Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17548 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. II, 28/06/2019, (ud. 18/07/2018, dep. 28/06/2019), n.17548

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5610-2014 proposto da:

D.B.F., elettivamente domiciliato in Roma, Vicolo

Del Mazzarino 14/16, presso lo studio dell’avvocato Paola Desideri

Zanardelli, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2330/2013 del Tribunale di Salerno, depositata

il 17/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/07/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il giudizio trae origine dall’opposizione al precetto proposta dall’odierno intimato, P.V., condomino del Condominio di (OMISSIS), al quale l’odierno ricorrente D.B.F., creditore nei confronti del condominio quale procuratore antistatario delle spese sostenute da D.B.R., aveva chiesto, agendo in via parziaria, la quota parte del debito condominiale rimasto inevaso all’esito del negativo pignoramento mobiliare;

– a sostegno dell’opposizione il P. aveva dedotto di nulla dovere al creditore per effetto della Delib. condominiale 22 novembre 2005 con la quale era stato espressamente esonerato “da qualsiasi spesa ed avere conseguente alla causa promossa da D.B.R.”;

– il Giudice di pace aveva accolto l’opposizione e dichiarato nullo ed inefficace l’atto di precetto con restituzione all’opponente della somma già corrisposta;

– il D.B. proponeva appello principale e il Tribunale di Salerno con la sentenza n. 2330 del 16 settembre 2013 respingeva l’appello principale nonchè quello incidentale proposto dal P. con integrale compensazione delle spese di lite;

– a fondamento della decisione il Tribunale, dopo avere precisato che la titolarità di diritti su cose, impianti e servizi di uso comune fa capo ai singoli condomini, cui sono ascritte le relative obbligazioni e responsabilità, non essendo il condominio titolare di un patrimonio autonomo nè di autonomi diritti od obbligazioni, richiamava la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9148/2008 che ha stabilito il principio di parziarietà in virtù del quale i singoli condomini non sono più soggetti al rischio di veder aggredito il proprio patrimonio dal creditore per l’intero ma limitatamente alla quota risultante dalle carature millesimali di rispettiva proprietà;

– il giudice d’appello aveva inoltre ritenuto decisiva ed assorbente rispetto agli altri profili di impugnazione, la questione sulla legittimità della Delib. adottata assemblea 22 novembre 2005, per non essere stata impugnata nelle forme dell’art. 1137 c.c. e per la terzietà del D.B. rispetto ad essa;

– la Cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso notificato il 28 febbraio 2014 ed articolato in quattro motivi, illustrati anche da memoria;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato P..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 474 cod. proc civ., art. 1132 c.c., comma 2 e dell’art. 112 c.p.c. per non avere il giudice d’appello valutato l’applicabilità del principio a mente del quale il riconosciuto diritto al dissenso, cui consegue il diritto del condomino di rivalersi per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa, presuppone l’obbligo del pagamento nei confronti del creditore vittorioso, tale essendo il legale antistatario della D.B.R., e perciò indifferente alla manifestazione del dissenso nell’ambito del rapporto tra condominio e condomino;

-viene richiamata a sostegno della fondatezza della censura la sentenza della Suprema corte n. 15960 del 2001 e la n. 4238/2013;

-tuttavia, il richiamo non appare in termini rispetto alla ratio decidendi ed il motivo è, anzi, inammissibile;

– il Tribunale ha, infatti, ritenuto assorbente la questione sulla legittimità della delibera condominiale ed in particolare che la delibazione di essa comportava il rigetto delle altre doglianze (cfr. con riguardo alla distinzione fra “assorbimento proprio” e, come nel caso de quo, “assorbimento improprio” Cass. 28663/2013);

– la critica della ricorrente investe la motivazione della sentenza sull’applicabilità dell’art. 1132 c.c., ma oggi il vizio di motivazione non è più denunziabile in Cassazione (v. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) se non nei ristretti limiti della radicale assenza di motivazione (art. 132 c.p.c., n. 4) o del contrasto irriducibile fra affermazioni (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014), ipotesi qui non ricorrenti e neppure dedotte;

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa l’individuazione, nell’ambito della Delib. 22 novembre 2005, dell’esatto procedimento giudiziario cui si riferisce l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite;

– il motivo è inammissibile perchè formula un vizio motivazionale in termini non più ammessi dal testo ratione temporis vigente dell’art. 360, comma 1, n. 5 a decorrere dal 11/9/2012;

– è altresì inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c., n. 6 non essendo nel motivo nè trascritto il contenuto della Delib. nè indicato ove sarebbe possibile reperirla nel fascicolo di merito, limitandosi il ricorrente ad estrapolare, alle pagg. 8 e 9 del ricorso, una frase della stessa senza contestualizzarla o indicare i dati per il suo reperimento nel fascicolo del merito;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1123 c.c. per avere il giudice del gravame ritenuto valida la Delib. che, in realtà, non dà conto del dissenso che giustificava la deroga ai criteri di ripartizione delle spese, di modo che gli stessi risultano modificati in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale con conseguente nullità, rilevabile in qualsiasi momento e da chiunque ne abbia interesse, della delibera in questione.

-il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 perchè, nonostante il richiamo al tenore della Delib. assembleare non indica l’esatto contenuto (nè consente il suo reperimento negli atti di causa) al fine di individuare dove la stessa incorrerebbe nella denunciata invalidità rilevabile da chiunque ed in qualsiasi momento anche dal ricorrente;

– con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. la violazione o falsa applicazione degli artt. 1137 e 1421 c.c. per avere erroneamente ritenuto che l’esonero potesse essere espresso anche in una controversia pendente tra condominio e condomino e non solo in quelle tra condominio e terzi come ritenuto dalla sentenza della Cassazione n. 801 del 1970, con conseguente nullità della Delib. anche da questo punto di vista, rilevabile oltre il termine di quell’art. 1137 c.c.;

– la censura involge la questione della ritenuta applicabilità dell’art. 1132 c.c. alle liti fra condominio e condomino, che però, non era stata introdotta in precedenza e che implica accertamenti di fatto, quali la natura del giudizio originario;

– il ricorrente, però, non precisa di averla proposta in appello e dalla sentenza impugnata (cfr. pagg. 3 e 4) il tema non risulta essere stato dedotto con l’impugnazione con la conseguenza che il ricorrente risulta inadempiente all’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, indicando in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione;

– l’omissione determina secondo il consolidato orientamento del giduice di legittimità l’inammissibilità del motivo (cfr. Cass. 1435/2013; id. 27568/2017; id.14347/2018);

– atteso l’esito di tutti i motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato, nulla va disposto sulle spese di lite;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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