Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17530 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/08/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 23/08/2011), n.17530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8436/2010 proposto da:

D.C.A.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIAVE 52, presso lo studio dell’avvocato

CARCIONE RENATO, rappresentato e difeso dall’avvocato MILITELLO

Michele, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.S. (OMISSIS), P.C.

(OMISSIS), I.R. (OMISSIS), P.

C. (OMISSIS), G.F.

(OMISSIS), M.C. (OMISSIS), D.P.

S. (OMISSIS), M.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo

studio dell’avvocato CERQUETTI ROMANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GERACI Santi, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4589/2009 del TRIBUNALE di PALERMO del

20.8.09, depositata il 24/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Renato Carcione (per delega avv.

Michele Militello) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO

BASILE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, Cons. Dott. Adelaide Amendola, esaminati gli atti, osserva:

1. I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con distinti atti di precetto del 16 e del 19 febbraio 2007 D. C.A.A. intimò a D.P.S., I. R., M.L., P.C., R.S., G.F., M.C. e Pi.Ca. il pagamento della somma di Euro 724,84, a lui asseritamente dovuta in forza di sentenza del Tribunale di Palermo.

Proposero opposizione gli intimati, contestando il diritto del D. C. di minacciare l’esecuzione e lamentando la violazione della tariffa nella quantificazione delle spese di precetto.

2. Riuniti i procedimenti, con sentenza depositata in data 8 gennaio 2008, l’adito Giudice di Pace di Palermo condannò gli opponenti a pagare l’importo richiesto dal creditore; ridusse quello liquidato a titolo di spese; rigettò la richiesta di risarcimento danni per responsabilità processuale aggravata.

3. Proposto gravame dagli intimati, il Tribunale di Palermo, con sentenza del 24 settembre 2009, ha dichiarato nulli gli atti di precetto opposti.

4. D.C.A.A. ha proposto ricorso per cassazione formulando tre motivi e notificando l’atto a D.P.S., I.R., M.L., P.C., R. S., G.F., M.C. e P. C., i quali hanno resistito con controricorso.

5. Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2, e art. 339 cod. proc. civ., comma 3. Sostiene che la sentenza del Giudice di Pace, in quanto pronunciata in controversie di valore non eccedente Euro 1.1000,00, non era impugnabile col mezzo dell’appello.

Col secondo mezzo lamenta violazione dell’art. 616 cod. proc. civ., in relazione alla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14. Deduce che il gravame proposto avverso la sentenza del Giudice di Pace doveva in ogni caso essere dichiarato inammissibile e improcedibile, ai sensi della L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, atteso che, in virtù del comb. disp. della L. n. 69 del 2009, art. 49, comma 2, e art. 58, la reintroduzione del rimedio dell’appello riguardava le sole opposizioni pendenti in primo grado al 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della predetta legge.

Col terzo mezzo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 615 cod. proc. civ., evidenziando che il giudice di merito non poteva accogliere la prospettazione dei fatti avanzata negli atti di opposizione, in contrasto con il contenuto del titolo esecutivo.

6. Il secondo motivo è fondato, restando in tale giudizio assorbito l’esame degli altri mezzi. La sentenza del Giudice di Pace di Palermo avverso la quale venne proposto appello, risulta incontestabilmente depositata l’8 febbraio 2008, e cioè dopo l’entrata in vigore della L. 24 febbraio 2006, n. 52, – che, modificando gli artt. 616 e 619 cod. proc. civ., sancì, a decorrere dal 1 marzo 2006 (confr. art. 22 della medesima fonte), l’inimpugnabilita delle pronunce emesse in sede di opposizione all’esecuzione e di opposizione di terzo e prima dell’emanazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, entrata in vigore il 4 luglio dello stesso anno, il cui art. 49, sopprimendo l’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., ha reintrodotto, in parte qua, il rimedio dell’appello. Ne deriva che essa, per il principio dell’immediata applicabilità delle norme di rito – il quale implica che gli atti processuali sono regolati dalla legge vigente nel momento del loro compimento di talchè, in difetto di esplicite previsioni di segno contrario, la disposizione processuale sopravvenuta regolamenta soltanto gli atti successivi alla sua entrata in vigore, senza incidere su quelli posti in essere anteriormente (confr. Cass. civ. 25 maggio 2009, n. 12060; Cass. Civ. 12 maggio 2000, n. 6099; Cass. civ. 4 novembre 1996, n. 9544; Cass. civ. 1 aprile 1996, n. 2973) – poteva essere impugnata unicamente con ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost..

Del resto siffatto criterio è stato espressamente ribadito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, che, intitolato disposizioni transitorie, ha sancito l’applicabilità dell’art. 616 cod. proc. civ., come modificato dalla presente legge, ai giudizi pendenti in primo grado alla data della sua entrata in vigore, con esclusione, dunque, di quelli che all’epoca risultavano già definiti in prime cure.

7. Palesemente inconsistenti sono poi i dubbi di legittimità costituzionale dell’assetto normativo, come innanzi ricostruito, prospettati dalla difesa dei controricorrenti, con riferimento all’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost.. E’ sufficiente al riguardo ricordare, da un lato, che spetta al legislatore un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute (confr. Corte cost. 20 giugno 2008, n. 221; 26 giugno 2007, n. 237);

dall’altro, che la parificazione del regime della sentenza che definisce l’opposizione all’esecuzione a quella che definisce l’opposizione agli atti esecutivi è scelta non arbitraria, tenuto conto che la garanzia del doppio grado della giurisdizione di merito non ha copertura costituzionale generalizzata, non rientrando nè fra i principi del giusto processo, nè tra le garanzie necessarie del diritto di difesa (confr. Corte cost. 30 novembre 2007, n. 410; Corte cost. 26 ottobre 2007, n. 351)”.

Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale i resistenti non hanno del resto neppure replicato.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello. Condanna i resistenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 800,00 (di cui Euro 600,00 per onorari), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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