Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17533 del 02/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 02/09/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 02/09/2016), n.17533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15090 – 2010 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ELISABETTA TANZETTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.D. (OMISSIS), T.C. (OMISSIS), M.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ISONZO PALAZZINA

42/A, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI GREGORIO, rappresentati

e difesi dall’avvocato PATRIZIA TORNAMBE’, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 430/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/05/2009 r.g.n. 1525/2007;

udita la relazione nella causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI;

udito l’Avvocato POLICASTRO LUCIA per delega verbale Avvocato

LANZETTA ELISABETTA;

udito l’Avvocato TORNAMBE’ PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 26.5.2009, la Corte d’appello di Milano, in riforma della statuizione di primo grado, dichiarava il diritto di G.D. e altri consorti alla rideterminazione della pensione di anzianità di cui godevano nella misura del 50% dell’importo complessivo loro spettante, condannando l’INPS a corrisponder loro le differenze consequenziali.

La Corte, in particolare, riteneva che la L. n. 662 del 1996, art. 1, nel prevedere, ai commi 185 e 187, la possibilità che i pubblici dipendenti potessero ottenere la pensione di anzianità in regime di cumulo con la retribuzione percepita in virtù della trasformazione del rapporto di lavoro in part – time, ancorasse al 50% l’importo della riduzione massima possibile della pensione spettante.

Avverso questa pronuncia ricorre l’INPS affidandosi ad un unico motivo. G.D. e consorti resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

Con l’unico motivo di ricorso, l’Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 185 e 187, per avere la Corte di merito ritenuto che la riduzione della pensione goduta dagli odierni controricorrenti, operata in conseguenza della loro scelta di permanere in servizio in rapporto di part – time, non potesse comunque superare l’importo del 50%: ad avviso dell’Istituto, infatti, la locuzione “riduzione comunque non superiore al 50%”, contenuta nella L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185, cit., andrebbe riferita alla massima riduzione possibile dell’orario di lavoro, non già alla riduzione della pensione.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità del motivo, sollevata dagli odierni controricorrenti sul rilievo che i presupposti e gli argomenti di fatto posti a base del ricorso per cassazione sarebbero difformi rispetto a quelli fatti valere nei due gradi di merito, dove l’Istituto aveva sostenuto che il D.M. n. 331 del 1997 (recante regolamento per l’attuazione nell’ambito nel pubblico impiego delle disposizioni di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185) non prevedeva alcun limite per la decurtazione della pensione: in disparte il fatto che l’Istituto ha trascritto nel ricorso per cassazione uno stralcio della memoria depositata in grado di appello in cui testualmente si deduce quanto anzidetto circa l’interpretazione da attribuire alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185, (cfr. ricorso per cassazione, pag. 7), è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la deduzione per la prima volta nel giudizio di legittimità di una diversa normativa rispetto a quella invocata nei gradi di merito è comunque ammissibile, salvo che non comporti l’esame di diversi presupposti di fatto per la decisione circa la spettanza del diritto controverso (cfr. da ult. Cass. n. 26906 del 2014); e poichè tanto non è dato rinvenire nella specie, dovendo ugualmente e semplicemente stabilirsi se, in relazione alla normativa applicabile alla fattispecie, che spetta anzitutto al giudice individuare e interpretare, gli odierni controricorrenti, pubblici dipendenti in regime di part – time al 75%, abbiano o meno diritto a conservare la pensione percepita in misura pari al 50%, l’eccezione d’inammissibilità si rivela infondata.

Nel merito, il motivo è fondato.

Va anzitutto convenuto con la Corte di merito nell’affermazione secondo cui il regolamento n. 331/1997, nel dettare per il pubblico impiego le disposizioni per l’attuazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185, non può in alcun modo derogare rispetto alle previsioni di quest’ultimo: nessuna possibilità in tal senso è dato infatti ravvisare nella disposizione autorizzatoria contenuta nel successivo comma 187, limitandosi quest’ultima ad abilitare le norme regolamentari alla “definizione dei criteri e delle modalità applicative di quanto disposto dal comma 185 nei confronti del personale delle amministrazioni pubbliche”, e argomentare diversamente equivarrebbe a sostenere che la disposizione ult. cit. contiene una clausola autorizzatoria in bianco, che la esporrebbe a sospetti d’illegittimità costituzionale (arg. ex Corte cost. nn. 115 del 2011, 32 del 2009, 307 del 2003, 150 del 1982).

Si tratta allora di acclarare che significato debba essere attribuito alla disposizione di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 185, secondo cui, per quanto qui interessa, “Con effetto dalla data del 30 settembre 1996, al fine di incentivare l’assunzione di nuovo personale, ai lavoratori in possesso dei requisiti di età e di contribuzione per l’accesso al pensionamento di anzianità (…) può essere riconosciuto il trattamento di pensione di anzianità e, in deroga al regime di non cumulabilità di cui al comma 189, il passaggio al rapporto di lavoro a tempo parziale in misura non inferiore a 18 ore settimanali. (…) ai lavoratori che si avvalgono della predetta facoltà (…) l’importo della pensione è ridotto in misura inversamente proporzionale alla riduzione dell’orario normale di lavoro, riduzione comunque non superiore al 50 per cento. La somma della pensione e della retribuzione non può in ogni caso superare l’ammontare della retribuzione spettante al lavoratore che, a parità di altre condizioni, presta la sua opera a tempo pieno”. E al riguardo, reputa il Collegio di dover dare continuità all’indirizzo già espresso in subiecta materia da Cass. n. 30662 del 2011, secondo cui il limite della riduzione stabilita nel comma 185 va riferito all’orario del rapporto di lavoro a tempo parziale, che appunto non può essere inferiore al 50% dell’orario normale di lavoro, e non all’importo della pensione da liquidare, onde va affermata la legittimità della riduzione del trattamento di pensione di anzianità in misura inversamente proporzionale alla riduzione dell’orario normale di lavoro prescelta dal lavoratore, pur se ne sia derivato un importo inferiore al 50% di quello complessivamente maturato: contrariamente a quanto sostenuto dai controricorrenti nella memoria ex art. 378 c.p.c., è proprio l’interpretazione letterale del testo a suggerire tale conclusione, dal momento che, nel comma 185, la locuzione “riduzione comunque non superiore al 50 per cento” segue immediatamente quella secondo cui “l’importo della pensione è ridotto in misura inversamente proporzionale alla riduzione dell’orario normale di lavoro” e dunque va grammaticalmente riferita all’espressione più prossima, costituita appunto dalla riduzione dell’orario di lavoro.

Non essendosi la Corte di merito attenuta al superiore principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da G.D., M.M. e T.C.. L’esito contrastante dei due precedenti gradi di merito e la posteriorità al ricorso per cassazione del ricordato pronunciamento di legittimità giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da G.D., M.M. e T.C.. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2016

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