Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17550 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. III, 21/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 21/08/2020), n.17550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12773-2017 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEMETRIO

LAGANA’;

– ricorrente –

contro

HDI ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 45, presso

lo studio dell’avvocato MICHELE ARDITI DI CASTELVETERE, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

CENTRO DISTRIBUZIONE ALIMENTARI SAS DI F.G., in persona del

suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROSARNO, VIA ROMA TRAV T. SPERI, presso lo studio dell’avvocato

GIACOMO FRANCESCO SACCOMANNO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1843/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha chiesto

l’accoglimento dei motivi 1-2-3 e 4 di ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.L. ricorre, sulla base di otto motivi, per la cassazione della sentenza ex art. 281-sexis c.p.c.n. 1843/17, del 16 marzo 2017, della Corte di Appello di Roma, che respingendone il gravame contro la sentenza n. 4580/10 del Tribunale di Roma – ha confermato la decisione di rigettare la domanda di accertamento ex art. 549 c.p.c. dell’obbligo della società HDI Assicurazioni S.p.a. di corrispondergli quanto da essa dovuto, a titolo di indennizzo assicurativo, alla propria debitrice società Centro Distribuzione Alimentari S.a.s, e di condanna della medesima terza pignorata a risarcirgli il danno sia da ritardata esecuzione (per avere HDI Assicurazioni reso una dichiarazione “di tenore indubbiamente reticente, elusiva e non rispondente al vero”), sia ex art. 96 c.p.c.

2. Riferisce, in punto di fatto, di essere creditore della società Centro Distribuzione Alimentari (d’ora in poi, “CDA”) e di avere, pertanto, proceduto a pignoramento, nelle forme previste dall’art. 543 c.p.c., nei confronti della società HDI Assicurazioni (d’ora in poi, “HDI”), affinchè quest’ultima, debitrice di CDA, rendesse la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c.

Assume, infatti, che a seguito di incendio verificatosi tra il (OMISSIS), all’esito del quale erano andate distrutte attrezzature ed arredi di proprietà di CDA, quest’ultima vantava un credito indennitario nei confronti di HDI, dal momento che quegli arredi e quelle attrezzature erano stati dati in “affitto” alla società Maxi Market S.r.l., impegnatasi, per parte propria, a stipulare una polizza contro il rischio incendi, tanto da aver concluso, con HDI, un contratto di assicurazione per un valore minimo di Euro 180.000,00.

Sul presupposto che HDI avesse riconosciuto, con missiva del 13 ottobre 2004, di essere tenuta al pagamento dell’indennizzo nei suoi confronti (giacchè la società assicuratrice lo informava che gli importi erogati alla ditta assicurata, Maxi Market, dovessero intendersi “al netto delle somme pignorate le quali si riferiscono, proporzionalmente, all’indennizzo dovuto per i beni di proprietà del Centro Distribuzioni Alimentari”, beni “locati alla ditta assicurata”, ovvero la predetta Mini Market), aveva pertanto instaurato il giudizio per la dichiarazione del terzo debitore. Tuttavia, nel corso della udienza del 5 luglio 2005 finalizzata agli adempimenti di cui all’art. 547 c.p.c., il procuratore speciale di HDI aveva dichiarato l’insussistenza di “obblighi di natura patrimoniale da parte di HDI Assicurazioni S.p.a. nei confronti del Centro Distribuzione Alimentari S.a.s. in relazione a qualsivoglia rapporto”, è ciò in quanto, in relazione al già ricordato sinistro del (OMISSIS), essa non aveva “mai ricevuto ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 2, richiesta da parte dell’assicurato a provvedere in via diretta alla liquidazione in favore dei danneggiati”.

Radicato, pertanto, dall’odierno ricorrente il cd. giudizio di propalazione ha avuto l’esito sopra indicato.

3. Avverso la decisione della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione il B., sulla base di otto motivi, i primi quattro, peraltro, illustrati unitariamente, e in realtà tutti da intendere – come si dirà – alla stregua di un unico complesso motivo.

4. La società HDI ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

5. Anche CDA ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto.

6. La controricorrente CDA ha depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.

7. E’ intervenuto in giudizio il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, per chiedere l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denunzia violazione dell’art. 1891 c.c.

Con il secondo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.

Con il terzo motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1366,1367 e 1371 c.c.

Con il quarto motivo denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.

8.1. I quattro motivi sono illustrati unitariamente – e in tali termini vanno, dunque, decisi – e censurano la sentenza impugnata laddove ha escluso che la stipulazione della polizza per il rischio incendi potesse intendersi avvenuta “per conto altrui o per colui che fosse risultato proprietario al momento del sinistro”, vale a “dire per conto di chi spetta”, affermando che “il contratto avrebbe dovuto prevedere una specifica differenziazione fra il contraente e l’assicurato”, laddove, nella specie, “l’unico beneficiario danneggiato è il contraente, salvo i rapporti interni fra quest’ultimo e il proprietario di alcuni beni danneggiati”.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto inapplicabile l’art. 1891 c.c., e ciò sul presupposto che la polizza fosse stata sottoscritta esclusivamente dalla Maxi Market, facendo conseguire da detta circostanza la coincidenza della figura del contraente con quella dell’assicurato.

Si duole, in particolare, che la Corte territoriale sia pervenuta a tale conclusione omettendo l’esame di alcuni fatti decisivi, che se fossero stati tenuti in debito conto avrebbero comportato, con certezza, un diverso esito della controversia.

In particolare, lamenta che la Corte capitolina – pur avendo correttamente ritenuto che l’oggetto dell’assicurazione fosse stato esteso anche ai danni a cose di proprietà di terzi – ha finito, erroneamente, con identificare il contraente con l’assicurato, sul solo presupposto che non risultava indicato nominativamente in polizza un soggetto diverso dal contraente, beneficiario diretto dei diritti scaturenti dal contratto. In questo modo, tuttavia, essa ha limitato la propria indagine al dato testuale della mera sottoscrizione della polizza, senza svolgere alcuna indagine in ordine all’interesse a stipularla, anche con riferimento all’art. 1904 c.c., e all’individuazione della causa del contratto. Nè è stata qualsiasi forma accertata della comune volontà contrattuale delle parti (anche) in base alla valutazione complessiva dell’accordo.

Si duole che, in particolare, sia stata omessa la considerazione:

– della scrittura privata dell’11 agosto 2003, con cui la rappresentante legale della società CDA F.G. ha concesso in comodato al proprio figlio, C.G.A., nella qualità di amministratore unico della società Maxi Market, le attrezzature ivi analiticamente indicate, documento il cui contenuto è testualmente richiamato nel verbale di perizia del 21 giugno 2004 sottoscritto dai mandatari di HDI e Maxi Market, nonchè personalmente dallo stesso C.;

– dell’impegno contrattuale assunto con la Maxi Market a stipulare una polizza assicurativa contro il rischio incendio e furto delle attrezzature in questione, per un valore minimo di Euro 180.000,00, pari al valore commerciale delle stesse, documento anch’esso richiamato nel già indicato processo verbale di perizia;

– della clausola contenuta nel frontespizio della polizza, ove si legge che la Maxi Market presta le garanzie pattuite, nei limiti precisati nel contratto e alle condizioni di assicurazione riportate, tra l’altro, negli allegati richiamati nel frontespizio, da intendersi come parte integrante del contratto;

– delle definizioni contenute nelle condizioni di polizza, nelle quali si distingue fra “assicurato”, indicato quale soggetto nel cui interesse è stipulata l’assicurazione e a cui spettano i diritti da essa derivanti, e “contraente”, quale soggetto che stipula l’assicurazione e che assume gli obblighi da essa derivanti;

– dell’art. 6.7 delle condizioni contrattuali, rubricato “titolarità dei diritti nascenti dalla polizza”, secondo cui le azioni e le ragioni e i diritti nascenti dalla polizza non possono essere esercitati che dal contraente e dalla società, precisando che spetta, in particolare, al contraente compiere gli atti necessari all’accertamento e alla liquidazione dei danni, soggiungendo che gli stessi sarebbero stati vincolanti anche per l’assicurato e stabilendo, infine, che l’indennizzo liquidato a termine di polizza non può essere pagato se non nei confronti o col consenso dei titolari dell’interesse assicurato;

– del già richiamato processo verbale di perizia del 21 giugno 2004, sottoscritto, come detto, anche dal C., nella sua qualità di rappresentante legale della Maxi Market, nel quale si precisava che l’assicurata si sarebbe impegnata a presentare il nulla osta alla liquidazione dell’indennizzo da parte dei proprietari del capannone e della società CDA (quest’ultima, nella qualità di proprietaria degli impianti, attrezzature e arredi esistenti nei locali tenuti in comodato d’uso dalla Maxi Market).

Inoltre, lamenta che la sentenza impugnata ha omesso di considerare che la compagnia assicuratrice ha proceduto al pagamento dell’indennizzo alla Maxi Market previa detrazione delle somme pignorate a lui spettanti, avendo ritenuto inefficace il nullaosta rilasciato dalla legale rappresentante di CDA il 22 luglio 2004 (ovvero, oltre un mese dopo la notifica del pignoramento, avvenuta il 21 giugno 2004), nulla osta con cui ha autorizzata HDI a liquidare solo in favore di Maxi Market tutta la somma dovuta per i danni e alle attrezzature e ai macchinari conseguenti all’incendio del (OMISSIS).

Si duole, poi, che la stessa istruttoria abbia confermato come la proprietà dei beni sia di CDA, nonostante i tentativi volti a dissimulare una cessione dei beni a Maxi Market, anteriore al pignoramento, vicenda in relazione alla quale è stato disposto il rinvio a giudizio sia della F. che del C. per il reato di falsa testimonianza, oltre che per quello di truffa in suo danno.

Lamenta, altresì, che non adeguato rilievo è stato attribuito al giudizio che Maxi Market ha intentato nei confronti di HDI, innanzi al Tribunale di Palmi, e finalizzato al pagamento dell’indennizzo, così come all’inosservanza all’ordine di esibizione della comparsa di costituzione e risposta predisposta dalla società assicuratrice in quel giudizio, ordine emesso dal Tribunale di Roma nel primo grado di giudizio.

Si duole che la Corte d’Appello abbia dato esclusivamente rilievo alla sottoscrizione della polizza da parte del rappresentante legale della Maxi Market, ignorando il fatto che nell’assicurazione contro i danni, e in particolare nella polizza incendio, le figure dell’assicurato e del contraente possono non coincidere, essendo, il primo, parte del rapporto assicurativo, pur non essendo parte del contratto.

Sostiene che la non coincidenza tra assicurato e contraente è confermato dal fatto che non sarebbe altrimenti identificabile (nè dedotto in corso di causa, da parte di HDI e di CDA) alcun interesse giuridicamente qualificato in capo a Maxi Market rispetto alla perdita dei beni, salvo la pretesa proprietà degli stessi, peraltro smentita documentalmente.

Orbene, non attribuendo rilievo a tali circostanze, la Corte capitolina ha disatteso le regole di ermeneutica contrattuale sancite dagli articoli sopra richiamati, ed in particolare:

– l’art. 1362 c.c., che attribuisce rilievo, ai fini della ricostruzione della comune intenzione delle parti, anche al comportamento posteriore alla conclusione del contratto, ovvero, nella specie, l’impegno della Maxi Market a stipulare una polizza contro il rischio incendio, nonchè l’impegno della stessa a presentare il nulla osta all’incasso da parte del titolare dell’interesse assicurato;

– l’art. 1363 c.c., secondo cui le clausole contrattuali si interpretano le une per mezzo delle altre, vale a dire, nel caso che occupa, le definizioni contenute nelle condizioni di polizza, nelle quali si distingue fra “assicurato”, e “contraente”, nonchè il già richiamato art. 6.7 delle condizioni contrattuali, secondo cui spetta al contraente compiere gli atti necessari all’accertamento e alla liquidazione dei danni, precisando che gli stessi sarebbero stati vincolanti anche per l’assicurato e stabilendo, infine, che l’indennizzo liquidato a termine di polizza non può essere pagato se non nei confronti o col consenso dei titolari dell’interesse assicurato;

– l’art. 1366 c.c., e con esso il criterio dell’interpretazione secondo buona fede, che vincola l’interprete ad attribuire al contratto il significato che ciascuna delle parti era in grado di percepire, ovvero, nel presente caso, il significato percepibile in base all’impegno assunto da Maxi Market a rilasciare il nullaosta alla liquidazione dell’indennizzo ed avallato da HDI nel verbale di perizia, oltre che dal tardivo rilascio dello stesso a pignoramento ormai avvenuto;

– gli artt. 1367 e 1371 c.c., i quali, rispettivamente, stabiliscono che, nel dubbio, le singole clausole contrattuali debbono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, nonchè, in caso di oscurità, che il contratto a titolo oneroso debba essere inteso nel senso, di realizzare l’equo contemperamento degli interessi delle parti, giacchè l’interpretazione fatta propria dalla sentenza impugnata renderebbe il contratto assicurativo privo di causa, visto che il contraente non potrebbe assumere, in assenza di un interesse proprio, la veste di danneggiato, e che l’equo contemperamento non poteva che aversi con la verifica effettiva dell’interesse assicurato e il pagamento, al suo titolare, del relativo indennizzo.

8.2. I motivi vanno accolti, per quanto di ragione.

8.2.1. Sussiste, infatti, la violazione dell’art. 1363 c.c. allorchè il giudice, nella interpretazione dei contratti, abbia ad “arrestarsi ad una considerazione “atomistica” delle singole clausole”, da ritenersi preclusa anche “quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poichè anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza” (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 30 gennaio 2018, n. 2267, Rv. 649602-01).

Più in particolare, si è precisato, che il criterio dell’interpretazione complessiva delle clausole contrattuali risulta disatteso sia “nell’ipotesi della loro omessa disamina”, sia “quando il giudice utilizza esclusivamente frammenti letterali della clausola da interpretare e ne fissa definitivamente il significato sulla base della sola lettura di questi, per poi esaminare “ex post” le altre clausole, onde ricondurle ad armonia con il senso dato aprioristicamente alla parte letterale, oppure espungerle ove con esso risultino inconciliabili” (Cass. Sez. 1, sent. 4 maggio 2001, n. 9755, Rv. 617805-01).

Orbene, i vizi sopra evidenziati ricorrono nel caso di specie, visto che la sentenza impugnata – nel ritenere che, ai fini della qualificazione, come “per conto di chi spetta”, della polizza assicurativa in atti, “il contratto avrebbe dovuto prevedere una specifica differenziazione fra il contraente e l’assicurato” – non ha tenuto in debito conto, innanzitutto, le definizioni contenute nelle condizioni di polizza, nelle quali si distingue fra “assicurato”, indicato quale soggetto nel cui interesse è stipulata l’assicurazione e a cui spettano i diritti da essa derivanti, e “contraente”, quale soggetto che stipula l’assicurazione e che assume gli obblighi da essa derivanti. Nessun rilevo, in particolare, si è attribuito all’art. 6.7 delle condizioni contrattuali, rubricato “titolarità dei diritti nascenti dalla polizza”, secondo cui le azioni e le ragioni e i diritti nascenti dalla polizza non possono essere esercitati che dal contraente e dalla società, precisando che spetta, in particolare, al contraente compiere gli atti necessari all’accertamento e alla liquidazione dei danni, aggiungendo che gli stessi risultano vincolanti anche per l’assicurato e stabilendo, infine, che l’indennizzo liquidato a termine di polizza non può essere pagato se non nei confronti o col consenso dei titolari dell’interesse assicurato.

8.2.2. Ricorre, d’altra parte, anche la violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2.

La Corte capitolina si è, per vero, arrestata al dato puramente letterale della mancata individuazione, nel testo contrattuale, della parte “assicurata”, ignorando la complessiva “trama” delle relazioni intercorse tra le società Maxi Market e CDA, nonchè tra esse e l’assicuratrice HDI, avuto riguardo alla ragione pratica della stipulazione del contratto di assicurazione in argomento.

In questo modo, la sentenza impugnata ha anche disatteso il principio enunciato da questa Corte secondo cui “il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti” (Cass. Sez. 5, sent. 28 giugno 2017, n. 16181, Rv. 644669-01), dovendo, in particolare, privilegiarsi – nell’utilizzazione di tali ulteriori criteri diretti alla “ricerca della reale volontà delle parti – segnatamente “quello funzionale, che attribuisce rilievo alla “ragione pratica” del contratto, in conformità agli interessi che le parti hanno inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale” (Cass. Sez. 3, sent. 22 novembre 2016, n. 23701, Rv. 642983-01; in senso conforme anche Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 2018, n. 17718, Rv. 649662-01, nonchè, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 8 marzo 2019, n. 6882, non massimata). D’altra parte, lo stesso principio “in claris non fit interpretatio”, ritenuto operante – da questa Corte quando “la comune intenzione delle parti risulti in modo certo ed immediato dalla dizione letterale del contratto”, resta, pur sempre, da apprezzare “attraverso una valutazione di merito che consideri il grado di chiarezza della clausola contrattuale mediante l’impiego articolato dei vari canoni ermeneutici”, in quanto essi risultano “legati da un rapporto di implicazione necessario” (Cass. Sez. Lav., sent. 3 giugno 2014, n. 12360, Rv. 631051-01).

8.2.3. Tanto basta, in conclusione, per ritenere integrato il denunciato vizio di violazione delle norme sull’ermeneutica contrattuale, con assorbimento dei restanti profili di censura e degli altri quattro motivi di ricorso (tutti proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e denunzianti violazione, rispettivamente, dell’art. 246 c.p.c., dell’art. 345 c.p.c., degli artt. 2043 e 1226 c.c. e dell’art. 96 c.p.c.), con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione nel merito, nel rispetto dei principi dianzi enunciati.

9. Le spese del presente giudizio saranno definite all’esito del giudizio di rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie, il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, perchè decida nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

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