Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17549 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. II, 28/06/2019, (ud. 18/07/2018, dep. 28/06/2019), n.17549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20601/2014 proposto da:

C.P., M.G., rappresentati e difesi

dall’Avvocato Carlo Marseglia con studio in Foggia via degli

Aviatori, 94;

– ricorrenti –

contro

S.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Santa

Costanza 27, presso lo studio dell’avvocato Elisabetta Marini,

rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Imperato, Ugo Verrillo;

– controricorrente –

e contro

S.M., S.L., S.D.,

S.V., Sa.Ma., R.A., S.L.,

S.A., S.G., questi ultimi due quali eredi di

S.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 625/2014 della Corte d’appello di Bari,

depositata il 02/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/07/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– il giudizio trae origine dalla domanda proposta da C.P. e M.G. nei confronti di S.M., S.A., S.D., S.L., Sa.Ma., S.M., S.V. per far accertare il loro buon diritto a realizzare un bagno più idoneo nella loro unità immobiliare soprastante quella dei convenuti apponendo in corrispondenza del muro condominiale la condotta fognante necessaria;

– in tale giudizio gli attori chiedevano, inoltre, il rimborso di un terzo delle spese sopportate per il rifacimento del tetto e grondaie;

– nel corso del giudizio di primo grado gli attori erano stati autorizzati nell’ambito di ricorso cautelare a collocare provvisoriamente sul muro comune dell’immobile una condotta fognaria esterna, ma con la sentenza n. 1607 del 14 agosto 2009 il Tribunale di Foggia rigettava la domanda dichiarando inefficace il provvedimento d’urgenza emesso in corso di causa;

– il giudice di prime cure rigettava, inoltre, la domanda di rimborso delle spese per il rifacimento del tetto nonchè quelle riconvenzionali di ripristino dello stato dei luoghi per le opere risultate abusive e di risarcimento dei danni, proposte dai convenuti;

– la Corte d’appello di Bari con sentenza 625 del 2/5/2014 rigettava l’appello fondato su sei motivi proposto dagli attori e l’appello incidentale dei convenuti, riformando la sentenza appellata solo con riguardo alle spese di lite che, come richiesto con il sesto motivo, venivano compensate per entrambi i gradi;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da C.P. e M.G. con ricorso notificato il 7/8/2014 ed articolato in tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., cui resiste con controricorso S.A.;

– non hanno svolto attività difensiva S.M., S.L., S.D., S.V., Sa.Ma., Annunziata R., Lina S. nonchè Antonio S. e Graziella S. questi ultimi quali eredi di S.M.;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 99,112 e 183 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6 Cost., art. 132 c.p.c., per avere la corte territoriale – con motivazione apparente, perplessa ed incomprensibile ritenuto mera difesa, e quindi ammissibile benchè svolta per la prima volta con le note autorizzate ex art. 184 c.p.c., del 18/5/2001, l’allegazione da parte dei convenuti della circostanza che la condotta fognante era stata collocata sul muro comune senza il rispetto delle distanze e in modo tale da impedire l’allargamento della porta d’ingresso dell’abitazione (cfr. pag. 10 della sentenza);

– con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 889 e 1102 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., per omessa, apparente e contraddittoria motivazione, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo per avere la Corte, dopo aver ribadito il principio ermeneutico secondo il quale le norme sulle distanze non operano negli edifici condominiali qualora si tratti di impianti considerati essenziali ed indispensabili per l’effettiva abitabilità dell’appartamento, ha poi ritenuto che il manufatto viola la distanza di un metro dal confine, quale conseguenza della mancata prova, da parte degli attori, dell’impossibilità di collocare diversamente la colonna fognante;

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 889 e 1102 c.c., nonchè delle disposizioni del decreto del Ministero della sanità del 5/7/1995 e del Regolamento edilizio del comune di (OMISSIS) oltre ad omessa, apparente e contraddittoria motivazione, omesso esame, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che non sarebbe stata dimostrata la necessità della scelta di realizzare il bagno sul muro opposto rispetto a quello in cui era in precedenza, previa collocazione di una nuova condotta fognante ed avere, invece, ritenuto la scelta frutto di libera determinazione degli attori i quali ben avrebbero potuto continuare ad usare la condotta originaria;

– appare logicamente prioritario l’esame del terzo motivo, di cui va ritenuta la fondatezza;

– infatti, la sentenza impugnata pur avendo invocato il principio di diritto che ritiene la disposizione dell’art. 889 c.c., relativa alle distanze da rispettare per pozzi, cisterne, fossi e tubi, applicabile anche con riguardo agli edifici in condominio, non l’ha adeguatamente applicato nella valutazione delle circostanze concrete, così come indicato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità che impone il contemperamento degli interessi fra norme che regolano i rapporti di vicinato e diritti e facoltà dei condomini (cfr. Cass. 12633/2016; id.12520/2010);

– ne consegue che l’art. 889 c.c., non opera nel caso di impianti da considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale utilizzazione dell’immobile, tale da essere adeguata all’evoluzione delle esigenze generali dei cittadini nel campo abitativo e alle moderne concezioni in tema di igiene (cfr. Cass. 8801/1999);

– in particolare, tale principio è già stato affermato in relazione alla creazione o modifica di un secondo bagno nelle moderne abitazioni di taglio medio, in quanto esigenza tanto diffusa da rivestire il carattere dell’essenzialità e che giustifica la mancata applicazione dell’art. 889 c.c., negli edifici in condominio (così Cass. 13313/2009);

– ciò posto, risulta tempestivamente dedotto dagli appellanti che la delocalizzazione del nuovo bagno, era indispensabile per adeguare il bagno esistente, accessibile solo dalla cucina ed avente estensione di 1 mq, dotato di sola tazza wc, alle norme di igiene dettatte dal decreto del Ministero della sanità del 5/7/1975 e dall’art. C-I-6 commi 1 e 2 del Regolamento edilizio del Comune di (OMISSIS) (secondo il quale deve essere provvisto di vaso, bidet, lavabo e vasca da bagno o doccia, con divieto di accesso dalla cucina anche se con interposto antibagno);

– parimenti risulta che il ctu P. con la relazione a chiarimenti del 28/11/2006, in risposta al quesito se la condotta fecale potesse essere realizzata nel muro senza arrecare eventuali ed ulteriori danni alla statica dell’immobile, si sia pronunciato ammettendo la possibilità di uno scavo nel muro di facciata nel quale allocare la condotta senza pregiudizio della statica e al tempo stesso, in risposta al quesito se la condotta possa essere collocata in altra posizione sul medesimo muro nel rispetto delle distanze legali, affermava (cfr. ricorso pagg. 20,30,34, 40 ove si richiamano le pag. 22-23 della relazione) “la condotta non può essere collocata nè a sinistra della porta del civico n. 12, nè a destra di quella del civico 10 in quanto violerebbe la distanza legale dai fabbricati confinanti;

– da ultimo il ctu concludeva che ” nel caso in cui il giudicante ritenesse indispensabile l’impianto e, quindi, fosse possibile superare, in tema di edifici condominiali, la limitazione della distanza legale con la proprietà S., l’unica possibile collocazione della condotta è sul tratto di muro compreso tra I due civici innanzi citati, ossia in posizione simile a quella attuale”;

– a fronte di dette non contestate considerazioni, appare perciò fondata la censura perchè la corte territoriale non ha adeguatamente verificato la ‘impossibilità di collocare diversamente la colonna fognante (cfr. pag. 10 della sentenza);

– il giudice d’appello ha omesso di accertare se la rigorosa osservanza dell’art. 889 c.c., non sia irragionevole, considerando – alla luce del sopra descritto accertamento di fatto svolto dal ctu – che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sè il contemperamento dei vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi della convivenza tra I condomini (cfr. Cass. 1989/2016);

– al contrario, la corte ha concluso, senza alcun cenno alle suddette risultanze del ctu e senza operare il contemperamento degli interessi, che lo spostamento della condotta era dipeso da una scelta deliberata degli attori e non da esigenze inderogabili (cfr. pag. 11 della sentenza);

– si rende, pertanto, necessario l’accoglimento del motivo e la cassazione della sentenza in relazione ad esso, con l’assorbimento degli altri due motivi (cfr. Cass. 28995/2018);

– va dunque disposto il rinvio alla Corte d’appello di Bari, altra sezione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari, diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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