Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17529 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7321-2018 proposto da:

BNP PARIBAS SA, quale mandataria con rappresentanza BUSINESS PARTNER

ITALIANA SOCIETA’ CONSORTILE PER AZIONI, di seguito BPI SCPA, in

persona dei procuratori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OSLAVTA 40, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO BEVERE,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA, 18, presso lo

studio dell’avvocato VINCENZO IOFFREDI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 54787/2014 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 24/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La BNP PARIBAS s.a. (d’ora in avanti, più semplicemente Banca) – tramite la mandataria Business Partner Italia Società Consortile per azioni s.p.a. – ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, contro il decreto del Tribunale di Roma del 18/24 gennaio 2018 reiettivo della sua opposizione ex art. 98-99 L. Fall., avverso la mancata ammissione al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. dei propri pretesi crediti, in chirografo ed in via ipotecaria, ivi compiutamente descritti. Resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria ex art. 380-bis c.p.c., la curatela fallimentare.

1.1. Per quanto qui di residuo interesse, quel tribunale, posto che le ragioni creditorie dell’opponente si fondavano su quattro rapporti finanziari dalla stessa intrattenuti con la Emme Emme s.p.a. (anch’essa fallita) e garantiti con fideiussioni rilasciate, in suo favore, della (OMISSIS) s.r.l. in bonis, ritenne, in accoglimento della corrispondente eccezione revocatoria ex artt. 66 L. Fall. e art. 2901 c.c. sollevata dalla curatela, tali fideiussioni inefficaci nei confronti di quest’ultima, attesa la loro ivi valutata natura di atti a titolo gratuito e l’avvenuto riscontro degli altri requisiti di cui all’art. 2901 c.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Si ascrive al tribunale capitolino di aver omesso di esaminare il fatto storico, dedotto in giudizio dalla Banca opponente, concernente l’avvenuta erogazione di nuova finanza e la concessione di una dilazione di pagamento alla debitrice principale (Emme Emme s.p.a.) contestualmente al rilascio della fideiussione oggetto di revocatoria, così da rendere quest’ultima un atto a titolo oneroso ex art. 2901 c.c., comma 2, con conseguente onere per la curatela, rimasto, invece, inosservato, di dimostrare anche la scientia dammi della banca;

II) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Si prospetta l’avvenuta violazione, ad opera del medesimo tribunale, della disciplina in tema di revocatoria ordinaria, per aver ritenuto atto a titolo gratuito la fideiussione concessa in favore della Banca, nonostante si trattasse di atto a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 2, omettendo di accertare la consapevolezza, in capo al terzo Banca, del pregiudizio arrecato ai creditori;

III) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”, per avere il giudice di merito senz’altro respinto la richiesta di insinuazione al passivo dell’odierna ricorrente, limitandosi a dichiarare inefficace la fideiussione rilasciata in suo favore, senza nulla dire, invece, sulla domanda di insinuazione fondata sull’effetto cambiario di Euro 1.030.000,00 emesso da Emme Emme s.p.a. a favore della Banca ed avallato dalla società poi fallita, così omettendo di pronunciarsi su detta domanda, nè motivando in alcun modo l’esclusione del credito portato dalla detta cambiale.

2. I primi due motivi, scrutinabili congiuntamente perchè chiaramente connessi, non meritano accoglimento, rivelandosi il decreto impugnato conforme a diritto, anche se con le precisazioni che seguono.

2.1. Non sussiste, in primo luogo, l’omesso esame dei fatti (erogazione di nuova finanza e concessione di dilazione di pagamento in favore della debitrice principale Emme Emme s.p.a.) denunciato con il primo motivo, posto che alle pag. 9-10 del decreto suddetto si legge, tra l’altro, che “secondo l’opponente, l’assunzione delle obbligazioni fideiussorie sarebbero legate all’interesse mediato della (OMISSIS) s.r.l. al mantenimento della continuità dell’attività di impresa della Emme Emme s.p.a., continuità resa possibile dalla dilazione concessa dalla Banca (a fronte del rilascio della garanzia) al rientro del proprio credito ed alla ulteriore apertura di credito. Secondo la Banca l’interesse sarebbe comprovato dalla circostanza che le due società farebbero parte del medesimo ‘gruppo” e sarebbero funzionali allo stesso progetto industriale. Tali deduzioni non consentono, tuttavia, di ritenere comprovato che la (OMISSIS) abbia conseguito alcun interesse e/ o utilità dal perfezionamento della garanzia di avallo, risultando di contro che gli unici soggetti ad avere conseguito vantaggi sono stati la banca opponente e la società garantita. Peraltro, dagli atti emerge che la Banca bene conosceva entrambe le realtà societarie tanto da finanziarne una e chiedere garanzie all’altra”.

2.2. E’ evidente, dunque, che l’erogazione di nuova finanza e la concessione di dilazione di pagamento, ad opera della Banca, in favore della debitrice principale Emme Emme s.p.a., benchè espressamente valutate dal tribunale romano, sono state considerate circostanze inidonee a far ritenere sussistente un interesse specifico della (OMISSIS) s.r.l. in bonis al rilascio delle fideiussioni de quibus, dovendosi qui solo ricordare che, in tema di fideiussione resa dall’amministratore di società a favore di altra appartenente al medesimo gruppo, l’atto non soddisfa un interesse economico, sia pur mediato ed indiretto ma giuridicamente rilevante, della garante, se, trattandosi di prestazione di garanzia per debiti altrui pur prevista nello statuto sociale, non appare in concreto finalizzato al perseguimento degli scopi sociali o comunque preordinato al soddisfacimento di un interesse economico della fideiubente, senza risolversi in una mera diminuzione della consistenza patrimoniale, mentre la dedotta appartenenza della società ad un gruppo non giustifica l’esercizio di qualsiasi attività estranea all’oggetto sociale solo perchè obiettivamente svolta a favore del gruppo o di altra società del medesimo, occorrendo comunque un nesso tra attività ed oggetto sociale (cfr. Cass. n. 15879 del 2007).

2.3. Nemmeno sussiste, poi, l’avvenuta violazione dell’art. 2901, comma 2, c.c., denunciata con il secondo motivo.

2.3.1. Infatti, è rimasto sostanzialmente accertato dal tribunale che la Emme Emme s.p.a., beneficiaria del finanziamento ottenuto dalla Banca e garantito dalla fideiussione prestata dalla (OMISSIS) s.r.l. in bonis, fosse già debitrice della Banca stessa, tanto da aver ottenuto, contestualmente al finanziamento predetto, la dilazione del proprio debito. Deve, pertanto, trovare applicazione il principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la costituzione di una garanzia successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza dello stato soggettivo del terzo, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento del debito, da ritenersi inerente non alla causa dell’accordo di garanzia, ma ad un motivo di esso (fr. Cass. n. 28802 del 2018; Cass. n. 9987 del 2014).

2.4. In ogni caso, anche qualora si volesse considerare il rilascio della fideiussione suddetta come contestuale al menzionato finanziamento (e quindi coevo all’erogazione di nuova finanza), prescindendosi dalla pur avvenuta concessa dilazione del preesistente debito della (OMISSIS) s.r.l. verso la Banca, la decisione negativa del tribunale capitolino sarebbe comunque conforme a diritto, sebbene dovendosene integrare/correggere la motivazione.

2.4.1. Invero, seguendosi l’appena riportata impostazione, ne deriverebbe che: i) al caso di specie si sarebbe dovuta ricollegare, per effetto del rinvio operato dall’art. 66 L. Fall., alle norme del codice civile, la specifica previsione di cui all’art. 2901 c.c. cit., comma 2, a tenore del quale “agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito”; il) ciò avrebbe comportato la necessità, per il tribunale, di verificare anche la consapevolezza, da parte del terzo (Banca), del pregiudizio arrecato dall’atto del debitore ((OMISSIS) s.r.l. in bonis); iii) un tale accertamento, di natura evidentemente fattuale, può considerarsi comunque effettuato da quel tribunale, laddove, dopo aver escluso la sussistenza di uno specifico interesse della (OMISSIS) s.r.l. al rilascio della garanzia (gli unici soggetti avvantaggiati sono stati la Banca e la società garantita), ha chiaramente affermato che “peraltro, dagli atti emerge che la Banca bene conosceva entrambe le realtà societarie tanto da finanziarne una e chiedere garanzie all’altra”.

3. Il terzo motivo è, infine, inammissibile.

3.1. Giova premettere che il decreto impugnato ha riportato (cfr. amplius, pag. 1-3) le conclusioni formulate dalla odierna ricorrente nel proprio atto di opposizione ex art. 98-99 L. Fall., e, in parte qua, non si rinviene alcuna domanda di ammissione al passivo recante come specifica causa petendi la garanzia per avallo apposta sull’effetto cambiario oggi invocato (si veda, anche, pag. 7 del medesimo decreto, laddove si descrivono le due fideiussioni prestate dalla (OMISSIS) s.r.l.).

3.2. Tanto p(OMISSIS)esso, questa Corte ha ripetutamente affermato che, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronuncia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi (cfr. Cass. n. 15367 del 2014). Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell’art. 112 c.p.c. cit., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento, da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (cfr., ex aliis, Cass., SU. n. 20181 del 2019; Cass. n. 2771 del 2017; Cass. n. 21226 del 2010; Cass. n. 6361 del 2007; Cass. n. 978 del 2007).

3.3. Nella specie, come si è già anticipato, la domanda di cui al motivo in esame non risulta in alcun modo riportata nel decreto impugnato, nè, in verità, risulta dalle conclusioni dell’atto di opposizione ex art. 98-99 L. Fall., come ivi riprodotte. La ricorrente, dal canto suo, nell’affermare di aver proposto innanzi al tribunale capitolino anche detta domanda, non ha indicato, in violazione del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione, in quali specifici termini la stessa era stata concretamente formulata, limitandosi ad affermare genericamente di aver chiesto “l’insinuazione al passivo del fallimento sia invocando le fideiussioni rilasciate dalla (OMISSIS) sia – in aggiunta ad esse – l’avallo apposto sull’effetto cambiario tratto dalla debitrice principale” ed a descrivere i presupposti fattuali di quest’ultimo. Non risultano, dunque, adeguatamente osservati i puntuali oneri di allegazione, precedentemente descritti, con conseguente inammissibilità della censura in esame.

4. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del(la) ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro, 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro, 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

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