Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17543 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 14/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.14/07/2017),  n. 17543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28842-2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.P.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSIO ARIOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 858/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. GHINOY PAOLA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. che la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da R.P.D. – che aveva lavorato alle dipendenze del Ministero dell’istruzione dell’Università e della ricerca in virtù di una pluralità di contratti a termine in successione, con decorrenza dall’anno scolastico 2002/2003 svolgendo attività di docente di scuola secondaria di secondo grado – e riconosciuto la progressione stipendiale, con condanna del Ministero convenuto al pagamento in suo favore della somma lorda di Euro 1847,54, oltre accessori di legge;

2. che il MIUR ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo un unico motivo con il quale denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 526, della Direttiva 99/70/CE;

3. che R.P.D. ha resistito con controricorso;

4. che il Ministero ha depositato atto di rinuncia al ricorso, che non è stata notificata alle controparti, argomentando che la sopravvenuta sentenza di questa Corte n. 22558 del 2016, risolvendo la questione controversa, esclude la sussistenza di un interesse dell’Amministrazione scolastica ad una pronuncia in ordine alla fondatezza del ricorso per cassazione;

5. che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che, non essendo state rispettate le formalità previste dall’art. 390 c.p.c., (rinuncia notificata alla parte costituta o comunicata agli avvocati della stessa) non può farsi luogo alla dichiarazione di estinzione del processo ai sensi di tale norma, in quanto l’atto di rinunzia ha carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che esso sia notificato alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259), e l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo il secondo comma dell’art. 391 c.p.c., che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

2. che la rinunzia non notificata, sebbene non idonea a determinare l’estinzione del processo, denota comunque il venire meno di ogni interesse alla decisione e comporta pertanto l’inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 2259 del 2013, Cass. n. 11606 del 2011, ss. uu.n. 3876 del 2010, n. 23685 del 2008, n. 3456 del 2007, n. 24514 del 2006, n. 15980 del 2006, n. 22806 del 2004, n. 10573 del 2016);

3. che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

4. che la novità e la complessità della questione trattata in causa, diversamente risolta dalle Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

5. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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