Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17533 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. II, 26/07/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 26/07/2010), n.17533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8093-2005 proposto da:

CASSA RISPARMIO PADOVA ROVIGO SPA (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI

LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAVESTRO

MIRELLA;

– ricorrente –

contro

F.LLI PEGORARO DI TIZIANO & ADRIANO PEGORARO SNC (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’avvocato PANARITI BENITO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VANGELISTA VITTORIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 347/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito l’Avvocato ALBINI Carlo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MANZO Luigi, difensore del ricorrente che ha chiesto

accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato VANGELISTA Vittorio, difensore del resistente che ha

chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 20 gennaio 1992 la s.n.c. F.lli Pegoraro citò davanti al Tribunale di Padova la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni, nella misura dell’importo complessivo di cinque assegni, tratti dalla s.n.c. CI.PA Carni sulla Cassa di risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane e girati per l’incasso dall’attrice alla convenuta tra il (OMISSIS): assegni che erano stati inizialmente accreditati, ma poi “stornati”, avendo la banca trattarla segnalato di non averli ricevuti. La Cassa di risparmio di Padova e Rovigo contestò la fondatezza della domanda, da cui chiese comunque di essere manlevata dalla s.p.a. Sicilcassa, chiamandola in causa in garanzia, quale successore della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane. A sua volta la s.p.a. Sicilcassa chiamò in causa la s.n.c. CI.PA Carni, che rimase contumace, come anche il curatore del suo fallimento, nei cui confronti la causa era stata riassunta, dopo l’apertura della procedura concorsuale. In seguito alla sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. Sicilcassa, il processo fu nuovamente dichiarato interrotto e la causa fu riassunta dall’attrice nei confronti, oltre che delle altre parti, anche della s.p.a. Banco di Sicilia, la quale nel costituirsi in giudizio eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, contestando di essere succeduta alla s.p.a.

Sicilcassa.

All’esito dell’istruzione della causa, con sentenza del 26 gennaio 2001 il Tribunale condannò la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo a riaccreditare alla s.n.c. F.lli Pegoraro la somma di L. 92.126.000, oltre agli interessi; dichiarò la carenza di legittimazione passiva della s.p.a. Banco di Sicilia; dichiarò estinto il processo nei rapporti tra la convenuta e la s.p.a. Sicilcassa.

Impugnata dalla Cassa di risparmio di Padova e Rovigo nei confronti, della s.n.c. F.lli Pegoraro, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia, che con sentenza del 26 febbraio 2004 ha rigettato il gravame.

Contro tale sentenza la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. La s.n.c. F.lli Pegoraro si è costituita con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di impugnazione la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo deduce che la dichiarazione di estinzione del processo avrebbe dovuto essere estesa all’intero giudizio, anzichè essere limitata a la causa di garanzia promossa nei confronti della s.p.a. Sicilcassa:

poichè quest’ultima era stata colpita dall’evento interruttivo, è nei confronti del suo effettivo successore universale – la stessa s.p.a. Sicilcassa in liquidazione coatta amministrativa – che avrebbe potuto e dovuto essere effettuata utilmente la riassunzione, la quale invece era stata erroneamente rivolta dalla s.n.c. F’.lli Pegoraro a un soggetto estraneo, come la s.p.a. Banco di Sicilia.

La censura non è fondata.

Sulla scorta di Corte cost. 5 febbraio 1999 n. 18, con cui si era ritenuto che “in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, il processo interrotto può essere legittimamente riassunto o proseguito anche solo parzialmente, con riferimento cioè ad una soltanto delle cause scindibili da cui esso è composto”, la giurisprudenza di legittimità è univocamente orientata nel senso che i processi in cui sono riunite più cause distinte, connesse ma autonome, possono essere efficacemente riassunti o proseguiti, dopo la dichiarazione di interruzione, anche limitatamente ad alcuni soltanto dei rapporti che ne formavano oggetto (v., da ultimo, Cass. 6 settembre 2007 n. 18714, 10 novembre 2008 n. 26888). Su ogni parte, in sostanza, grava quindi l’onere di riattivare il processo, relativamente alle domande per le quali ha interesse a una pronuncia di merito.

A questo orientamento – da cui non vi sono ragioni per discostarsi, stante la sua coerenza con il principio dispositivo che ispira il sistema del processo civile – si è uniformata la Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva dichiarato l’estinzione del processo esclusivamente con riguardo all’azione di garanzia esercitata nei confronti della s.p.a.

Sicilcassa: estinzione che non poteva estendersi ai rapporti riguardanti le altre parti, nei confronti delle quali la riassunzione era regolarmente e tempestivamente avvenuta.

Disatteso il primo motivo di ricorso, non occorre esaminare il secondo, con il quale viene contestata l’esattezza dell’ulteriore concorrente argomento in base al quale la tesi dell’estinzione “totale” del processo è stata respinta dalla Corte d’appello: la tardività della relatrva eccezione, in quanto non formulata dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa.

Con il terzo motivo di ricorso la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo deduce che il giudice di secondo grado ha mancato di rilevare che la s.n.c. F.lli Pegoraro aveva omesso di dare la prova del danno da essa lamentato e del nesso di causalità con l’avvenuto smarrimento degli assegni in questione: prova che avrebbe dovuto consistere nella dimostrazione dell’esistenza della provvista nel termine di presentazione dei titoli, poichè in mancanza la banca trassata avrebbe dovuto provvedere al loro protesto, senza poterli trattenere in sospeso per un tempo indefinito, in attesa che sul conto corrente dell’emittente si creasse eventualmente la disponibilità necessaria per il pagamento.

Neppure questa doglianza può essere accolta.

L’assunto della ricorrente è privo del requisito della pertinenza all’effettiva ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata, con la quale l’inadempimento della Cassa di risparmio di Padova e Rovigo è stato ravvisato nella violazione dell’obbligo di informare senza ritardo la mandante dell’esito negativo dell’incarico, dovuto alla perdita degli assegni: la circostanza fu comunicata alla s.n.c. F.lli Pegoraro soltanto otto mesi dopo, mentre la procedura di ammortamento fu attivata a distanza di altri sei mesi e conclusa dopo quasi due anni, quando ormai l’emittente era entrata nello stato di insolvenza che l’avrebbe condotta al fallimento. Ha ritenuto la Corte d’appello – con valutazione presuntiva insindacabile in questa sede, perchè assistita da piena ragionevolezza – che in tutto questo lasso di tempo la s.n.c. F.lli Pegoraro avrebbe avuto modo di ottenere il pagamento dovutole dalla debitrice, la quale almeno fino a un anno dopo l’emissione degli assegni beneficiava di un’apertura di credito dell’importo di L. 300.000.000. F, quindi ininfluente che i titoli, come la ricorrente ipotizza, potessero eventualmente essere stati privi di copertura, nel periodo di 8 giorni (per quello su piazza) o di 15 giorni (per quelli fuori piazza) in cui avrebbero dovuto essere presentati per l’incasso.

Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 3.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

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