Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17536 del 27/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/07/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 27/07/2010), n.17536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI FIRENZE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DORA 1, presso lo studio dell’avvocato

LORIZIO MARIA ATHENA, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati PERUZZI SERGIO, VISCIOLA CLAUDIO, giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M., + ALTRI OMESSI

tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 45, presso lo

studio dell’avvocato BUCCELLATO FAUSTO, rappresentati e difesi dagli

avvocati RIGHI LUCA, DI PASSIO IACOPO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.F., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1503/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/11/2005 R.G.N. 2410/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/04/2010 dal Consigliere Dott. CURCURUTO Filippo;

udito l’Avvocato LORIZIO MARIA ATHENA;

udito l’Avvocato BUCCELLATO FAUSTO per delega RIGHI LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Firenze, rigettando l’appello, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Firenze aveva riconosciuto il diritto degli attuali intimati, dipendenti del Comune di Firenze, coinvolti sia nella attivita’ di progettazione di lavori od opere pubbliche sia in quella di pianificazione, a percepire dal Comune di Firenze le indennita’ previste dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18 (“legge – quadro in materia di lavori pubblici”) e successive modificazioni, al netto degli oneri di previdenza e assistenza a carico del Comune.

La Corte territoriale ha ritenuto infondata la tesi del Comune secondo la quale, in sostanza, avrebbe dovuto essere posta a carico dei lavoratori anche la quota parte degli oneri previdenziali ed assistenziali che, secondo la regola generale, fissata dalla L. n. 379 del 1955, art. 15 devono gravare sul datore di lavoro.

La Corte ha fatto riferimento alla L. n. 153 del 1969, art. 12 richiamata dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 9 mettendo in evidenza che il citato art. 12, comma 2 esprime il principio secondo cui per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale si considera retribuzione tutto cio’ che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, in dipendenza del rapporto di lavoro mentre nel comma successivo sono espressamente elencati gli clementi esclusi dal calcolo della retribuzione imponibile, fra i quali non rientrano le prestazioni incentivanti quale quella oggetto di controversia.

D’altra parte, le eccezioni al suddetto principio hanno carattere tassativo sicche’ sarebbe stato onere del Comune provare che l’erogazione controversa fossa da comprendere in una delle ipotesi tassative di esclusione.

In definitiva, secondo la Corte territoriale la pretesa del Comune non sarebbe supportata da alcuna previsione legale o contrattuale e contrasterebbe anche palesemente con il principio pubblicistico di ripartizione del carico previdenziale tra le parti del rapporto di lavoro.

Contro questa conclusione, secondo il giudice di merito non vale invocare, come aveva fatto il Comune, la L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 29 secondo il quale i compensi di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 18 si intendono al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi compresa la quota di oneri accessori a carico degli enti stessi, poiche’ tale disposizione non puo’ essere considerata come norma di interpretazione autentica del citato articolo 18 ed e’ pertanto priva di efficacia retroattiva.

Il Comune di Firenze chiede la cassazione di questa sentenza sulla base di sette motivi di ricorso.

Gli intimati resistono con controricorso, sollevando, fra l’altro un’ eccezione di inammissibilita’ del ricorso per difetto di specialita’ della procura apposta a margine dello stesso..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ ammissibile, dal momento che il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validita’ alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicche’ risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimita’ sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facolta’ solitamente rapportabili a giudizio di merito (v. fra le molte, per tutte, Cass. n, 26504/2009).

Con il primo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 16, comma 7, e art. 18, commi 1 e 2.

La sentenza non ha considerato che dalla previsione di una soglia massima entro la quale deve rientrare tutto cio’ che serve a soddisfare la particolare forma di incentivazione in esame si desume che l’emolumento deve essere corrisposto al lordo.

Con il secondo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 153 del 1969, art 12 e successive modifiche.

I riferimenti alla L. n. 153 del 1969, peraltro non piu’ in vigore all’epoca dei fatti, sono irrilevanti perche’ la legge stabilisce quel che deve intendersi per base imponibile ma non indica alcun criterio di riparto dei contributi fra datori di lavoro e lavoratori.

Con il terzo motivo di ricorso e’ denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15, lett. K, del C.C.N.L. 1 aprile 1999 nonche’ dell’art. 26 del C.C.N.L. 23 dicembre 1999 area dirigenza enti locali.

Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza della Corte territoriale, in sede di controversia collettiva vi e’ stata la precisa volonta’ di non ricondurre il fondo L. n. 109 del 1994, ex art. 18 al fondo incentivante del personale.

Con il quarto motivo di ricorso e’ denunciato difetto di motivazione della semenza in ordine all’omessa valutazione dei pareri di autorevoli organi ed autorita’ riguardo all’interpretazione della L. n. 109 del 1994, art. 18.

Con il quinto motivo di ricorso e’ denunziata violazione e/o falsa interpretazione della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 29 (Legge Finanziaria per l’anno 2004).

La sentenza impugnata ha escluso il carattere interpretativo della norma ritenendo erroneamente che l’applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 18 agli enti locali fosse una novita’ introdotta dalla L. n. 350 del 2003 e ritenendo, del pari erroneamente, che l’incremento dell’incentivo fosse avvenuto per la prima volta con la legge anzidetta.

Con il sesto motivo del ricorso e’ denunziata violazione dell’art. 1362 c.c. – mancata applicazione dei principi generali in tema di interpretazione dei contratti – difetto di motivazione.

La sentenza impugnata ha omesso di considerare il comportamento delle parti ai fini dell’interpretazione degli accordi decentrati sulla base dei quali sono stati emessi i regolamenti che hanno disciplinato l’istituzione e la ripartizione del fondo L. n. 109 del 1994, ex art. 18.

Con il settimo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 preleggi. Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 29. Difetto di motivazione.

Contrasto con normativa sopravvenuta ad efficacia retroattiva: L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 207.

La sentenza non ha considerato il carattere chiaramente interpretativo della L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 29. In ogni caso, la questione e’ stata definitivamente risolta con la L. 23 dicembre 2005, n. 166, art. 1, comma 207 il quale, con norma indiscutibilmente di interpretazione autentica, ha stabilito che la L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18, comma 1 deve essere interpretato nel senso che la quota percentuale alla quale esso fa riferimento e’ comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione.

La Corte ritiene meritevole di accoglimento il settimo motivo di ricorso, nella parte in cui viene invocata l’applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 207. Gli altri motivi restano quindi assorbiti.

La L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18, comma 1 (poi abrogata dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 256, comma 1 a decorrere da 1 luglio 2006) nel testo vigente all’epoca dei fatti oggetto della controversia disponeva, per cio’ che rileva,quanto segue: “Art. 18 – (Incentivi e spese per la progettazione) 1. Una somma non superiore all’1,5 per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, a valere direttamente sugli stanziamenti di cui all’art. 16, comma 7, e’ ripartita, per ogni singola opera o lavoro, con le modalita’ ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonche’ tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo dell’1,5 per cento, e’ stabilita dal regolamento in rapporto all’entita’ e alla complessita’ dell’opera da realizzare. La ripartizione tiene conto delle responsabilita’ professionali connesse alle specifiche prestazioni da svolgere”.

La questione controversa e’ se tale disposizione, assegnando ai lavoratori una somma non superiore alla percentuale da essa indicata, contenga l’esborso dell’ente entro i limiti di tale percentuale, consentendo conseguentemente a quest’ultimo di detrarre dalla somma dovuta la quota di contributi previdenziali e assistenziali che dovrebbe fargli carico.

La L. 23 dicembre 2005, n. 266 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2006) all’art. 1. comma 207, ha disposto quanto segue:

“la L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18, comma 1 e successive modificazioni, che prevede la possibilita’ di ripartire una quota percentuale dell’importo posto a base di gara tra il responsabile unico del progetto e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonche’ tra i loro collaboratori, si interpreta nel senso che tale quota percentuale e’ comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione”.

Come risulta chiaro dal confronto fra il testo della norma che si autoqualifica come interpretativa e quello della norma interpretata, la disposizione contenuta nel cit. L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 207 non effettua sul testo precedente alcuna operazione se non quella di precisarne autoritativamente il significato.

In cio’ l’intervento del legislatore si differenzia da quello effettuato con la L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 29 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2004), dove era stato stabilito che “i compensi che gli enti locali, ai sensi della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 18 e successive modificazioni, ripartiscono, a titolo di incentivo alla progettazione, nella misura non superiore al 2 per cento dell’importo a base di gara di un’opera o di un lavoro, si intendono al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi compresa la quota di oneri accessori a carico degli enti stessi”.

Le differenze, come messo in rilievo nella sentenza qui impugnata, sembrano riferirsi all’ambito di applicazione della norma, ristretto agli enti locali, e dunque a prima vista non riguardante tutta l’area delle amministrazioni pubbliche come individuate nella L. n. 109 del 1994, art. 2 nonche’ la misura massima del compenso.

In base a tali rilievi, l’intervento del 2003, pur utilizzando la tipica formulazione delle norme interpretative, si presta a qualche dubbio sulla sua esatta portata, dubbio che tuttavia non ha ragione di essere qui ulteriormente approfondito.

Infatti, proprio dal confronto fra le due normative emerge senz’altro il carattere certamente interpretativo del secondo intervento, dove il legislatore, evidentemente al fine di l’are chiarezza ed escludere incertezze, ha, come gia’ sottolineato, assunto ad oggetto della norma la precedente disposizione nella sua interezza e, senza apportare ad essa alcuna modifica, ha qualificato in maniera incontrovertibile il suo intervento come diretto solo a fissarne l’interpretazione.

Ne’ tale conclusione, contrariamente a quanto affermato nel controricorso, e’ messa in forse dal fatto che il legislatore si trovasse di fronte ad un testo sul quale era intervenuto nel 2003, visto che, secondo l’intenzione, sebbene forse non compiutamente realizzata, tale intervento non mirava a modificare ma solo ad interpretare, mentre il successivo intervento del 2005 ha fatto diretto riferimento al testo della L. n. 109 del 1994, art. 18 e successive modifiche.

D’altra parte il significato assegnato alla disposizione rientra senz’alcun dubbio nell’area di quelli astrattamente possibili, non essendo certamente impedita una interpretazione delle norme riguardanti un compenso incentivante tale da ridurre la portata economica dell’incentivo.

La norma come interpretata ha conseguentemente effetti retroattivi, non essendo tale efficacia preclusa dalla materia sulla quale il legislatore e’ intervenuto, sicche’ non ha fondamento il dubbio di legittimita’ costituzionale sollevato nel controricorso.

Ne’, diversamente da quanto ivi affermato, milita in senso contrario, il successivo comma 223 della stessa L. n. 266 del 2005, art. 1 il quale stabilisce che ” Le disposizioni dei commi 207, 208, da 210 a 215, 219 e 220, costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi”. La norma interpretativa copre infatti anche, ma non solo, le vicende verificatesi anteriormente e in cio’ sta la evidente ragione della disposizione appena cit.. da leggersi in collegamento con il principio di derogabilila’ della legge ad opera del ccnl, stabilito dall’allora vigente D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1.

Il problema dei limiti della retroattivita’ sollevato nel controricorso con riferimento ai compensi gia’ ripartiti ed erogati non trova corrispondenza nella sentenza impugnata, dove si fa riferimento ad una domanda dei dipendenti diretta ad ottenere la condanna del Comune ad erogare tali compensi al netto degli oneri previdenziali. Quindi non vi e’ ragione perche’ la Corte si esprima su punto.

La conclusione e’ che, in base allo jus superveniens, la pretesa fatta valere dagli attuali intimati e’ infondata, sicche’ il ricorso va accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la domanda nei confronti del Comune va rigettata.

Le ragioni dell’accoglimento del ricorso rendono opportuna la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2010

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