Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17529 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 14/07/2017, (ud. 22/03/2017, dep.14/07/2017),  n. 17529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22068-2013 proposto da:

G.G. C. F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio degli avvocati LIVIO

BUSSA, ANDREA BUSSA, che lo rappresentano e difendono unitamente

all’avvocato MIRELLA CAFFARATTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

TRENITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS),

presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA CARINO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PAOLO TOSI, ANDREA UBERTI, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 679/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/06/2013 R.G.N. 1136/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2017 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato LIVIO BUSSA;

udito l’Avvocato FRANCESCA BONFRATE per delega verbale Avvocato PAOLO

TOSI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Torino G.G. conveniva in giudizio Trenitalia s.p.a., alle cui dipendenze aveva prestato attività lavorativa con anzianità di servizio dal 1973, chiedendo l’accertamento della illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli con lettera del 10.4.2009, e la condanna della società alla restituzione delle retribuzioni percepite nel corso della sospensione cautelare (maggio 2007 – aprile 2009), disposta ex art. 60 CCNL con decorrenza 22.5.2007, avendo la società compensato gli importi erogati con quanto maturato a titolo di competenze di fine rapporto. Si costituiva la società, contestando la fondatezza delle domande e rilevando di aver eseguito una compensazione atecnica delle partite di dare ed avere tra le parti, evidenziando il debito del G. per retribuzioni percepite durante il periodo di sospensione cautelare, ma non dovute a seguito del licenziamento, per cui proponeva domanda riconvenzionale.

Il Tribunale respingeva il ricorso ed accoglieva la riconvenzionale, condannando il lavoratore al pagamento di Euro 20.074,57, oltre accessori di legge.

Avverso tale sentenza proponeva appello il G.; resisteva la società.

Con sentenza depositata il 13 giugno 2013, la Corte d’appello di Torino, in parziale accoglimento del gravame, riduceva la somma dovuta in restituzione dal G. ad Euro 16.726,55.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il G., affidato a quattro motivi.

Resiste TRENITALIA s.p.a. con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad unico motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, articolato in cinque censure, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del C.C.N.L. art. 60, attività ferroviarie del 15.4.2003.

Lamenta innanzitutto che la corte sabauda fece conseguire il diritto di Trenitalia a ripetere quanto versato al lavoratore durante la sospensione cautelare da una erronea interpretazione del citato art. 60 del C.C.N.L., che tale ripetizione in alcun modo prevedeva oltre il periodo di sessanta giorni stabilito per la sospensione cautelare. Si duole il ricorrente inoltre che la sentenza impugnata congiunse erroneamente il periodo (di 60 giorni) di sospensione cautelare con tutto il periodo successivo, sino al licenziamento, ciò ricavando “da altre norme del c.c.n.l.”. Ribadisce il principio di irripetibilità delle retribuzioni ricevute durante tutto il periodo di sospensione cautelare.

Il motivo, oltre a risultare in larga parte improcedibile per violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non essendo stato prodotto il c.c.n.l., è infondato. L’art. 60 del c.c.n.l., come riportato dal ricorrente, prevede che la sospensione cautelare dà diritto al lavoratore ad un periodo massimo di retribuzione per 60 giorni, e che, ove all’esito del procedimento disciplinare, venga irrogato il licenziamento, esso avrà effetto dal momento della disposta sospensione, venendo meno il diritto alla retribuzione per tutta la durata della sospensione cautelare.

La censura, coinvolge inoltre l’attività interpretativa del giudice di merito, e dunque un giudizio di fatto non sindacabile nel regime di cui al novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.2. – Sotto un secondo profilo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1364,1366 e 1371 c.c..

Lamenta che la sentenza impugnata errò nell’interpretare, alla luce dei canoni ermeneutici richiamati, il predetto art. 60 del c.c.n.l., interpretazione che avrebbe dovuto invece portare ad escludere la restituzione di quanto percepito durante il periodo (circa due anni) di sospensione cautelare.

La censura non può trovare accoglimento per le stesse ragioni esposte sub 1.1.

1.3 – Sotto un terzo profilo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1206 e 1207 c.c.. Lamenta che la sentenza impugnata non considerò che egli, durante la sospensione cautelare, inviò alla società lettera del 23.7.07 con cui si dichiarava “disponibile a riprendere servizio in ogni momento, a richiesta della medesima”, e dunque a costituire in mora il creditore delle prestazioni lavorative, con la conseguente illegittimità della ripetizione delle somme percepite durante la sospensione cautelare.

La censura è da un lato improcedibile per non avere il ricorrente prodotto la detta missiva, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, d’altro canto non considera che, incontestata la sospensione cautelare, nessuna offerta della prestazione lavorativa, durante la stessa, poteva ritenersi produttiva di effetti.

1.4 – Sotto un quarto profilo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. Lamenta che la corte di merito non ammise la prova testimoniale richiesta (circa l’assicurazione dei funzionari Trenitalia in ordine al mantenimento del posto di lavoro).

La censura è inammissibile riguardando un apprezzamento di fatto, circa la rilevanza della circostanza in tesi oggetto di richiesta di prova, ed in sostanza un vizio motivo, nel vigore del novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1.

A ciò aggiungasi che la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare – elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto – non alleghi e indichi la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire “ex actis” alla Corte di Cassazione di verificare la veridicità dell’asserzione (Cass. sez. un. 22 dicembre 2011 n. 28336, Cass. 23 aprile 2010 n. 9748).

1.5 – Sotto un quinto profilo il lavoratore denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. Lamenta che la corte sabauda dispose d’ufficio la testimonianza N., teste non indicato dalle parti, (in ordine ai calcoli di dare – avere prodotti da Trenitalia), violando il principio dell’indispensabilità della prova nuova in appello, sostituendosi peraltro alla parte (Trenitalia) negli oneri su di essa gravanti.

Anche tale censura risulta inammissibile riguardando un apprezzamento (discrezionale, cfr. ex aliis Cass. 12.3.2009 n. 6188) del giudice di merito circa la necessità della prova, peraltro diretta ad una più chiara quantificazione del dovuto in base alle allegazioni e prove già presenti in giudizio, e dunque diretta, correttamente, ad integrare un quadro probatorio tempestivamente delineato dalle parti (cfr., e pluribus, Cass. 11 marzo 2011 n. 5878).

2. – Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall’offerta, contenuta nella lettera 23.7.07, della prestazione lavorativa da parte del G..

Il motivo è per un verso improcedibile, non avendo il ricorrente prodotto la suddetta lettera, per altro verso infondato per le considerazioni svolte sub 1.3.

3. – Con il terzo motivo lamenta l’illegittimità dell’escussione della teste N., così come già esposto sub 1.5. e di cui si è sopra detto.

4. – Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal fatto che il G. sarebbe stato a conoscenza dell’insussistenza del diritto al pagamento delle retribuzioni per il periodo di sospensione cautelare, circostanza a suo avviso difettante di motivazione, nonostante il lavoratore avesse chiesto di provare l’assicurazione ricevuta da funzionari Trenitalia circa il mantenimento della retribuzione (e contribuzione) percepita durante tutta la sospensione cautelare.

Il motivo, privo di decisività (anche per la genericità della circostanza della dedotta “assicurazione ricevuta da funzionari Trenitalia circa il mantenimento della retribuzione”), è comunque inammissibile in base al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, che introduce nell’ordinamento un nuovo e diverso vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881).

Nella specie, a fronte delle considerazioni in precedenza svolte circa la ripetibilità delle retribuzioni corrisposte al G. nel periodo di sospensione cautelare, le rassicurazioni in tesi ricevute da “funzionari” della società circa il mantenimento della retribuzione (contenenti peraltro un giudizio e non un fatto), non hanno alcun valore decisivo.

5. – Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato.

6. – Col ricorso incidentale la società denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 2033 c.c., ed in sostanza una erronea valutazione di risultanze documentali.

Lamenta che la Corte di merito ridusse la condanna del lavoratore alla restituzione di Euro 24.074,57 ad Euro 16.726,55, in contrasto con le risultanze della busta paga del maggio 2009, ed in sostanza operando una differenza tra gli importi lordi a debito del lavoratore e quelli netti percepiti.

Il ricorso incidentale presenta un profilo di inammissibilità per non essere stata prodotta (o riprodotta nel controricorso) la busta paga in questione, in contrasto col principio di autosufficienza e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. In ogni caso deve rimarcarsi che nel rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro versa al lavoratore la retribuzione al netto delle ritenute fiscali e, quando corrisponde per errore una retribuzione maggiore del dovuto, opera ritenute fiscali erronee per eccesso. Ne consegue che, in tale evenienza, il datore di lavoro, salvi i rapporti col fisco, può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (Cass. sez.lav. 2.2.2012 n. 1464).

7. – In conclusione entrambi i ricorsi debbono essere rigettati, con conseguente compensazione delle spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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