fruire di un contributo da parte della Regione Friuli Venezia-Giulia, ed esattamente di un incentivo per la realizzazione di un progetto di ricerca sviluppo e innovazione (specificamente, in relazione ad un sistema di generazione di energia fotovoltaica), essendo stata, pertanto, destinataria della somma di Euro 257.343,41. Riferisce, altresì, di aver percepito anche un’anticipazione del contributo stesso, nella misura del 80% (e dunque l’importo di Euro 205.878,73), avendo presentato, secondo quanto stabilito nel bando di gara, una fideiussione bancaria, nella specie erogata in suo favore dalla società Friulovest.

Tanto premesso, deduce che, con riferimento a tale vicenda, si determinava un ampio contenzioso che la vedeva contrapposta alla Regione e alla predetta società Friulovest.

Riferisce, infatti, dell’avvenuta adozione, da parte della Regione, di un provvedimento di revoca del contributo, in relazione al quale instaurava un giudizio – differente da quello che ha messo capo alla sentenza qui impugnata – volto all’accertamento dell’illegittimità della revoca. Per parte propria, la società Friulovest – dopo che l’odierna ricorrente aveva conseguito, almeno inizialmente, un provvedimento ex art. 700 c.p.c., con cui era stata accolta la domanda dell’odierna ricorrente di sospensione dell’efficacia di provvedimento regionale recante la revoca del contributo e l’ordine alla beneficiaria di restituzione dell’anticipo ricevuto (ma non anche l’ulteriore domanda cautelare, volta ad inibire a Friulovest il pagamento della polizza fideiussoria) – conveniva, nel giudizio di merito, O. Automazione e la Regione, al fine di far valere nei confronti di quest’ultima la cd. “exceptio doli”. L’odierna ricorrente, peraltro, chiedeva in via riconvenzionale (per quanto qui ancora di interesse) l’accertamento che nessun pagamento, sulla base della fideiussione, fosse dovuto da Friulovest sino alla definizione del diverso giudizio di cui si diceva, ovvero quello volto alla declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca del contributo.

Orbene, avendo Friulovest rinunciato alla propria domanda, il giudizio innanzi all’adito Tribunale proseguiva, unicamente, per la decisione sulla riconvenzionale di O. Automazione, concludendosi con la declaratoria di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva, decisione confermata dalla Corte giuliana, che respingeva il gravame dell’odierna ricorrente. A tale esito il giudice di appello perveniva sul presupposto che quella rilasciata da Friulovest fosse una garanzia non di natura fideiussoria, bensì “a prima richiesta”, senza alcuna possibilità di verifica, da parte del garante, dell’avvenuto inadempimento, essendo Friulovest tenuta a pagare alla Regione “irrevocabilmente e incondizionatamente”. Inoltre, il giudice di appello, sul presupposto che la richiesta di pagamento da parte della Regione risultava essere stata accompagnata dalla trasmissione del motivato decreto di revoca del contributo, per ciò solo escludeva che tale richiesta si potesse ritenere, “ictu oculi”, fraudolenta ed abusiva, e tale, pertanto, da giustificare la cosiddetta “exceptio doli”.

3. La società Friulovest resiste, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

4. Anche la Regione Friuli Venezia-Giulia resiste, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

5. Le società O. Automazione e Friulovest hanno presentato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denunzia “violazione e/o falsa applicazione” delle norme di cui agli artt. 1936,1944 e 1945 c.c., “così come interpretate” da Cass. Sez. Un., sent. 18 febbraio 2010, n. 3947, “sul valore della clausola “a prima richiesta” (e simili) ai fini della qualificazione di una garanzia personale”, in particolare con riferimento alla “incompatibilità del carattere “autonomo” garanzia con il carattere solidale dell’obbligazione in rapporto a quella del debitore principale”.

Censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che la qualificazione come garanzia “autonoma” (e non fideiussoria) di quella prestata da Friuliovest dipenda, unicamente, dalla circostanza che essa fosse destinata a divenire operativa “in base alla sola richiesta scritta (…) con (mera) specificazione dell’inadempienza riscontrata, senza alcuna possibilità di verifica dell’evocato inadempimento da parte della garante, tenuta a pagare “irrevocabilmente e incondizionatamente””.

Assume, in particolare, che la qualificazione della clausola come “a prima richiesta” sia, innanzitutto, il risultato di “un’arbitraria amputazione della previsione negoziale”, essendo essa “differente rispetto a quella trascritta”, fermo restando, inoltre, che, nel desumere solo dalla sua presenza la natura “autonoma” della garanzia personale prestata, sarebbe stato disatteso il citato arresto delle Sezioni Unite, che fa salva l’ipotesi – ravvisabile nel presente caso, in ragione del carattere “solidale” dell’obbligazione della società garante – della “evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto “altro” della convenzione negoziale”. Difatti, poichè nella fideiussione – a differenza che nel contratto autonomo di garanzia – il garante assume, secondo il citato arresto delle Sezioni Unite, un ruolo di “vicario” del debitore principale, rispondendo della sua identica obbligazione, la circostanza che Friulovest abbia assunto un obbligazione qualificata come “solidale” e di identico importo rispetto a quella dell’odierna ricorrente, rivela l’impossibilità di ricondurre la presente fattispecie a quella del contratto autonomo di garanzia.

7. Il secondo motivo costituisce sviluppo del precedente, visto che, sulla base degli stessi argomenti, con esso la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “l’omesso esame delle clausole della garanzia” che “qualificano l’obbligazione assunta dal garante come “solidale” con l’obbligazione assunta dal debitore nel rapporto base”.

8. Con il terzo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione” delle norme di cui agli artt. 1936,1944 e 1945 c.c., “così come interpretate” da Cass. Sez. Un., sent. 18 febbraio 2010, n. 3947, “sul valore della clausola “a prima richiesta” (e simili) ai fini della qualificazione di una garanzia personale”, in particolare con riferimento alla “incompatibilità del carattere “autonomo” garanzia con l’incorporazione, all’interno della stessa, delle clausole del rapporto garantito”.

Censura la sentenza impugnata sul rilievo che, ove essa avesse fatto corretta applicazione del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (secondo cui, come detto, la presenza della clausola “a prima richiesta” non comporta, automaticamente, la qualificazione della garanzia personale come “autonoma”),, avrebbe dovuto dare rilievo a quanto evidenziato, in ambo i giudizi di merito, da essa O. Automazioni, ovvero al fatto che, incompatibile con il modello della garanzia autonoma, sarebbero “il continuo richiamo e la dipendenza dall’obbligazione principale”, avendo essa assunto il carattere di “incorporazione delle clausole del rapporto base”.

In particolare, tg sostiene che sarebbe “sicuramente idonea ad incorporare nella garanzia personale le clausole originariamente proprie del negozio sottostante”, la previsione, contenuta nel contratto di garanzia, secondo cui la garanzia stessa può essere escussa “nel caso di mancata realizzazione o di parziale realizzazione del progetto/iniziativa oggetto di contributo e/o di inosservanza delle prescrizioni riportate nelle leggi, regolamenti e nei bandi nazionali, regionali e comunitari che disciplinano l’attuazione delle attività” oggetto dell’incentivo.

9. Il quarto motivo costituisce sviluppo di quello immediatamente precedente, visto che, sulla base degli stessi argomenti ivi sviluppati, con esso la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “l’omesso esame delle clausole che stabiliscono un legame inscindibile tra le sorti della garanzia personale” e quelle “del rapporto garantito”.

10. Con il quinto motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – la ricorrente denunzia “violazione e/o falsa applicazione” delle norme di cui agli artt. 1936,1944 e 1945 c.c., “così come interpretate” da Cass. Sez. Un., sent. 18 febbraio 2010, n. 3947, “sul valore della clausola “a prima richiesta” (e simili) ai fini della qualificazione di una garanzia personale”, in particolare con riferimento alla “incompatibilità del carattere “autonomo” garanzia con l’assoggettamento della garanzia stessa alla disciplina prevista ex artt. 1936 ss. c.c.”.

Censura la sentenza impugnata per non aver valutato, come elemento di “evidente, patente, irredimibile discrasia” rispetto alla qualificazione della garanzia come “autonoma”, la presenza, nel testo contrattuale, della previsione secondo cui “la L.R. n. 3 del 1995, art. 4 dispone che le fideiussioni prestate ai sensi degli artt. 1936 c.c. e ss., a garanzia di obbligazioni assunte da terzi nei confronti della Regione,- devono comunque prevedere l’esclusione del beneficio della preventiva escussione del debitore principale”.

11. Il sesto motivo costituisce sviluppo di quello immediatamente precedente, visto che, sulla base degli stessi argomenti ivi proposti, con esso la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “l’omesso esame delle clausole che considerano la garanzia personale” oggetto di lite “come prestata ai sensi degli artt. 1936 c.c. e ss.”.

12. Con il settimo motivo la ricorrente denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – “l’omesso esame della concreta insussistenza nella garanzia personale” oggetto di lite “della clausola “a prima richiesta” (e simili)”.

In particolare, si duole del fatto che la Corte territoriale, per qualificare come “a prima richiesta” l’unica clausola posta a fondamento della ritenuta natura “autonoma” della garanzia prestata, non solo ne ha riprodotto il testo in modo incompleto, ma ha fatto anche riferimento ad una “mera” inadempienza, quale presupposto per la sua escussione, senza che di tale attributo vi si traccia nel contenuto della clausola.

13. Con l’ottavo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – l’omesso esame della “sussistenza, nel caso concreto, dei presupposti per l’esperimento del rimedio dell'”exceptio doli” per paralizzare la pretesa di pagamento avanzata dalla Regione in sede di escussione”.

Sottolinea l’odierna ricorrente di aver già rilevato, nel corso dei due gradi di merito, come il carattere “abusivo” della richiesta di pagamento, avanzata verso Friulovest dalla Regione, fosse desumibile dal valore “confessorio” delle difese da quest’ultima svolte nel già menzionato procedimento ex art. 700 c.p.c.

Infatti, nella comparsa di costituzione e risposta, la Regione aveva affermato come il provvedimento di revoca del contributo non fosse “immediatamente eseguibile, atteso che, non rivestendo lo stesso natura di titolo esecutivo”, bensì quella “di atto amministrativo paritetico”, avrebbe necessitato “comunque di un previo ricorso ad una procedura ingiuntiva”. Vi sarebbe, dunque, la prova che il credito di cui essa ha preteso il pagamento non fosse esigibile, anzi neppure certo, visto che i rilievi con i quali l’odierna ricorrente aveva contestato – in separato giudizio – il provvedimento di revoca del contributo (con contestuale richiesta di restituzione dell’anticipo erogato) – erano stati portati a conoscenza di Friulovest. Sussisteva, dunque, “prova liquida” del carattere abusivo della richiesta di pagamento della garanzia, che avrebbe legittimato – anche a ritenere la garanzia come “autonoma” – Friulovest a rifiutare il pagamento, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che ha escluso la ricorrenza di tale prova.

14. “In limine”, deve essere delimitato il novero dei motivi di ricorso utilmente scrutinabili da questa Corte, ovvero destinati a superare il preliminare vaglio di ammissibilità.

14.1. In questa prospettiva, va innanzitutto notato che ben cinque degli otto motivi (il secondo, il quarto, il sesto, il settimo e l’ottavo) risultano proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Orbene, atteso che l’odierna ricorrente ha già proposto gravame contro sentenza resa, in prime cure, in data 29 aprile 2016, l’atto di appello risulta proposto posteriormente all’11 settembre 2012, sicchè trova nella specie applicazione “ratione temporis” l’art. 348-ter c.p.c., u.c. (cfr. Cass. Sez. 5, sent. 18 settembre 2014, n. 26860, Rv. 633817-01; in senso conforme, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 9 dicembre 2015, n. 24909, Rv. 638185-01, nonchè Cass. Sez. 6-5, ord. 11 maggio 2018, n. 11439, Rv. 648075-01), norma che preclude, in un caso – qual è, appunto, quello presente – di cd. “doppia conforme di merito”, la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

14.2. In ogni caso, anche altre ragioni depongono per l’inammissibilità di tali motivi.

Invero, i motivi secondo, quarto, sesto e settimo, deducono quale oggetto del denunciato “omesso esame”, nella sostanza, questioni che attengono alla ricostruzione del contenuto e all’interpretazione di clausole contrattuali, sicchè va data continuità al principio secondo cui, “in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5), in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi” (Cass. Sez. 3, sent. 8 marzo 2017, n. 5795, Rv. 643401-01; in senso conforme Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20718, Rv. 650016-02). Difatti, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) ricorre solo quando l’omissione investa un “fatto vero e proprio” (non una “questione” o un “punto” della sentenza) e, quindi, “un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo” (così, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 8 settembre 2016, n. 17761, Rv. 641174-01; nello stesso senso Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01), vale a dire “un preciso accadimento, ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico” (Cass. Sez. 5, sent. 8 ottobre 2014, n. 21152, Rv. 632989-01; Cass. Sez. Un., sent. 23 marzo 2015, n. 5745, non massimata), “un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto” (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 5 marzo 2014, n. 5133, Rv. 62964701).

D’altra parte, l’inammissibilità dell’ottavo motivo deriva anche dalla constatazione che esso si risolve non già nella denuncia della totale pretermissione di un fatto, bensì nella censura dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa l’assenza di una prova liquida della “exceptio doli” (condizione, peraltro, indispensabile perchè la stessa possa essere sollevata; cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2019, n. 30509, Rv. 655839-02) e ciò, per giunta, attraverso la sollecitazione ad una revisione del materiale istruttorio, in contrasto con il principio secondo cui il “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458).

15. Anche i motivi di ricorso terzo e quinto sono inammissibili, quantunque per ragioni diverse da quelle appena illustrate.

Essi, infatti, si risolvono, nella sostanza, in censure che attengono all’interpretazione dell’impegno contrattuale assunto da Friulovest, giacchè si ritiene che la sua qualificazione come contratto autonomo di garanzia – nel valorizzare unicamente la previsione del pagamento a “prima richiesta” – non abbia tenuto in debito conto la presenza di altre clausole o, comunque, previsioni contrattuali.

Sul punto occorre muovere dalla constatazione che – come ripetutamente affermato da questa Corte – “la qualificazione del contratto consta di due fasi consistenti, la prima, nella individuazione ed interpretazione della comune volontà dei contraenti, la seconda, nell’inquadramento della fattispecie negoziale nello schema legale paradigmatico corrispondente agli elementi, in precedenza individuati, che ne caratterizzano la esistenza”, con la precisazione che le operazioni “ermeneutiche attinenti alla prima fase costituiscono espressione dell’attività tipica del giudizio di merito, il cui risultato, concretandosi in un accertamento di fatto, non è in termini generali sindacabile in sede di legittimità (salvo che per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss.), la seconda, concernente l’inquadramento della comune volontà, come appurata, nello schema legale corrispondente, si risolye nell’applicazione di norme giuridiche e può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (così da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 5 dicembre 2017, n. 29111, Rv. 646340-01; nello stesso senso, tra le tante, Cass. Sez. 3, sent. 12 gennaio 2006, n. 420, Rv. 586972-01; Cass. Sez. 2, sent. 3 novembre 2004, n. 21064, Rv. 577929-01; Cass. Sez. 2, sent. 25 gennaio 2001, n. 1054, Rv. 543449-01).

Nel caso che occupa, tuttavia, la ricorrente non precisa quali siano i canoni di ermeneutica contrattuale violati dalla sentenza impugnata, nella qualificazione del contratto come “garanzia autonoma”, ed in particolare nell’aver attribuito rilievo dirimente alla clausola di pagamento “a prima richiesta”, sicchè va fatta applicazione del principio secondo cui “la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss.” (ciò che, peraltro, nella specie non è neppure avvenuto), “avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (così, da ultimo, tra le molte, Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28319, Rv. 646649-01). Nello stesso solco, peraltro, si inserisce l’affermazione secondo cui il “motivo di ricorso per cassazione che denunci la violazione, da parte del giudice del merito, dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., deve essere formulato attraverso la puntuale e precisa enunciazione delle ragioni per le quali un dato criterio sarebbe stato erroneamente applicato, non assumendo rilievo la circostanza che nella sentenza impugnata risulti omesso l’espresso riferimento ad uno specifico criterio interpretativo legale” (Cass. Sez. 3, ord. 21 luglio 2017, n. 15350, Rv. 644814-02).

16. Con particolare riferimento all’ottavo motivo di ricorso, va d’altro canto sottolineato che esso si appalesa altresì non fondato.

A fronte del rilievo secondo cui, in presenza nel contenuto del contratto della clausola “a prima richiesta”, è da ravvisare, quale elemento ostativo alla qualificazione della fattispecie negoziale come contratto autonomo di garanzia (sotto forma di “evidente, patente, irredimibile discrasia con l’intero contenuto “altro” della convenzione negoziale”), la previsione del carattere “solidale” dell’obbligazione del garante, va, infatti, osservato che la concreta fattispecie contrattuale sottoposta all’esame di questa Corte esclude sia il beneficio della preventiva escussione che l’inopponibilità di ogni eccezione relativa al rapporto fondamentale, elemento, quest’ultimo, centrale nella qualificazione del contratto come “garanzia autonoma”.

In secondo luogo, va sottolineato che decisivo rilievo assume il principio affermato dalla giurisprudenza di merito, richiamata da Friulovest nel proprio controricorso, secondo cui, se “la causa concreta della garanzia autonoma è (…) proprio quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione dell’obbligazione principale” (sul punto, peraltro, si vedano, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2019, n. 30509, Rv. 655839-01; Cass. Sez. 3, ord. n. 22 novembre 2018, n. 30181, Rv. 651849-01; Cass. Sez. 3, ord. 13 luglio 2018, n. 18572, Rv. 649730-01), al contempo, da ciò, “non può automaticamente discendere la natura non solidale della garanzia autonoma”, come emerge dall’art. 1293 c.c. secondo cui “la solidarietà non è esclusa dal fatto che i singoli debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse, o il debitore comune sia tenuto con modalità diverse di fronte ai singoli creditori”, sicchè “il carattere di solidarietà tra il credito del garante e il credito del debitore principale non può ritenersi escluso “ex se” dalla natura autonoma della garanzia” (così Trib. Milano, sent. 23 marzo 2018, n. 3437).

17. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

18. A carico della ricorrente sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente “società Friulovest Banca di Credito Cooperativa S.c.a.r.l. e alla Regione Friuli Venezia-Giulia, liquidate per la prima in Euro 8.000,00 e per la seconda in Euro 5.300,00, oltre 200,00 per esborsi, più spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge, per entrambe.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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